lunedì 1 agosto 2011

le voci di marrakech


E' estate, perché non leggere un diario di viaggio?, ho pensato. Siccome almeno dal punto di vista delle scelte letterarie sono una che si tratta bene, non ho preso un diario di viaggio qualunque, ma ne ho scelto uno d'eccezione.
Elias Canetti ha trascorso un breve periodo della propria vita in Marocco, e dato che la scrittura di "Massa e potere" era in fase di stallo, ha pensato bene di rilassarsi buttando giù qualche impressione su Marrakech. Essendo Elias Canetti però, ne è uscito un libriccino che per tanti, tantissimi scrittori sarebbe il libro della vita.
Primo, partendo dagli aspetti più evidenti, per il linguaggio, che non è solo ineccepibile. E' perfetto e personale, è scorrevole e ricercato, è preciso e d'effetto. Come il linguaggio della maggior parte dei grandi, è inconfondibile. Come quando leggi Calvino o Pirandello o la Allende, o vedi una scultura di Donatello o di Moore o di Manzù, un dipinto di Van Gogh o di Caravaggio o di Tiziano. Anche se non sai ufficialmente che l'autore è quello, non puoi sbagliare.
Secondo, per andare ad un livello appena più profondo, perché mentre lo leggi non solo capisci com'è il luogo di cui sta parlando, ma in più ne senti l'atmosfera, le vibrazioni, il segreto o almeno una sua parte. E già solo per questo vale la pena, perché è "solo" un diario di viaggio ma ti fa pensare, oltre che sognare di partire anche tu.
Terzo, perché Canetti descrive le cose in modo molto chiaro e non prolisso, ma il bello, il lato speciale delle sue descrizioni, è che tutto, ogni angolo persona aneddoto panorama di cui lui parla, acquistano una sfumatura poeticamente, inequivocabilmente, assolutamente...personale.
Non personale come certi modi di scrivere intimistici, per i quali tutto è raccontato attraverso i sentimenti dell'autore, i suoi stati d'animo. O forse il modo è proprio quello, ma i sentimenti e gli stati d'animo di Canetti sono di un livello superiore alla media. Comunque l'impressione non è di stare leggendo un diario. Canetti non interpreta quello che vede. Canetti DIVENTA quello che vede. Si identifica nei personaggi che incontra. Vive nelle loro vite. Li accetta così incondizionatamente per come sono da non formulare alcun giudizio su nessuno di loro, quanto piuttosto da sentirsi impersonificato in ognuno. Tutti sono talmente speciali che costituiscono un tassello assolutamente imprescindibile della sua vita. Tutti sono vivi, esattamente come lo è lui (esattamente come lo sei tu, lo sono io, lo siamo tutti), e questo da solo li rende importanti, belli, da ricoprire di amore.
E' questa la fratellanza? Per me, sì.

5 commenti:

  1. Complimenti, un altro bel post! Ti fa perdonare la mancanza di una foto ;-)

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  2. grazie per i complimenti, ma è il libro che merita non il post! :)

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  3. Ho visto che hai cambiato foto del profilo! Chi è quest'altra donna dal viso interessante?
    (profondità e scazzatura coesistono dando tristezza al volto ma anche bellezza vera)

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  4. sempre kate... :)
    le mail sono arrivate, grazie..devo riflettere, ho due progetti impiantati..uno è una versione moderna e con più protagoniste di madame bovary..non so dove mi porterà..
    l'altro è meno chiaro dal punto di vista della scrittura ma molto di più da quello della storia..vedremo..però io non sono veloce a scrivere come te..rileggo e riscrivo molto, non sono mai contenta e soprattutto è raro che mi piaccia quello che scrivo..ho in mente almeno tre storie imbastite e cancellate dalla faccia della terra, negli anni..chi vivrà vedrà dai!:)
    ps scrivo da un computer altrui quindi sono anonima, ma son sempre io!
    M

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  5. Anche x me altro PC senza utenza:
    Tanti auguri.. per il compleanno di oggi e per il tuo futuro da scrittrice! Ingenuo come sono non avevo riflettutto che sicuramente avevi progetti tuoi... Sorry per l'esuberanza (in questo periodo a volte non ragiono).

    Ti confido un "secreto": anch'io mi sono sempre fatto una montagna di paranoie su quello che scrivo.. Riscrivevo una prima pagina venti volte e ancora non ero soddisfatto... Oltre tutto non facevo leggere praticamente a nessuno neppure le poche cose prodotte.
    Anche per questo a quarant'anni ero fermo al palo...
    Con Galleggiando ho deciso di rompere con la gabbia mentale e gettarmi d'istinto senza giudicare e senza temere di esserlo (blog!): quando rileggo la bozza del romanzo G., trovo imbarazzante lo stile e l'ingenuità di certi paragrafi; c'è tanto lavoro da fare per tentare di renderlo davvero leggibile.
    Però l'ho scritto in venti giorni pur lavorando...
    Per me è questa la strada giusta; c'è un'analogia con scrivi anche tu a proposito dell'"intuito" in amore: non avendolo meglio gettarsi a costo di farsi male. Magari però si scopre una cosa bellissima...

    Ciao e ancora auguri,
    Luca

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