martedì 27 maggio 2014

Colei che decide, Colei che rende tutto possibile

Se davvero la Tredicesima Fata fosse Madre Natura.. perché l’Anima-Rosaspina è figlia di un altro padre e di un'altra madre? Se seguiamo tutte le tradizioni mitologiche, il Re e la Regina che generano l’Anima sono Madre Terra e Padre Cielo.. quindi la Tredicesima Fata probabilmente è qualcun altro.. l’Immanenza? La Mortalità stessa, che arriva ad annunciare la propria presenza e la propria ineluttabilità?
Se Madre Terra e Padre Cielo, Regina e Re, sono immortali, la Tredicesima Fata annuncia che la creatura da loro generata immortale non è. Ma anche questo, può essere vero? Se tutto rinasce, in nuovi tempi e con nuove forme, l’Anima che è l’essenza del ciclo Vita – Morte – Rinascita.. è per forza immortale.
Ma quando si incarna e reincarna, quando scende sulla terra, essa diventa mortale (cadrà a terra morta). La tredicesima Fata avvisa quindi che quando l’Anima deciderà di andare nel mondo, dovrà accettare (o subire) la propria mortalità. Se deciderà di rimanere legata alle cose terrene, di non ricongiungersi con il divino, allora rimarrà morta. La sua ricongiunzione con il divino sarà la chiave per tramutare la Morte in Sonno e quindi poi Rinascere. Il Paredro che arriverà a baciare Rosaspina porterà con se’ lo Spirito, il quale congiunto all’Anima creerà quell’Unione Sacra che E’ il divino..


Un annuncio ed anche un monito quindi.. quando Rosaspina arriverà alla torre più alta del castello, che tradotto significa che arriverà alla testa dato che il castello rappresenta il corpo.. quando lei ci arriverà, ed entrerà nella mente per poterla usare da sola, con il proprio arbitrio, allora si pungerà. Perché la libertà dell’arbitrio si paga con la morte dell’Anima divina. Quando siamo uniti al divino non abbiamo arbitrio, dato che il divino comprende tutto.. ogni scelta, ogni possibilità.. non possiamo che essere perfezione, in quanto il Divino è perfetto.
Quando abbiamo possibilità di scelta significa che siamo immersi in qualcosa di imperfetto, cioè nel mondo terreno. Ma- ci avvisa la Fata- se decideremo di restare sempre e solo nel pensiero terreno, pur acquisendo la Libertà di scelta perderemo la Libertà assoluta, quella che fa sì che quando si guarda l’Anima profonda “non si può fare a meno di volerle bene”. La Libertà di non dover scegliere, perché siamo già perfetti nel Divino, è necessariamente perduta da Rosaspina quando lei sceglie di stare nel Mondo, ma non dovrebbe essere il punto di arrivo. Il punto di arrivo dovrebbe essere il Risveglio.
Tutto questo, è in un certo modo la Fata stessa a renderlo reale. Continuo a pensare che non sia solo una che annuncia qualcosa. E’ la tredicesima fata a decidere che il libero arbitrio si paga con la morte al divino. Questa forse, come mi suggerisce Lu, è una lettura diversa e forse semplicistica della Cacciata dall’Eden. Ma non assume il tono di una punizione, qui. Anche se i partecipanti alla festa si spaventano e disperano, in realtà la Tredicesima Fata non dice, al contrario di come fa Javeh nella Bibbia, “siccome mi avete disobbedito pagherete con la mortalità”. Qui non ci sono punizioni. Leggendo la fiaba, non si legge che la Fata volesse punire coloro che non la avevano invitata alla festa. Lei arriva, dice quello che ha da dire, e se ne va. Dice che quando l’Anima sceglierà il solo tipo di libertà che la vita terrena ci concede, morirà al divino. E dice che, se l’Anima sceglierà di rimanere in quel tipo di libertà terrena, si dimenticherà di essere Divina e allora la sua Morte sarà definitiva. L’arrivo del Paredro non è da leggere come “un aiuto esterno” secondo me.. bensì come uno strumento interno a noi stesse che ci permetterà di Ricordare.. di ricordare che veniamo da un altro posto, che siamo altro oltre che Umani liberamente pensanti.. che possiamo tornare dai nostri Genitori Divini e anche tornare nel mondo.. ma per farlo, per fare avanti e indietro, dobbiamo essere integrate altrimenti lasceremmo in giro qualche pezzo.. e questo non si può fare. Che tu voglia stare nel paradiso dei tuoi Genitori oppure nel mondo, devi andarci con tutta te stessa. Anima e Spirito. . L’arrivo del Paredro e la sua unione con l’Anima permettono una Iniziazione. Tale Iniziazione ci fa tornare consapevoli di chi siamo. A questo punto, parafrasando la mitologia avaloniana, saremo in grado di chiamare la Barca e di muoverci, Integrate, fra i due Mondi..

giovedì 22 maggio 2014

chi sei, o Fata?

Questa “strega” è forse più controversa delle altre.. ma è incredibile.
La tredicesima fata piomba nel bel mezzo di una festa alla quale non era stata invitata, dice tre parole e se ne va. Il suo ruolo nell’intero racconto occupa forse cinque righe. Ma cambia TUTTO. Tutta la prospettiva dalla quale i personaggi vivranno e guarderanno la vita.
Questa fata non era prevista. Il Re e la Regina avevano dodici piatti d’oro, avevano gli strumenti per accogliere e gestire dodici creature magiche.. tutte ma non Lei. Perché? Perché sono vecchi, appartengono ad un Altro Mondo, ad un’ Altra Dimensione. Quindi si comportano da vecchi, e da abitanti di un mondo che è ormai distante. Se non sanno come comportarsi con questa Fata, mi viene da pensare che Lei rappresenti qualcosa di Nuovo, improvviso, decisamente difficile da gestire. Vista la notizia che porta, direi anche spaventoso come lo sono molti cambiamenti.
Diversamente che nella maggior parte delle altre fiabe, qui non ci sono descrizioni di questo personaggio. Non sappiamo se è bella, vecchia, grassa, che abiti porti, se ci vede poco. Non sappiamo quali poteri ha e di quali elementi è signora. Intuiamo che è potente, che è potente il messaggio che porta, dato che l’ultima fata non può annullare il suo “maleficio”.


Quello che mi colpisce particolarmente è questa sua repentinità. Entra ed esce di scena in pochi minuti. Non si presenta, e questo mi fa pensare a due possibilità: o non serve che qualcuno sappia chi è, perché Lei è “solo” una Messaggera, oppure non serve che Lei si presenti perché tutti sanno già chi è. Ma se tutti sanno chi è, perché il Re e la Regina non erano preparati ad accoglierla? D’altra parte, perché per portare semplicemente un messaggio (per quanto importante) si scomoderebbe addirittura una fata?
Lei non è caratterizzata: perché? Perché, di nuovo, non è importante il soggetto bensì il messaggio, oppure perché Lei è talmente potente e nuova e sconvolgente da risultare indescrivibile?
Il suo annuncio porta scompiglio e terrore a corte, perché predice l’avvento di qualcosa che fino a quel momento non c’era: la Morte. La Caduta. La predizione è fatta senza rancore, senza cattiveria, ma anche senza appello: Rosaspina cadrà. A terra. Morta.
L’Anima, perché ormai abbiamo capito che la Bambina nelle fiabe è sempre l’Anima, cadrà a terra. Il che ci fa pensare che il regno di suo padre e sua madre è una sorta di “regno dei cieli” pagano. La sua caduta sulla Terra, il suo diventare Umanità, comporterà il suo diventare Mortale. E, come sempre, la Morte è terrificante.
Ma, come sempre, la Morte significa anche la Vita, almeno la Vita come noi la concepiamo, come la Natura la prevede e permette. Che la tredicesima fata sia Madre Natura, che irrompe sulla scena, nel regno di Padre Cielo, e annunci in tutta semplicità “Io sono qui, è giunto il mio Tempo” ?

domenica 18 maggio 2014

tremate tremate 4: la Tredicesima Fata

Tanto tempo fa c'erano un re e una regina e ogni giorno dicevano: "Ah se avessimo un bimbo", ma bambini non ne arrivavano.
Allora accadde che, mentre la regina faceva il bagno, dall'acqua saltò fuori un ranocchio, si avvicinò a riva e così parlò alla regina: "Il tuo desiderio sta per essere esaudito: in capo ad un anno partorirai una bambina".
Quello che il ranocchietto aveva detto si avverò e la regina partorì una bimba talmente bella che il re non sapeva più contenere la sua gioia e ordinò che venisse allestita una grandissima festa. E non invitò solo i parenti, gli amici e i conoscenti, ma anche le fate, perché fossero propizie e benevole con la piccola nata.
A quel tempo di fate nel regno ce n'erano tredici, ma poiché il re aveva solo dodici piatti d'oro per servir loro il pranzo, dovette rinunciare ad invitarne una.
La festa fu allestita con ogni sfarzo e quando finì, le fate donarono alla bimba i loro meravigliosi doni: l'una la virtù, l'altra la bellezza, la terza la ricchezza e via dicendo, insomma tutto quello che al mondo si può desiderare. Quando l'undicesima fata fece il suo dono, improvvisamente entrò la tredicesima che voleva vendicarsi per non essere stata invitata e, senza guardar in faccia o salutare nessuno, gridò con voce stentorea: "La figlia del re a quindici anni si pungerà con un fuso e cadrà a terra morta". E senza più pronunciar parola, si girò e abbandonò la sala.
Allora si fece avanti la dodicesima fata che non aveva ancora formmulato il suo dono, ma poiché non poteva annullare il malvagio augurio, ma solo alleviarlo, così disse: "Non ci sarà morte, ma un sonno che durerà cent'anni."
Il re, che voleva salvare sua figlia da quella disgrazia, bandì i fusi da tutto il suo regno.
Sulla fanciulla si adempirono i voti delle fate, infatti era bella, virtuosa, gentile e intelligente tanto che chiunque la vedeva non poteva non amarla.
Ora accadde che proprio il giorno in cui compiva quindici anni, il re e la regina non c'erano e la fanciulla rimase sola nel castello. Allora se ne andò in giro in ogni luogo, visitò stanze e dispense fino a che giunse in una vecchia torre. Salì una stretta scala a chiocciola che la condusse a una porticina. Nella toppa c'era una chiave arrugginita e, quando la girò, la porticina si spalancò. Li' in una piccola stanzetta se ne stava una vecchia donna con un fuso in mano e filava attenta il suo lino.
"Buongiorno, nonnina", disse la figlia del re, "cosa stai facendo?"
"Filo", disse la vecchia rispondendo con un cenno del capo.
"Che cos'hai in mano che gira così allegramente?", chiese la fanciulla e prese il furo perché anche lei voleva filare. Non appena ebbe sfiorato il fuso l'incantesimo si compì e lei si punse un dito. Come sentì la puntura cadde su un letto che si trovava in quella stanza e sprofondò in un sonno profondo.


Quello stesso sonno si diffuse in tutto il castello, il re e la regina che erano appena rientrati quando raggiunsero la sala del trono caddero a terra addormentati, e con loro tutta la corte. E s'addormentarono i cavalli nella stalla, i cani nel cortile, le colombe sul tetto, le mosche sulle pareti, persino il fuoco che crepitava nel focolare si zittì e s'addormentò e l'arrosto smise di sfrigolare e il cuoco, che aveva afferrato lo sguattero e gli voleva dare una sberla perché ne aveva combinata una delle sue, lo lasciò andare e si addormentò.
Il vento si addormentò e sugli alberi accanto al castello fu solo silenzio.
Attorno al castello crebbe un roveto che diventava ogni giorno più fitto e alto e che alla fine circondò il castello e lo ricoprì tutto, tanto da farlo sparire alla vista di tutti. Non si vedeva più nemmeno la bandiera sulla torre più alta.
Nel paese si sparse la leggenda di Rosaspina, come veniva chiamata la bella principessa addormentata, e di tanto in tanto veniva qualche figlio di re che voleva penetrare nel roveto. Ma nessuno di loro riusciva a penetrarvi perché le spine li trattenevano come fossero mani adunche ed essi si impigliavano in quelle spine e lì morivano miseramente.
Dopo molti e molti anni giunse nel paese un principe al quale capitò di udire un vecchio raccontare del roveto. Lì dietro doveva esserci un castello e nel castello una principessa meravigliosa, il cui nome era Rosaspina, dormiva un sonno di cento anni e con lei giacevano addormentati il re e la regina e tutta la corte. Già suo nonno gli aveva narrato che molti figli di re erano venuti e avevano tentato di spingersi attraverso il roveto, ma che lì erano rimasti impigliati ed erano morti di una ben triste morte.
Allora il giovane re disse: "Non ho paura, attraverserò i rovi e vedrò la bella Rosaspina".
Il vecchio cercò in ogni modo di dissuaderlo, ma il principe non volle ascoltarlo.
Ora erano proprio passati i cent'anni ed era arrivato il giorno in cui Rosaspina doveva svegliarsi.
Non appena il principe s'avvicinò al roveto, non gli apparvero che fiori meravigliosi che si scostavano spontaneamente al suo passaggio e lo lasciavano penetrare senza ferirlo. Giunto nel cortile del castello vide cavalli e cani da caccia che giacevano addormentati, e sul tetto c'erano colombe con i capini sotto l'ala. E quando entrò in casa, le mosche dormivano sulle pareti e il cuoco, in cucina, aveva ancora la mano alzata, come volesse afferrare lo sguattero, e la serva se ne stava davanti a un pollo nero che stava spennando. Andò oltre e nella sala del trono vide tutta la corte addormentata e sul trono dormivano re e regina.
Proseguì e tutto era così silenzioso che poteva udire il proprio respiro. Finalmente arrivò nella torre, aprì la porticina della piccola stanza dove dormiva la bella Rosaspina.
Lei era lì sdraiata ed era così bella che il giovane principe non sapeva distogliere gli occhi da lei.
Poi si chinò e la baciò.
Non appena l'ebbe sfiorata col suo bacio, Rosaspina aprì gli occhi, si svegliò e gli sorrise.
Allora entrambi scesero dalla torre e si svegliarono il re e la regina, e tutta la corte si svegliò e tutti si guardavano con sguardo pieno di stupore. E i cavalli nel cortile balzarono in piedi e si scrollarono, e i cani da caccia saltavano e scodinzolavano e le colombe sul tetto levarono la testina di sotto l'ala, si guardarono attorno e volarono via, e le mosche ripresero a muoversi sulla parete, e il fuoco in cucina si ravviò, si rimise ad ardere e ricominciò a cuocere il pranzo, l'arrosto riprese a sfrigolare, il cuoco diede allo sguattero quel famoso schiaffo e lo fece gridare e la serva finì di spennare il pollo.
Poi furono celebrate le nozze con grande sfarzo tra il principe e Rosaspina e tutti vissero felici fino alla morte.