giovedì 27 dicembre 2012

Ruth e Margareth


premetto che il libro non l'ho letto, perciò quello che scrivo in questo post potrebbe essere un mucchio di scemate peggio del solito. Però.
Mi chiedevo cosa dev'essere stato amarsi clandestinamente fra due donne negli anni trenta circa. Entrambe sposate, entrambe spesso lontane per i rispettivi viaggi di studio, che duravano dei mesi, entrambe sorvegliate abbastanza speciali per il loro essere donne in un mondo di uomini.
Entrambe studiano con passione la stessa materia, ma sviluppano i propri interessi in aree geografiche diverse, con ambiti di analisi diversi. Entrambe arrivano però allo stesso risultato, sia come studiose che come esseri umani, e cioé che l'antropologia deve avere una funzione umanitaria. Che lo studio dell'Umanità deve aiutarla, l'Umanità. Entrambe si impegnano in campo sociale e politico fino alla fine.
Erano davvero amanti? Erano grandi amiche? In ogni caso erano probabilmente Anime Gemelle, e spiegalo a te stessa ed agli altri cosa questo significhi..è durissima in qualsiasi tempo rendersi conto di avere di fronte la propria Anima Gemella..soprattutto se il rapporto che vi lega, in questa vita, non è quello che ci si aspetta leghi due Anime Gemelle.
Per tutta la vita, con diversa intensità a seconda di quello che la vita stessa concedeva, sono state legate, unite, in contatto. Avranno litigato per il fatto che nessuna delle due ha chiuso la propria relazione eterosessuale per stare con l'altra? O nemmeno ci hanno pensato, ed hanno accolto con gratitudine e gioia ciò che c'era, ciò che potevano? Hanno pianto attanagliate dal dubbio su cos'avrebbero potuto realizzare stando insieme come coppia, o hanno sorriso stringendosi le mani e dicendo "che meraviglia, quello che abbiamo"? Quante volte avrebbero voluto gridare ai colleghi maschi "voi non capite niente di me, voi non capite niente di noi, voi non capite niente di ciò è appena oltre un velo sottilissimo,ma lacerabile solo con l'intuito che non possedete!"..quante volte?
E quante volte, oggi, due persone che sono inequivocabilmente destinate l'una all'altra provano le stesse cose? Piangono, hanno paura, si arrabbiano con la gente che per la maggior parte non capisce, litigano, dicono basta, ma anche sorridono stringendosi le mani, e sono piene di gratitudine e di gioia tanto che solo facendo uscire le lacrime evitano di scoppiare?
Ruth e Margareth stasera mi hanno ricordato che Amore significa tante cose, che poche sono prevedibili, che alcune possono essere spiacevoli, dolorose, o spaventose. Ma che ciò che conta è ricordarsi, ogni tanto, di quanto sia comunque enorme ciò che l'Amore ha portato nelle nostre vite, nelle vite di quei pochi eletti che hanno davvero incontrato l'Anima Gemella, anche quando non è andata come credevamo, o speravamo..guarda cos'abbiamo avuto.

martedì 25 dicembre 2012

madò che tardi....

non sono nemmeno venuta qui sul mio blogghino per Yule..sorry..
allora faccio un regalo ritardatario per tutti ..

e uno profano per spritzettaaaaaa ;)




lunedì 17 dicembre 2012

martedì 4 dicembre 2012

donne dududu4: Ruth Benedict


a volte arrivano a sorpresa. Come certi incontri che non ci avresti scommesso. Come certi libri che avevi preso per sbaglio. Come certi piatti che assaggi senza troppa convinzione. Arrivano come il primo bucaneve, che tu sei lì tutta intirizzita e lo vedi, e ti esce il sorriso di chi sa che la primavera non tarderà.
Così è arrivata Ruth. In silenzio. Dolcemente. Eppure in modo risoluto, si fa breccia nella mia testa e nei miei studi. Sono lì che leggo del suo mentore, Franz Boas, il padre dell'antropologia americana, un grande, grandissimo uomo. E leggo che Boas ebbe come assistente, udite udite, intorno al 1925, una donna. Che già qui, voglio dire, potrei chiudere la rubrica adesso e già sapreste che Ruth fu una grande.
Sul solco tracciato da Boas, Ruth compì gli studi in campo antropologico, lei che già aveva studiato lettere, lei che già si era sposata ed aveva provato ad avere un bambino ma il suo corpo aveva detto di no, lei che aveva una sorellina più piccola di cui si era sempre occupata e preoccupata, visto che la mamma era vedova e fortemente depressa e con uno stipendio misero, fin da quando loro erano piccine.
Chi aveva una strada più tracciata di quella di Ruth? Primi del Novecento, famiglia povera di sole donne, sposa giovane e sterile di un bravo biochimico. Dove vuoi andare, dolce Ruth?
E invece.
Grazie alle indicazioni di Boas all'inizio, e grazie alla sua tenacia colossale ed al suo amore sconfinato per l'Umanità poi, Ruth divenne praticamente la prima antropologa donna importante. Scandagliò la cultura, la lingua, le abitudini di svariati popoli di Nativi Americani, li confrontò con altri e scrisse Patterns of Culture, praticamente una pietra miliare dell'antropologia americana. Con l'arrivo della Grande Depressione e poi della Grande Guerra, iniziò a capire profonddamente, e soprattutto cercò di farlo capire agli altri, che l'antropologia non era una scienza sterile da topi di biblioteca.
L'antropologia serviva. Nel senso di servitrice proprio. Doveva servire i migliori padroni, la Fratellanza, il Rispetto, l'Accettazione. Studiare i popoli significava, doveva significare, capire che non potevano esistere discriminazioni razziali o biologiche. Gli studi di Boas e di Benedict dimostrarono empiricamente che tutte le caratteristiche anche biologiche dei popoli erano modificabili dallo stile di vita, dalle condizioni di vita. Dimostrarono che ogni popolo è diverso, che non esistono leggi insindacabili per lo sviluppo di una comunità, che ogni cultura apporta al Tutto una sua propria originalità. Conoscere e comprendere i popoli non doveva più intendere, e sottintendere, dominarli, bensì amarli.
Ruth associò i suoi studi all'impegno sociale per tutta la vita. Trattò gli argomenti più diversi, anche quelli considerati tabù o comunque difficili da gestire. Sulla cultura giapponese, scrisse un altro libro amato anche dai profani, Il crisantemo e la spada.
E poi svariati, svariati altri scritti, non solo studi antropologici preziosi ma anche poesie e lettere.
Non tutto fu pubblicato. In fondo di certe cose non era il caso di parlare. In fondo era allieva di Boas, il tedesco americanizzato che rinnegava le teorie razziste. In fondo aveva un metodo che lasciava spazio all'intuito invece che affidarsi completamente alle prove scientifiche. In fondo il femminismo non piaceva a nessuno. In fondo quell'amicizia profondissima con Margaret Maud faceva discutere. In fondo non aveva una sua cattedra (le venne sempre negata, anzi no le fu concessa, due mesi prima della morte). In fondo era una donna.
Che forza straordinaria ebbe la bella Ruth, donna povera sterile bisessuale senza una cattedra, per fare tutto ciò che fece, per dire tutto ciò che disse, per portare avanti le sue battaglie, per tenere il suo rapporto con Margaret, la sola altra donna della cerchia di antropologi, segreto? Che forza straordinaria ebbe per non cedere alla depressione, per dire all'amico immaginario che aveva da bambina "tu vieni con me, ed aiutami a vedere oltre, anzi a vedere DENTRO ai popoli sconosciuti, a queste persone la cui cultura sta morendo. Aiutami a vedere dove nessuno vede."

Questo mese è Ruth, che ci aiuta, che mi aiuta, a vedere dove pochi vedono.

Ho preso le mie informazioni soprattutto dal Dizionario di antropologia ed etnologia edito da Einaudi, a cura di Pierre Bonte e Michel Izard (di Marco Aime per l'edizione italiana).

sabato 24 novembre 2012

la morte di Michelina




rapporto del Comando Generale delle Truppe per la repressione del Brigantaggio nelle province di Terra di Lavoro, Aquila, Molise e Benevento



“[…] Erano le 10 di sera, pioveva a dirotto ed un violentissimo temporale accompagnato da forte vento, da tuoni e da lampi, favoriva maggiormente l’operazione, permettendo ai soldati di potersi avvicinare inosservati al luogo sospetto; da qualche tempo si stavano perlustrando quei luoghi accidentati e malagevoli perché coperti da strade infossate, burroni ed altri incagli naturali, già si perdeva la speranza di rinvenire i briganti, quando alla guida venne in mente di avvicinarsi a talune querce che egli sapeva alquanto incavate, ed entro le quali poteva benissimo nascondersi una persona. Fu buona la sua ispirazione, perché fatti pochi passi, e splendendo in quel momento un vivo lampo, scorse appoggiati ad una di quelle querce due briganti, che protetti un po’ dalla cavità dell’albero ed anche da un ombrello alla paesana che uno di loro reggeva, cercavano ripararsi dalla pioggia. Appena scortili, la guida li additò al Capitano Cazzaniga, che presso di lui veniva con qualche soldato appena; il bravo Capitano non frappone indugio, non cerca di far fuoco, ma sbarazzato anche del fucile che teneva, con un salto fu addosso a quei due ed afferratone uno pel collo, lo stramazza al suolo e con lui viene ad una lotta corpo a corpo, finche venne dato ad un soldato di appuntare il suo fucile contro il brigante e di renderlo cadavere. Pare che uno dei proiettili (giacché il fucile era stato caricato a pallettoni), passando attraverso il petto del brigante andasse a colpire nel dito pollice della mano sinistra del Capitano, che avvinghiatolo con entrambe le braccia, gli impediva qualunque tentativo di fuga. Quel brigante fu subito riconosciuto pel capobanda Francesco Guerra, ed il compagno che con lui s’intratteneva, appena visto l’attacco, tentò di fuggire; una fucilata sparatagli dietro dal medico di Battaglione Pitzorno lo feriva, ma non al punto di farlo cadere, che continuando invece la sua fuga, s’imbatteva poi in altri soldati per opera dei quali venne freddato. Esaminatone il corpo, fu riconosciuto per donna e quindi per Michelina De Cesare druda del Guerra. Poco distante vari soldati con qualche Carabiniere s’incontravano con altri due briganti pure appoggiati ad un albero; attaccati risolutamente ne cadeva subito ucciso uno, che poi riconosciuto per Orsi Francesco di Letino; l’altro poté sfuggire, ma inseguito da vicino da un Carabiniere, s’ebbe una prima ferita, finche capitato negli agguati di altra pattuglia, cadde anch’egli colpito da due colpi di revolver sparatigli a brevissima distanza dal Sottotenente Ranieri. Anche questo brigante venne poi riconosciuto per Giacomo Ciccone, già capo di sanguinosissima banda ed ora unitosi al Guerra; fece uso delle sue armi quando si vide scoperto, e dotato di una forza erculea, oppose la più accanita resistenza tentando di aprirsi un varco frammezzo ai soldati. Altri tre briganti che stavano un po’ più lungi dai due gruppi menzionati, poterono al primo rumore salvarsi gettandosi nei burroni in quella località cosi frequenti. Due di costoro si sono già presentati, per cui si può con tutta certezza affermare che di tutta la banda Guerra, non n’e rimasto che uno solo[...]”.

La domanda che oggi, in ritardo lo so, vorrei fare a queste "truppe per la repressione del brigantaggio" è: di che vi bullate? perché avete creduto con questi pomposi ed autocompiaciuti rapporti di darcela a bere? dove credete di andare?
ah già, qui.

mercoledì 14 novembre 2012

donne dududu 3: Michelina De Cesare


ci ho pensato un po' prima di decidere di scrivere proprio di lei e non di un'altra di quelle che il governo piemontese, e poi tutti noi, chiamavamo e chiamiamo brigantesse.
Ci ho messo un po' perché, in fondo, la storia di Michelina non è neanche la più tragica e limpidamente ingiusta. Ci sono state donne molto, molto più sfortunate di lei, che sono diventate "brigantesse" per forza e sono state arrestate o uccise barbaramente senza mai aver commesso nulla.
Poi ho deciso per Michelina.
Perché questa rubrica non è "donne che fanno pena".
Michelina nacque poverissima, visse l'infanzia rubacchiando da mangiare nei campi assieme ai fratelli, poi sposò un brav'uomo, un agricoltore, il quale l'anno dopo morì.
Conobbe Francesco, un ex sergente dell'esercito borbonico che, una volta cacciati i Borboni, decise di non andare a combattere con i conquistatori Savoia, ma di fare guerriglia. Garibaldi, nella sua meravigliosa ingenuità di combattente libero e sognatore, aveva promesso al popolo meridionale la possibilità di avere le terre dei latifondisti equamente divise, la speranza di stipendi che permettessero la sopravvivenza, la presenza di un governo leale. I Savoia, e Camillo Benso, che non erano liberi bensì schiavi degli dei Denaro e Potere, e che di certo non erano sognatori, non mantennero nessuna delle promesse. Così i meridionali si ribellarono, e decisero che a quel punto erano meglio i Borboni. Questi furoni i briganti, anche se chiaramente la mia è una semplificazione e anche se altrettanto chiaramente molti furono briganti davvero, assassini per sfregio e ladri per professione. Esattamente come moltissimi soldati dell'esercito piemontese comunque, e basta guardare quante donne hanno violentato, senza parlare di tutto il resto. Comunque.
Francesco aveva iniziato per ideale, a fare il brigante. E, una volta conosciutolo, Michelina decise che voleva stare con lui. Quando fu accusata di fiancheggiamento, reato che prevedeva la pena di morte o il carcere a vita, decise di darsi alla macchia anche lei. Si dice che era un capo al pari del compagno. Aveva le stesse armi. Guidava le spedizioni e gli assalti. E prese bellamente per il culo l'esercito piemontese per sei anni. SEI ANNI. Fuggì, e razziò e saccheggiò e sparò, e amò selvaggiamente, e conobbe i boschi come nessuna, e diede da mangiare a tutti gli uomini della sua banda, e probabilmente curò le loro ferite. Non sto nemmeno a dirvi quante persone e risorse ci vollero pre prenderli, i ventuno uomini guidati da Francesco e Michelina.
Una notte di temporale vennero scovati, insieme anche alla fine, dentro una grande quercia cava. Lui venne preso e ammazzato, lei corse via e le spararono alla nuca. Corse ancora, la finirono con un altro colpo. Quando la girarono, si accorsero che era una donna, che era QUELLA donna. Quella che li aveva tenuti in scacco per anni. La spogliarono. La fotografarono a seno nudo. E nuda, insieme a Francesco, la trascinarono legata per i piedi ad un carro per tutto il paese.
Non è certo questa la sede per dire se avessero ragione i piemontesi o i briganti, ne' per negare che questa donna fu una delinquente.
Ma è questa la rubrica che uso per dire che fu una donna profondamente libera. Che iniziò un percorso tremendamente difficile e tragico per amore di un uomo, sì, ma che poi se lo scelse metro per metro, portando avanti le proprie scelte, non più solo quelle di lui. Non sarebbe diventata così brava se l'avesse fatto solo per star dietro al suo uomo. Non sarebbe stata così furba. Non avrebbe quello sguardo, nella foto. Diversamente dalle foto di molte altre brigantesse, che vennero fatte posare quando erano in carcere, magari un paio d'ore prima di venire fucilate, questa foto di Michelina venne scattata quando era nei boschi, ricercata, guerrigliera, braccatissima, indomabile.
Magari dovrei parlare di una donna buona, il mese prossimo. Ma è bello, e per me è giusto, parlare anche di personaggi controversi, ovviamente secondo le mie deboli capacità. E poi, diciamocelo, mi piace. Nonostante tutto.


Grazie al bellissimo libro di Giordano Bruno Guerri (l'autore di una straordinaria biografia di Van Gogh che ho postato tempo fa nella prima edizione di "50in50"), ho conosciuto e sto conoscendo la storia, le storie, di queste persone nascoste e dimenticate dalla Storia. Nel 2010 scrisse "Il sangue del Sud", il primo libro sul brigantaggio in epoca post-unitaria. Questo libro invece si focalizza sul brigantaggio delle donne.
"Il bosco nel cuore". Vale la pena di leggerlo gente.

venerdì 9 novembre 2012

Cristina di Belgioioso, 1866


"Vogliano le donne felici e onorate dei tempi avvenire rivolgere tratto tratto il pensiero ai dolori e alle umiliazioni delle donne che le precedettero nella vita, e ricordare con qualche gratitudine i nomi di quelle che loro apersero e prepararono la via alla non mai prima goduta, forse appena sognata, felicità.

venerdì 2 novembre 2012

samhain


Prima di tutto grazie al Tempio della Ninfa per l'immagine. :)
Poi scusatemi se questo post arriva qualche ora in ritardo ma sono stata in giro a festeggiare Halloween e Samhain. :)
La Ruota ha compiuto il suo giro, l'altra notte i morti sono tornati dal loro Mondo per visitare un po' il nostro. Le Nebbie si sono alzate sulla solita realtà, ma ne hanno mostrata un altra, a chi ha saputo, voluto, potuto vederla.
Il giorno appena passato, ancora magnificamente nebbioso, ha aperto con la quiete fredda e ferma di Novembre un Nuovo Ciclo Annuale. Si ricomincia. Come sempre si ricomincia con l'incubazione. Come la Vita in ogni sua forma inizia con la gestazione, nascosta e segreta, del seme che poi nascerà.
Questo è un tempo di meditazione che permette quella che sarà la vitalità dei prossimi mesi, lo slancio futuro. :)

Buon Anno.

lunedì 29 ottobre 2012

io sono il sesso debole


Quando ero bambina, mia madre mi ha insegnato tutto quello che sapeva. Nelle lunghe camminate che facevamo mi parlava di come riconoscere dalla corsa delle nuvole se pioverà, di quali radici sono buone da mangiare, di quali invece servono per curare i tagli e le botte. Mi spiegava, sedute sotto il sole caldissimo, come cucire abiti che tenessero contro l'azione usurante del tempo, come intrecciare i cesti. Ho imparato da lei come cucinare un pasto con niente. I miei fratelli sono morti tutti. Eravamo in cinque. Sono quasi morta anch'io, perché senza nemmeno un fratello maschio una femmina, neanche così bella, serve a poco..e invece la mamma mi ha difeso, ero forte diceva, e sapevo imparare presto, potevo diventare una Donna Medicina se fossi stata bene addestrata e guidata. Così ne' mio padre ne' altri pensarono più di ammazzarmi. Neanche quando la mamma morì. Ero grande, avevo già nove anni, ma ancora non ero esperta a guarire come lo sono adesso, che sono fra le donne mature del villaggio con i miei ventun anni. Forse oggi la saprei guarire la mamma. Chissà.
Alla fine lo sono diventata, una Donna Medicina. Ogni mattina con la mamma, poi da sola,camminavamo (due ore forse?non ho mai avuto una concezione chiara del tempo..si dice così?concezione del tempo?) fino ad un villaggio dove viveva una vecchia maga. Lei era vecchia davvero, un giorno mi disse di avere quarant'anni, ma che sommando tutte le sue vite chissà a quante centinaia arrivava, e si mise a ridere. Questa nonnina era saggia e conosceva tantissimi riti, erbe medicinali e metodi per Curare. La mamma diceva che si fidava solo di lei perché mi insegnasse a diventare ciò che ora sono, perché lei era la sola che non cuciva le bambine. La mamma mi disse di non rivelarlo a nessuno, altrimenti avrebbero fatto del male alla nonnina. Io ero stata cucita come tutte le altre del mio villaggio, ed ero riuscita a cavarmela dopo tanti giorni di febbre e deliri. Anche per questo la mamma diceva che ero forte. Io credo che fosse molto forte anche la mia mamma.
La nonnina -Sharifa, si chiamava- mi disse che per prima cosa, se volevo Curare, dovevo prendermi cura di me stessa, e rispettarmi. Io non lo capii, cosa volesse dire. C'era troppo male, troppa fame, troppi uomini che colpivano, perché io potessi davvero vedere il Rispetto. Ma una volta, dopo credo un anno che andavo ad imparare da nonnina Sharifa, mi ferii ad un piede con una grossa scheggia. Era una ferita profonda, e credo che si sarebbe presto infettata a camminarci sopra senza scarpe. Nonnina mi prese in braccio e mi portò nella sua capanna. Mi lavò i piedi e ci mise sopra un impiastro marroncino. Scaldò la poca acqua che aveva sul fuoco e vi bollì uno straccio, che poi usò per togiermi l'impiastro. Mi fasciò il piede. Per tutto il tempo cantò una canzone sacra e mi accarezzò molto, e mi chiese come stavo. Poi mi disse che tutto, di me, era prezioso, e che era felice di aver avuto il privilegio di salvare il mio piede. Andò a lavarsi le mani nell'acqua che aveva bollito, ormai raffreddatasi, si lavò anche il viso e chiuse gli occhi ringraziando gli Dei di averle dato il dono di Guarire. "Perché ti lavi prima di pregare?" le chiesi. "Perché gli Dei vedano come è bella questa loro creatura."
Oggi sono matura, e rispettata nel mio villaggio. Ho curato molte donne, ed anche qualche uomo, anche se loro preferiscono uno stregone maschio. Io non me la prendo. Ma anche col più duro degli uomini tengo la testa alta quando devo rifiutarmi di cucire le loro figlie. Alcune donne della mia età e più giovani hanno deciso che forse ho ragione, e che rispettare se' stesse è possibile anche qui. Che siamo importanti perché nutriamo, curiamo, accogliamo, celebriamo i Sacri Riti, collaboriamo attivamente per la sopravvivenza di tutti. Abbiamo una piccola scuola. Io non ci sono andata da piccola, ed ora con le altre sto imparando a leggere. C'è una maestra molto brava. Oggi solo metà delle bimbe del nostro villaggio sono cucite, e spero che saranno sempre meno. Abbiamo un laboratorio dove tessiamo tutte insieme, e vendiamo i nostri prodotti al mercato che ogni settimana si tiene in un grosso paese a solo tre ore di cammino da qui. Noi speriamo, con i soldi guadagnati e risparmiati, di scavare un pozzo. E molte bambine, e bambini, stanno imparando a leggere con me. Una di loro potrebbe diventare una brava Donna Medicina, ma non so se sarò capace di insegnarle. Questa notte chiamerò Sharifa e mia madre, in sogno, e chiederò loro cosa fare.


La storia è di mia invenzione, ogni riferimento è puramente casuale come si suol dire.
Arriveranno altre esponenti del sesso debole..grazie a chi leggerà, e magari divulgherà..non la mia storia, non ha la minima importanza. Mi piacerebbe vedere in giro appesi cartelloni pubblicitari con questa ed altre donne..chi lavora duramente, chi partorisce, chi alleva i figli, chi è in condizioni disagiate..e sotto, la scritta che titola il post..magari si può fare? Fate foto, chiedete all'interessata se potete renderle pubbliche, e mettetele online, o mandatele qui da Magoo che ci scriviamo una storia..

Noi cambieremo il mondo.


domenica 28 ottobre 2012

Ancora piratesse

In "Storia dei pirati" di Nigel Cawthorne si accenna al fatto che probabilemnte Anne e MAry furono amanti..almeno lo si intuisce.
In "Storia della pirateria" di Philip Gosse non si fa quasi menzione nemmeno del fatto che furono amiche.
Ora.
Non è omofobia anche questa? Non è sessismo anche questo? Magari sono io troppo pasionaria, troppo permalosa, o che vede bigottismo e pregiudizi anche dove non ce ne sono..chissà.
Ma stasera, dopo una giornata piovosa ed un po' malinconica, mi piace pensarle come le immagino da un mese a questa parte, ste ragazze.
Due furie. Sul ponte della nave come sottocoperta. Violente e coraggiose, in tutti i sensi, buoni e cattivi.
Chi legge qui ogni tanto ben sa che mi piacciono le persone così. Che sono se' stesse fino in fondo, pur con le dovute sfumature e complicazioni che la vita ti cuce addosso. Perciò, se c'è da essere cattive per vivere la vita più possibile come pare a loro, Annie e Mary accettano di essere cattive. Se c'è da spaccare la testa a qualcuno perché capisca che no, se ti ho rifiutato non significa che puoi sentirti autorizzato a violentarmi, lo fanno. Se c'è da passare a fil di spada chi si oppone ai pirati, per poter continuare a fare i pirati, loro non fanno altro che sfoderare la sciabola affilata.
Non incito alla violenza. Sono un tipo pacifico, e credo fermamente che la Pace sia la sola strada possibile per sopravvivere e migliorarsi come Esseri Umani. Ma talvolta essere aggressivi non significa per forza comportarsi come dei mostri sanguinari. Anne e Mary non avevano altra possibilità, in quei tempi e luoghi e condizioni. Ma lottare per essere se' stessi è anche saper dire "no" con fermezza quando lo si deve fare. Far rispettare se' stessi e le proprie opinioni anche a coloro che temiamo di più. Rinunciare a qualcuno per inseguire qualcosa che per noi è più grande. Accettare che se fai certe scelte non potrai avere, probabilmente, una vita stabile come la si intende comunememte. Imporci perché lo vogliamo, e lo dobbiamo, fare.
Ecco, per me anche essere così è essere "gatte dell'inferno".
Piratesse.

mercoledì 17 ottobre 2012

donne dududu 2 Mary, passeggiando fra i sentieri più scuri..

Mary "Marc" Read..da bimba crebbe vestita da maschio, perché la sua mamma aveva bisogno di ricevere un'eredità si dice, e quell'eredità sarebbe andata solo al figlio maschio, ormai morto.Così Mary si beccò i pantaloncini corti e sua madre, dicono, i soldi. Mary ci provò anche a "fare la donna", a lavorare come domestica in casa dei ricchi, ma evidentemente non faceva troppo per lei visto che ad un certo punto decise di riprendere l'abbigliamento maschile e di arruolarsi nell'esercito. La' si innamorò, si sposò, riprovò a vivere come ci si aspettava che vivesse, ma il destino voleva qualcosa di diverso, ed il maritino morì..A questo punto, ancora di più si può immaginare come Mary non ce l'abbia fatta più, a rimanere quando il solo motivo che la spingeva a rimanere non c'era più. Così divenne un marinaio, e poi una piratessa sulla nave di Calico Jack e Anne Bonny. Non che a fare la piratessa abbia vissuto degli anni facili, abbia fatto delle scelte facili, abbia incontrato gente facile. Ma chissenefrega. Almeno ha smesso di raccontarsela ed a provato a vivere a modo suo, veramente suo, quelli che sarebbero stati i suoi ultimi anni
Non lo so se la rossa Annie fu davvero il suo amore. Non lo so se la pirateria fu davvero LA scelta o solo un avventuroso rimpiazzo. So che ha fatto la storia, e che ha scelto di restare, fra i bucanieri sporchi e cattivi. Quindi forse è stato giusto così, per lei. Nonostante tutto.
"Le gatte dell'inferno". Le più crudeli di tutti. Mica brava gente. O forse sì. Forse davvero, per una volta, la Disney ha avuto ragione a far dire a Jack Sparrow che "si può essere un pirata e anche un brav'uomo".

giovedì 4 ottobre 2012

donne dududu2: Bonny e Read


Questo mese mi piacerebbe parlare di due donne. Perché da quando si sono conosciute sono state “colleghe, compagne e amiche per la vita”, per parafrasare Diego Rivera e Frida Khalo.
Di Anne si sa un po’ di più, cominciamo da lei, che nata da una relazione adulterina venne portata con la mamma e tutta la baracca ed i burattini nel Nuovo Mondo, dal padre che era stato beccato e costretto dalla moglie ad espatriare, a fuggire dalla verde Irlanda.
Avrebbe potuto avere molto, la rossa Annie. Papà era ricco, il paese giovane e pieno di gente giovane. Poteva fare la bella vita, farsi mantenere e sposarsi un altro ragazzino ricco per passare una vita serena, a tenere “la maschera ben salda”, come mi è stato insegnato che si usa spesso fare.
Invece la tredicenne più scapestrata e spaventosa del circondario, ecco cos’era. Frequentava il porto e le bettole, e quando uno dei suoi pretendenti si era dimostrato troppo opprimente, lo aveva respinto a colpi di sedia.
Finisce per legarsi ad un pirata, James Bonny appunto, il quale però poi si rivela un infame verso gli altri pirati, e lei sdegnata se ne va, e trova lui, Calico Jack, ed insieme assaltano e saccheggiano e picchiano duro, finché all’ennesimo assalto un tizio della ciurma prigioniera, per evitare la morte (ed anche perché in fondo lo desiderava da sempre) si arruola fra i pirati. Lui è Mark Read, ed Anne perde la testa. Mark pure.
Vi ricordo che siamo intorno al 1715. Da restare completamente senza parole per quanto libera e matta fosse questa Anne. Non vi basta?
Urca, ho dimenticato di scrivere che in realtà Mark Read era un nome di copertura, come di copertura lo era l’abbigliamento.. perché il marinaio si chiamava Mary Read, e le due ragazze divennero le più intrepide, coraggiose ed innamorate piratesse dei sette mari.
Questa sera mi fermo qui, e mi metto a riflettere.. queste due donne furono crudeli ed aggressive. Il fatto che fossero pirati di certo le rende più affascinanti, è vero. Ma a volte, oltre al piacere di immaginare storie di avventura, ci si affeziona ad alcuni personaggi perché hanno QUALCOSA.
Anne e Mary (della quale vi racconterò sommariamente un'altra volta) hanno voluto la libertà. Alla fine purtroppo sono finite in un carcere inglese..ma credo davvero che il loro posto non fosse lì, anche se avevano commesso furti e delitti. Credo che il loro posto sia da sempre e forse per sempre quello di chi cerca..e lo fa insieme, senza paura. Nessuna paura di una famiglia che non capisce. Di una vita precostruita. Delle incertezze economiche. Del fatto che forse QUELLAPERSONALA’ non tornerà. Di come ci sia tanta, tanta gente che dice vai tranquillo, ok fallo e poi ti boicotta. Niente paura di chi deve tenere la propria maschera ben salda, per far funzionare le balle sulle quali si è costruito la vita.
Vincitrici come perdenti, ma mai meno coraggiose e forti. Incazzate e violente, ma sempre innamorate. Combattenti. Libere. Vere. Finoallafinefininfondo.

Grazie per gli spunti e le notizie alla giornalista Maria G. Rienzo, che ha scritto un bell’articolo inizialmente su Babilonia, poi trasferito su www.culturagay.it , dove l’ho letto io.
Mi sto documentando su Anne e Mary, devo cercare i libri ma non è facile perché son vecchi..però abbiamo fiducia, scriverò ancora questo mese!

sabato 22 settembre 2012

mabon



con qualche minuto di ritardo, scrivo per augurarvi un Auntunno prospero e sereno, che possiamo tutti raccogliere il più possibile ed al meglio possibile le provviste per l'inverno. Prepararci alla discesa è importante.
Così, in questi giorni un po' bislacchi ma forse non così tanto visto come sono la maggior parte dei giorni della mia vita, ho pensato tanto, a dove sto andando grazie al Sentiero che ho intrapreso, e che ogni giorno di più si rivela essere il mio. Ho pensato a quanto chiare possono essere, improvvisamente, le cose che fino a poco tempo prima non ti erano mai apparse tali. A quanto l'acquisizione di consapevolezza ti regala, in termini di potere e serenità ma in parte anche di timore reverenziale. A quanto, in mezzo al casino, si riveli importante vederci un po' più lungo di prima, non solo nelle cose degli altri ma anche, finalmente, nelle tue.
Così, in mezzo a questi pensieri deliranti, è arrivata per caso, navigando, questa straordinaria frase della nostra Donna dududu di settembre, la Nonnina Margarita.

La scrivo qui, forse è più un regalo che faccio a me. :)


"¡La felicidad es tan sencilla!, consiste en respetar lo que somos, y somos tierra, cosmos y gran espíritu."


Rispettare ciò che siamo. E siamo terra, cosmo e grande spirito. Una di quelle frasi che in pochissime parole contengono concetti che riempirebbero, e riempiono, le biblioteche. Eccola qui. La felicità è tanto semplice.

domenica 9 settembre 2012

intervista ad Abuela Margarita



D: Abuela Margarita, sei qui per condividere con noi il tuo messaggio. Vuoi raccontarci di te, della tua conoscenza?

R: Io sono nata in Messico. La mia formazione viene dalla conoscenza degli antenati e degli anziani di tradizione indigena. Questa “conoscenza” è presente ovunque nel pianeta. In America, con la conquista, sembrava essersi persa, ma ha continuato a tramandarsi oralmente e passando da labbra a udito è giunta fino ad oggi. Noi siamo qui per ricordarla.
Quella conoscenza è dentro di noi. Quando parlo con la gente spiego che tutti gli esseri umani, dal momento in cui sono stati generati, nell’attimo in cui nostra madre offrì un ovulo maturo e nostro padre mise uno sperma, da quel momento il Grande Spirito entrò dentro di noi. Il feto, in ogni sua cellula, si impregnò della sua presenza e le cellule incominciarono a moltiplicarsi fino a formare un bambino o una bambina e a nove mesi.. ecco il primo respiro fuori dal seno materno. Dal primo momento, il Grande Spirito non se ne è mai andato da noi, la sua presenza non ci ha mai abbandonato. Valorizzando ogni parte del nostro corpo, dico che la presenza del Grande Spirito si stabilisce fondamentalmente dentro al cuore, perché il cuore manda il sangue a ogni parte del corpo. Il sangue in questo modo ci porta tutto ciò di cui abbiamo bisogno e ci purifica da quello di cui non abbiamo bisogno, per mantenere il nostro corpo in perfetta condizione. Siamo qui soprattutto grazie agli alimenti che la Madre Terra ha offerto al nostro corpo.
In verità chi è la madre di questo corpo? La Madre Terra. E grazie al Sole, che la feconda tutti i giorni, essa può darci i suoi sacri alimenti. Chi è nostro padre? Il Sole. E tutte le nostre relazioni famigliari sono le Stelle. Ecco perché siamo esseri cosmici. Partendo da questo concetto è facile viverci nella nostra cosmicità.

D: Credere che il Grande Spirito abiti dentro ognuno di noi, valorizzarci, è un tema importante; come possiamo allenarci a farlo?

R: Cosa accadrebbe se noi vedessimo il Grande Spirito nei nostri figli? Cosa accadrebbe se i nostri figli vedessero il Grande Spirito in noi e in loro stessi?
Se voi ora vi sentiste Dio dentro, non vi valorizzereste? Non vi lascereste certo dire che siete stupidi… dentro di voi c’è il Grande Spirito! E come vedreste gli altri? Se ci valorizziamo profondamente, cambia anche il valore di chi abbiamo di fronte.
Credo che nel momento in cui cominciamo a vivere questa pienezza, ci sentiremo bene. Se il mio intento, per esempio, è chiedere un lavoro, non lo vado a elemosinare… so chi sono, io, nei panni del Grande Spirito! Mi valorizzo, riconosco il mio talento, non andrò a chiedere lavoro, andrò a offrire le mie capacità! Il lavoro arriverà perché ci stiamo riconoscendo, ci stiamo valutando, valutando il Grande Spirito che è dentro di noi.
Io ho un orologio che ogni ora suona per ricordarmi che il Grande Spirito è dentro di me; mi fermo qualche minuto, mi ricordo e mi sento più sicura, sento una pienezza in me. È una buona abitudine. Se vivi il Grande Spirito dentro, nel cuore, in ogni cellula, avrai abbondanza, salute, benessere, e pienezza. Tutto quello di cui hai bisogno lo avrai.
È importante anche dire ciò che ci piace e quello che non ci piace.
A volte chiedo ai giovani di fare una lista di quello che piace e di quello che non piace di loro stessi. Quando devono fare la lista delle cose che non amano di sé stessi fanno una lista lunghissima mentre la lista delle cose che accettano di sé è cortissima… Chiedo loro: perché sono così poche? Vi valorizzate così poco? Scavate, andate più a fondo, vediamo se ci sono più cose… è importante scavare in noi e valorizzarci. Il Grande Spirito è dentro di noi con tutto il suo potere e le donne, le educatrici, sono coloro che ricordano e insegnano ai loro figli la presenza divina dentro di loro. Voglio chiarire che una cosa è conoscere e riconoscere il potere di tutto quello che ci circonda, un’altra cosa è adorarlo. Una cosa è conoscere e riconoscere il nostro potere personale e un’altra cosa è adorarci. Per questo è importante il potere del cerchio, perché nel cerchio c’è un centro e tutti siamo alla stessa distanza dal centro. Qui nessuno è più, nessuno è meno, la manifestazione del Grande Spirito è in ognuno del cerchio.
Possiamo fare molte cose con i nostri figli quando cominciamo a vederli come il Grande Spirito. Anch’io sono qui con te per ricordarmi chi sono, il Grande Spirito, e questo per me è molto bello. Se non fosse per te e per tutta la gente a cui dico chi sono forse mi dimenticherei, quindi ti ringrazio.

D: Prima commentavi dell’importanza della donna in questo momento speciale dell’evoluzione…

R: Il potere delle donne è il cuore, l’amore.
Le donne hanno un cuore grande per amare e forte per pregare. L’umanità al vedere Dio così lontano, così difficile da raggiungere, non è abituata ad amare il proprio corpo perché non riconosce quel che esso incorpora… Immagina se un figlio ti dicesse: chi è mia mamma? E tu rispondessi sono io, non mi riconosci? E il figlio ti dicesse, no, non mi ricordo…
Il Grande Spirito non si è allontanato da noi neanche per un momento, e noi lo respingiamo disprezzando il nostro corpo, umiliandolo, non accettandolo.
Dal sacro ventre della donna nasce il Grande Spirito. Se educassimo i nostri figli insegnando loro chi sono vi assicuro che a scuola si sentirebbero meglio: i maestri li tratterebbero educatamente perché i giovani ricorderebbero loro che sono il Grande Spirito.
Se noi donne siamo le educatrici dell’umanità, capisci perché il cambio sta in una donna? Dobbiamo insegnare questo ai nostri figli e alla nostra gente, ricordare loro che questo corpo è sacro dalla testa ai piedi, perché è nutrito da alimenti cosmici. Anche la casa dove abitiamo è sacra. Non so perché pensiamo che le nostre pareti non vedano, non ascoltino… Da noi si dice “le pareti ascoltano”… attento perché parlano anche…
Nel luogo in cui sono nata il fuoco della cucina non si spegneva né di giorno, né di notte; esso è il potere della donna, è il nostro lavoro, il nostro compito, amare. Ed è l’unica maniera per permettere alla ragione di cambiare forma-pensiero.
Dico alle donne di mettere dei fiori davanti a una loro foto! È per mettere dei fiori al Grande Spirito che c’è dentro ognuno di noi! Se tu vedi Dio in te ti stai valorizzando e quando gli altri non ti rispettano il tuo compito è di vedere Dio in loro. Rispettarci serve a noi stessi e alle persone che abbiamo intorno.
D: L’intento, la forza e la determinazione dell’essere per il raggiungimento del proprio obiettivo. Come si allena questa energia nella tua cultura?

R: Quando parliamo del potere della preghiera parliamo del potere dell’intenzione.
A volte, le madri, invece di pensare che il proprio figlio stia bene e sia contento, pensano: “speriamo che non sia in cattive compagnie, che non si incontri con dei delinquenti…!”. Questo è come dire: “forza figlio, incontra questa gente!”. Questo è il potere dell’intenzione. Ogni volta che pensate alle persone che amate mandate loro buoni pensieri, intenzioni positive.
Ci si intristisce quando osserviamo il nostro mondo in preda alla violenza, vogliamo la pace, ma cosa facciamo per la pace? Iniziamo a mettere l’intenzione di avere pace dentro di noi. Ho pace nel mio cuore! E che questa si senta. Il potere dell’intenzione è molto forte. Sapere chi siamo e vedere tutta l’umanità sapendo chi è: il Grande Spirito. Coltiviamo l’intenzione che sempre ci sia benessere.
Tutto quello che facciamo nella vita e che non ci piace è la nostra ombra. Noi non siamo la nostra ombra ma l’ombra è nostra. A volte la portiamo con noi con grande pesantezza. C’è un buon esercizio da fare per liberarsi; per ogni cosa vissuta che non ci è piaciuta metteremo una pietra in uno zaino, poi si cammina per un giorno intero e si abbandona, una alla volta, una pietra, ringraziandola per averci tolto il peso che sopportavamo e soprattutto per averci permesso di vivere quella esperienza.

D: Perché porti la gente nel Temazcal? Per alcuni questo è una sofferenza?

R: Per noi il Temazcal è medicina. Le pietre si mettono al fuoco, diventano rosse con il fuoco, si usa l’acqua che si vaporizza al contatto con le pietre e così abbiamo l’aria. Poi mettiamo le preghiere. Le realizziamo in tela di cotone, o lino, piccole borse di tabacco dei sette colori delle sette direzioni: l’est, il sud, l’ovest, il nord, il cuore della terra, il cuore del cielo e il centro. Il tabacco è una pianta sacra per noi, non un vizio, serve per pregare, per chiedere permessi.
Le preghiere si fanno affinché tutte le forme di vita delle direzioni ci aiutino nel Temazcal, per lasciare andare tutto quello che non necessitiamo, per sciogliere tutta la ruggine che inquina il nostro campo energetico, per ringraziare l’universo di essere Uno con il Grande Spirito, per rinascere ancora una volta dal Sacro Ventre della Madre Terra e curare le nostre emozioni. Questo è il Temazcal.

D: Parlaci della relazione tra uomo e donna, come si realizza in armonia questa danza?

R: Un tempo ci relazionavamo con amore e non avevamo bisogno di parole.
Il Taita Faustino dice che una volta si comunicava con lo sguardo… eppure se ben abbiamo perso molti talenti, è anche vero che siamo in un momento di trionfo.
Ogni donna per arrivare al Grande Spirito ha bisogno di un uomo, così ogni uomo ha bisogno di una donna. L’estasi, la vera unione con il Grande Spirito si realizza attraverso l’amore e la sessualità.
Solo nell’estasi, nel nirvana, si mette in azione ogni cellula del nostro corpo. L’uomo insegna alla donna ad elevare il cuore, la donna insegna all’uomo a far scendere lo spirito in terra e ad amare sé stesso.
Il potere dell’unione tra uomo e donna è la cosa più affascinante che esista. Il potere della preghiera nell’unione tra uomo e donna, pregando per una intenzione comune, è come chiedere qualcosa all’ennesima potenza! La donna senza l’uomo rimane Terra, molto amore, ma solo Terra. L’uomo senza la donna non avrebbe semi da far germogliare.
Perché le coppie fanno l’amore con la luce spenta?
Perché abbiamo considerato il peggio del corpo proprio i nostri genitali? I genitali sono sacri. Parliamo sempre dei nostri sensi in modo speciale, gli occhi, il naso, la bocca… ma con tutto questo non facciamo un bambino, lo facciamo dai nostri genitali! E cos’è un bambino? E’ il Grande Spirito!
Osserviamo la sacra pipa. Il fornello contiene il tabacco acceso e il fumo viene inalato dal bastone. Preghiamo affinché uomo e donna si conoscano e si rispettano.
È importante che una donna sappia quali sono i suoi giorni di fertilità, solo così le coppie potrebbero generare figli con intenzione.
E non dimenticarsi di relazionarsi sessualmente solo per amore. Guardarsi negli occhi quando si fa l’amore, parlare a tutte le nostre cellule affinché sentano amore dentro, dirsi cose d’amore, belle… fare l’amore completamente nudi, e dopo aver fatto l’amore, rimanere un tempo lungo abbracciati per continuare ad amarsi.
Così come ci siamo dimenticati a livello cellulare e neurologico che siamo Dio, abbiamo dimenticato di fare l’amore per amore. Lo si fa per passione, desiderio o per sensazione. Le donne devono cercare uomini che considerino sacra la loro vagina.

Voglio anche ricordare alle donne che la magia della cucina è importantissima.
Quando servite un piatto a vostro marito, mettetegli dentro anche una preghiera; quando servite a vostro figlio un’altra preghiera, che lui possa studiare con interesse, che ami imparare, e invece di pensare che non vada con cattive compagnie pregate perché lui possa incontrare buoni amici. È molto importante il potere della preghiera nel cibo. A volte siamo abituati per essere gentili, per educazione, quando ci servono un piatto di passarlo al nostro vicino… quando verrete a casa mia e vi servirò un piatto, se lo passate, vi richiamerò l’attenzione dicendovi “quel piatto è per te, l’ho pregato per te!”.

Abuela Margarita


Testo e intervista tratti dal sito La Via Salka: http://www.laviasalka.it/sciamanesimo.php?id_pag=88
Con la gentile concessione dell’Associazione Culturale Chakaruna, di Alessandra Conmeno e Maurizio Balboni.

giovedì 6 settembre 2012

donne dududu1 Abuela Margarita


In questo mese di Settembre provo ad iniziare questa rubrica su alcune Grandi Donne..è probabile che i post ogni mese saranno più di uno, ma riguarderanno comunque la stessa Donna per tutto il mese. Tanto per non stufare nessuno con post troppo lunghi e per permettere a me ed a chi vorrà segnalarmi letture o altro, di completare queste umili ricerche un pezzo alla volta..ecco, mi pareva carino spiegarmi ;)

Detto ciò, iniziamo a parlare di questa donna straordinaria, Margarita Nunez, detta appunto Abuela, Nonna. Una signora messicana, di etnia india Chichimeca, che è cresciuta con la propria bisnonna imparando da lei e dall'altra grande maestra, Madre Natura. Come la bisnonna, Margarita è una scimana, una Donna Medicina. Non di quelle che non fanno altro che parlare di se' professandosi chissà che per fare soldi, e poi..beh..lasciano come minimo dei dubbi..quelle preferisco lasciarle a parlare, perché pur rispettando il modo di porsi di tutti condivido il pensiero "chi troppo dice di essere, forse non è".
La nonnina Margarita invece agisce, e guida chi vuole ascoltarla in un Cammino che sì, è ovviamente anche il suo, ma che non ha lei come protagonista. Margarita ci racconta come risintonizzarci, come amare noi stessi, il nostro corpo profondo ed il Mondo, che è il Corpo più grande del quale siamo cellule. Ci insegna ad immergerci olisticamente, corpo anima pensiero, in ciò nel quale siamo già immersi, inconsapevolmente. Chiamatelo Grande Spirito, Essenza Divina, Grande Madre, Natura, come vi pare, ma è ciò in cui camminiamo, ciò che respiriamo, ciò che beviamo e mangiamo, ciò che costituisce i nostri affetti, le nostre emozioni, la nostra quotidianità.
Per capirci: la nonnina qui è membro del Consiglio Intertribale degli Anziani d’America, portatrice della Sacra Pipa e praticante dei rituali della Danza del Sole, della Terra e della Luna. Conduce ricerche di visioni e cerimonie di Temazcales, le capanne di sudore.
Una Donna che sa, e sa veramente, ma non parla mai vantandosi di ciò che conosce come se fosse l'Eletta portatrice di un segreto inaccessibile, ne' tantomeno l'autrice di tale linea di pensiero. Lei è un messaggero di Qualcosa di più grande, una magnifica ambasciatrice di una tradizione antichissima e probabilmente radicata primitivamente in ognuno di noi.
E poi guardate che sorriso, e che occhi incredibili. Oggi vi lascio un video, così la potrete anche ascoltare. Nei prossimi giorni ne posterò un altro, ed un'intervista magnifica, davvero illuminante.

Spero che vi regali ciò che ha regalato a me, la precisa sensazione del suo enorme, positivo Potere, e la dolcezza della sua pelle liscia e un po' indurita, rugosa e asciugata dal sole, mentre le faccio, almeno col pensiero, una carezza.

domenica 26 agosto 2012

heroes


oggi sono morte due persone importanti. Uno era Neil Armstrong, l'altro ve lo dico dopo.
Mi sono ritrovata a pensare agli eroi, a chi ha compiuto grandi imprese, come Neil appunto. Mi sono ritrovata a pensare a quanto spesso incontriamo, nelle nostre vite, eroi "atipici" come lui, che parlano poco, lavorano molto, non si vantano mai. Persone schive e timide, persone che magari rischiano pure di apparire fredde perché poco espansive.
Così il pensiero si è allargato a coloro i quali fanno cose all'apparenza più piccole. Aiutano gli altri. Lavorano la terra con amore. Si impegnano nella difesa dei diritti propri ed altrui. Non rinnegano il proprio pensiero. Allevano dei figli fino a farli diventare brave persone. Si commuovono quando nasce un bambino. Affrontano con coraggio i problemi di lavoro, salute, quelli familiari, le relazioni. Non si chiudono in casa dopo aver preso una brutta botta, ma escono di nuovo incontro al mondo, alla vita. Costruiscono una casa. Fanno cucù ai bisnipoti anche quando sono così anchilosati da muovere a malapena la testa. Ascoltano con sincerità e non solo per educazione. Si arrangiano finché possono ma non ti aggrediscono offesi quando offri loro il tuo aiuto. Sanno dire grazie. Non dimenticano chi sono. Raccontano storie affascinanti ai figli ed ai nipoti.
Mi ritrovo a pensare..che chiunque vive con lealtà, amore, correttezza, impegno, forse è sempre un eroe.
Neil ha mosso i primi passi sulla Luna, dicono. Ma ha cambiato il mondo anche, soprattutto, perché mai ha accettato i complimenti o i riconoscimenti ufficiali senza specificare che il merito non era suo, ma della Nasa. Perché ha vissuto tutta la vita con la moglie ed i figli. Perché ha fatto capire al mondo che quello che conta non è solo il singolo (che fa un piccolo passo), ma l'Umanità (che ne fa uno enorme). Lo so che molti, come dice Sciascia, "si riempiono la bocca a dire Umanità, bella parola piena di vento". Ma io credo che Neil sapesse usarla. Voglio crederci. Guardate che bel signore. Non si faceva lampade, lifting, parrucchini, scarpe con il tacco nascosto all'interno. Rifiutava la sovraesposizione mediatica, le fanfare, la vanità.
Un Uomo. Semplice. Un sorriso per tutti, confidenza vera per pochi, fiducia per ancora meno. Coerente fino alla fine, sereno fino all'ultimo. Come l'altra persona importante che è morta oggi. Il mio nonno.
Bentornati nel calderone di Madre Cerridwen. Chissà dove reincontrerò, se le reincontrerò, le vostre meravigliose anime.

martedì 14 agosto 2012


il dolore di una donna..è forse ciò che di più profondo, insopprimibile e duraturo esista..le donne lo nascondono, da sempre, e trascinate dalle cose pratiche di ogni giorno vanno avanti..ma il dolore scava, e scava, e scava..non è risolto, e anche se si crede di posticipare il saldo del conto, in realtà si paga ogni fottuto minuto, con tante monete diverse..lacrime, vomito, dolore alla schiena, esplosioni di rabbia verso chi non c'entra niente, ubriacature tremende, silenzi improvvisi, deconcentrazione, mal di testa, scritture complusive su blog insulsi, gastrite..
non si deve mai sottovalutare il dolore di una donna. Non si deve mai pensare che non arriverà. Non si deve credere che ci sia un "momento giusto".
Non c'è un fottuto momento giusto per far male a qualcuno, cazzo.
Se lo devi fare, fallo e poi decidi se restare a vedere quanto è lacerante o andartene per la tua strada lastricata di serenità. Ma non provare a darcela a bere. Non è vero che aspettano a ferirvi perché ci tengono a voi, ragazze. Aspettano a ferirvi perché tengono a se' stessi, e vogliono farlo quando si sentono abbastanza lontani dal vostro baratro, così sono sicuri di non caderci dentro con voi.
Scusatemi per lo sfogo. Chi gira qui da un po', ben sa che a volte uso questo spazio in modo non completamente proprio. Allora per far finta che ci sia qualcosa che c'entra con l'arte o altro, e giustificare il fatto che il post l'ho messo qui e non dentro le nebbie, ci metto questo dipinto.
Maddalena addolorata, Caravaggio. Una donna vera, quasi sicuramente una popolana. Un pittore sensibile, attaccabrighe, disperato ed arrabbiato. Una pittura dove la luce lavora con potenza e precisione ed intensità, a svelare tutto il significato della Realtà.
Non serve altro che la Realtà, se essa è svelata e descritta ed interpretata in modo non superficiale. Maddalena piange, è da sola e copre il suo volto a chiunque la voglia vedere, si piega sulla pancia e non si regge in piedi. Chi la dipinge sa cosa sta provando, e la dipinge con tutto il pathos di cui è capace. Ed è capace di molto, chiaramente, è Caravaggio.
Guarda il dolore, e impara da esso per diventare un essere umano decente. Questo devi fare. Non serve aspettare, non serve fingere che si mitighi, non serve voltare altrove lo sguardo. Serve che stai in silenzio, guardi ed ascolti. Magari imparerai quanto è potente e penoso il dolore degli altri.

lunedì 13 agosto 2012

donne dududu


allora..c'è un nuovo progetto qui da mistermagoo..sono benvenuti i vostri consigli, perché ancora non so bene come strutturarlo, e soprattutto quali personaggi scegliere, quali donne dududu.
Mi piacerebbe parlare di una Donna, ogni mese. Più o meno famosa, per più o meno motivi. Forte, mi piacerebbe. Lo sapete che a me piacciono i forti, alla Gutierrez. Una Donna che sia rappresentabile, per cui che abbia a suo carico dei libri, una biografia, un saggio, qualcosa che parla di lei, o per lei, scritto di suo pugno o da qualcuno che ha saputo fare un buon lavoro. Una Donna da ricordare,come quasi tutte le Donne del mondo.
Ho alcuni nomi in testa, ma i pensieri sono ancora fumosi..inizierò ad ottobre credo, dopo gli esami universitari..o forse anche a metà settembre, se ce la fo.
Ma nel frattempo aspetto i vostri sinceri consigli..spargete la voce che mi serve aiuto. Create una linea telefonica di salvataggio. Stampate dei volantini: "Dimmi qual è la Donna della quale vorresti sentire la storia". Dove il verbo "sentire" copre, chiaramente, molteplici significati.

venerdì 3 agosto 2012

mercoledì 1 agosto 2012

lughnasadh


il giro della Ruota dell'Anno prosegue imperterrito e stanotte cade un'altra importante festività. Sono i giorni del dio Lugh, i giorni del Raccolto..il mistero meraviglioso del nutrimento, del corpo come dell'anima, è celebrato in particolare in questo periodo dell'anno. Periodo di Luce, Abbondanza, Forza, periodo di matrimoni e falò, periodo di festa e ringraziamenti..il Calderone ci offre il nutrimento che ci servirà per prepararci alla discesa di Samhain..quindi godiamo del Raccolto, qualunque esso sia..e se non è granché, impariamo dagli sbagli a seminare dentro di noi con maggiore intensità, e di certo il prossimo sarà straordinario..

Direi che questo è proprio il momento giusto per parlare di cibo no? ;)
perciò vi ho messo qui a fianco il link di un nuovo blog, che una persona a me molto molto cara ha appena aperto..si chiama turistaculinario. Per ora godiamo dei post e delle foto, ma aspettiamo con ansia le ricette ne'!
l'ingrediente segreto, si sa, è sempre l'Amore, e in questo blog c'è pure quello.. ;) enjoy

domenica 29 luglio 2012

robin morgan


la traduzione è di Maria Nadotti.

CREDO DI UNA DONNA

Noi, esseri umani e donne, sospese sull’orlo del nuovo millennio. Noi siamo la maggioranza della specie, ma abbiamo abitato nell’ombra. Noi le invisibili, le analfabete, le sfruttate, le profughe, le povere.

E noi votiamo: mai più.

Noi siamo le donne affamate – di riso, casa, libertà, delle altre, di noi stesse.

Noi siamo le donne assetate – di acqua limpida e risate, di letture, d’amore.

Noi siamo esistite in tutti i tempi, in ogni società.

Siamo sopravvissute al nostro sterminio. Ci siamo ribellate – e abbiamo lasciato dei segni.

Noi siamo la continuità, intessiamo il futuro col passato, la logica con la poesia. Noi siamo le donne che tengono duro e gridano Sì.

Noi siamo le donne dalle ossa, voci, menti, cuori spezzati – eppure siamo le donne che osano sussurrare No.

Noi siamo le donne la cui anima nessuna gabbia fondamentalista può contenere.

Noi siamo le donne che rifiutano di permettere che si semini morte nei nostri giardini, nell’aria, nei fiumi, nei mari.

Noi siamo, tutte e ciascuna, preziose, uniche, necessarie. Noi fatte più forti, benedette, sollevate perché non uguali. Noi siamo le figlie del desiderio. Noi siamo le madri che daranno alla luce la politica del XXI secolo.

Noi siamo le donne da cui gli uomini ci hanno messo in guardia.

Noi siamo le donne che sanno che tutte le questioni ci riguardano, che reclamano il loro sapere, reinventeranno il loro domani, discuteranno e ridefiniranno ogni cosa, incluso il potere.

Sono decenni ormai che lavoriamo a dar nome ai dettagli del nostro bisogno, rabbia, speranza, visione. Abbiamo rotto il nostro silenzio, esaurito la nostra pazienza. Siamo stanche di enumerare le nostre sofferenze – per intrattenere o essere semplicemente ignorate. Ne abbiamo abbastanza di parole vaghe e attese concrete; abbiamo fame d’azione, dignità, gioia. Intendiamo fare di meglio che resistere e sopravvivere.

Hanno tentato di negarci, definirci, piegarci, denunciarci; ci hanno messe in prigione, ridotte in schiavitù, esiliate, stuprate, picchiate, bruciate, asfissiate, seppellite – e ci hanno annoiate. Ma niente, neppure l’offerta di salvare il loro agonizzante sistema, ci può trattenere.

Per migliaia di anni le donne hanno avuto responsabilità senza potere, mentre gli uomini avevano potere senza responsabilità. Agli uomini che accettano il rischio di esserci fratelli offriamo un equilibrio, un futuro, una mano. Ma con loro o senza di loro, noi andremo avanti.

Perché noi siamo le Antiche, l’Essere Nuovo, le Native venute per prime e rimaste, indigene come nessuno. Siamo la bambina dello Zambia, la nonna della Birmania, le donne del Salvador e dell’Afghanistan, della Finlandia e di Fiji. Siamo canto di balena e foresta pluviale; l’onda sommersa del mare che monta, immensa, a spezzare in mille frammenti il vetro del potere. Siamo le perdute e le disprezzate che, piangendo, avanzano nella luce.

Questo noi siamo. Siamo intensità e energia. Siamo i popoli del mondo che parlano – che non aspetteranno più e non possono essere fermati.

Siamo sospese sull’orlo del millennio: alle spalle la rovina, davanti nessuna mappa, il sapore della paura acuto sulle nostre lingue.

Eppure faremo il salto.

L’esercizio dell’immaginazione è un atto di creazione.

L’atto di creazione è un esercizio della volontà.

Tutto questo è politica. E’ possibile.

Pane. Un cielo pulito. Pace vera. La voce di una donna che canta chissà dove, melodia che spira come fumo dai falò campestri. Congedato l’esercito, abbondante il raccolto. Rimarginata la ferita, voluto il bambino, liberato il prigioniero, onorata l’integrità del corpo, ricambiato l’amante. Magico talento di trasformare i segni in significato. Uguale, giusto e riconosciuto il lavoro. Piacere nella sfida che porta, concordi, a risolvere i problemi. La mano che si alza solo nel saluto. Interni – dei cuori, delle case, dei paesi – così solidi e sicuri da rendere finalmente superflua la sicurezza dei confini. E ovunque risate, sollecitudine, festa, danze, contentezza. Un paradiso umile, terrestre, ora.

Noi lo renderemo reale, nostro, disponibile. Noi disegneremo la politica, la storia, la pace. Il miracolo è pronto.

Credeteci.


Siamo le donne che trasformeranno il mondo.

sabato 7 luglio 2012

domenica 1 luglio 2012

gilgames


alla conquista dell'immortalità è il sottotitolo di questo libro di Franco D'Agostino.
Per carità, di sicuro ce ne sono di meglio, ma mi è piaciuto perché oltre a presentare il testo, questo libro spiega la storia del ritrovamento delle tavolette dove è scritta la leggenda, e la parafrasi dei testi è ben comprensibile.
Ok, lo avete capito.
Non mi fregava niente della storia del ritrovamento, delle spiegazioni di mitologia o d'altro.
Mi fregava della storia. Calviniana al cubo, lo sapete, io credo ai miti così come sono. Non mi importano i riscontri con la realtà, geografica storica artistica.
E' tutto assolutamente vero per la nostra interiorità. E' vero che Gilgames ed Enkidu hanno viaggiato fino alla foresta così carichi di armi da avere più o meno trecento chili addosso. E' vero che Enkidu era cresciuto con gli animali ed era stato educato da una prostituta sacra. E' vero l'aspetto di Hubaba, il demone protettore del bosco di cedri, è vero l'aspetto del Toro Celeste, è vero il mare della morte, è vero Uta-Napistim a cui fu donata la vita eterna, è vero il fiore della giovinezza recuperato in fondo al mare. Sono vere tutte le imprese raccontate, sono veri tutti i sogni sognati ed interpretati, sono vere le incongruenze di spazio e di tempo.
Una delle più antiche grandi storie della Storia, che contiene tanti, ma proprio tanti elementi che verranno ripresi e sviluppati nei secoli..il Diluvio Universale, la Tauromachia, la spiegazione del Senso della Vita, le imprese eroiche straordinarie, le sfide impossibili, i mostri più spaventosi. Tutto è lì come dentro di noi, tutto esercita fortissima influenza sulla nostra vita psichica, tutto coinvolge la Donna Selvaggia che è in noi. E' per questo che è tutto vero, non c'è il minimo dubbio.

Che racconto fantastico. Quanto potere, amore, legami fortissimi ed imprese titaniche. Quanta vita.
Come dice la Zia Artemisia, che saluto assieme ai suoi bimbi di cui uno ha da pochissimo iniziato a vedere il mondo, dico anch'io: tutto torna.

L'ultimo dei cinquanta. Eccolo qua. Vivetelo.

sabato 30 giugno 2012

sirene sulle ferite aperte..


anche qui posto lo scritto di Lulù, un bellissimo regalo visto che in questo periodo sta scrivendo solo per se' stessa e per ora non mette nulla online..prendetevi un quarto d'ora e leggetevelo che vale la pena. Grazie Lulù..


Quando la finestra tra la vita e la morte si apre, tocca a te. Sali sul davanzale e non fingere che sia per caso. Tocca a te salirci. Alle tue spalle c’è l’abisso, davanti a te la Tempesta.

Uno sguardo ai tuoi piccoli piedi incerti, e non è più tempo di indugi.
Lo so come ti senti, sorella d’acqua. Provi paura per la muta imminente – presto i tuoi piedi spariranno in una fredda mezzaluna di scaglie, dolorosa natura che sposa il nero dell’oceano.
Sensi di colpa ti assalgono al pensiero del danno che compirai, perché sai bene che se alcuni dovrai consolare, molti di più dovrai ferire mortalmente. E poco importa che lo farai con la voce e non con la spada: anche la più bieca delle creature conosce il potere delle parole, anche solo sussurrate.
Non temere sorella, le creature che ferirai mortalmente, sono già assassinate da sé. Hanno negato la loro natura fino a chiamarsi uomini. Non riconoscono il volto della Grande Madre neanche quando appare loro in sogno. Il danno, per tanti di loro è irreparabile e già commesso da lungo tempo. E non sempre a causa di mutilazione fisiche che li colgono dalla nascita: per metà di loro, assenza di seni e protrude sesso deforme.

Sorella d’acqua, non indugiare oltre: in piedi sul davanzale, sciogli la tua chioma in risposta ai capelli di mare che scendono dalla chiglia di quercia quando si solleva dalle acque in tempesta. L’oceano stringe il legno, il busto omaggio alla Madre non può bastare a quietare; suona irriverente lo stesso nome, gomena. E c’è chi pensa sia vilipenda, simbolo di possesso umano.
Nella tempesta che scuote la fragile fattura di quercia, loro dimora in mare, codeste creature avranno in sorte di incontrare noi. Lo vedi l’uomo che l’onda impetuosa ha gettato in mare? Agita convulse le braccia nell’istante della fine: sorella corri, consola il suo spirito liberato dalla paura della fine. Che la sua fine sopraggiunga tra le tue braccia. Nell’istante che le guance scoloriscono, ci sia in dono la vista dei tuoi turgidi seni, iridescenti di madreperla e sormontati da idrozoi rotondi. E per quest’uomo che rovescia gli occhi nel tuo abbraccio, non dimenticare che dovrai preparare una coperta di fiori marini. Vibrante violetto, blu di luce o bianco candido, il colore lo lascio scegliere a te. Abbi cura di inserire un rametto di corallo tra i suoi capelli. Avvolgi il corpo di questa sfortunata creatura con amorevole attenzione, che la morte la trovi così sul fondo degli abissi: avvolta da fiori, con membra rigide in un’ultima smorfia di felice consolazione. Quale più grande consolazione che comprendere nell’istante della morte la propria natura di figlia della Madre? Non dimenticare mai che ogni uomo è figlia, anche se inconsapevole e degenere.
Sorella, vedi bene anche tu, non hai completato la missione. Devi correre in fretta lassù, tra le onde spumeggianti. Quelli da ferire all’amo della tua voce si muovono lungo il tavolato di legno urlandosi l’un l’altro. E tirano corde come volessero impiccare i venti. Vogliono dominare il mare e la terra. Con gli stessi ami sventrano ogni animale finanche l’anima del mondo – anche tra loro non lesinano agguati mortali. Adesso tocca a te, amica d’acqua. Agita la tua semiluna di scaglie lucenti, libera parole che restituiscano ai loro occhi ciechi l’immagine della meravigliosa natura nascosta anche dentro i loro petti: natura di femmina censurata, violentata, uccisa in età precoce. E se di amore per te cadranno riversi sul pontile, aspetta che un’onda gentile li porti tra le tue braccia. Altri si lanceranno tra le onde anch’essi inconsapevoli che il tuo viso è specchio della loro natura. Ovviamente non meritano miglior favore di chi tenta di tapparsi le orecchie per non udire il tuo canto.
Non tentennare, ricorda che il danno queste creature l’hanno giù subito, e mortale: ciascuna ha ucciso la sorella che ha dentro di sé. Fantasmi che esistono senza vivere, incapace di guardare anche se muniti di telescopi a specchio parabolico comandati da microprocessore, incapace di udire anche se gratificati da impianti audio da miliardi di chilowattora. Queste creature che si dilettano a chiamarsi uomini, vengono trafitte dalla nostra voce, ma altrimenti non capiscono; risultano inutili tutte le parole mute con cui pure si baloccano e giocano: libri, internet, talk show e reality.
Cara sorella, accetta il tuo destino, e il loro. Gli uomini non meritano di solcare le acque. E’ con gran sofferenza che si muovono nel mondo incapaci di dar amore, finanche ai loro figli.

Sorelle cieche.

Sorelle tristi.

Sorelle di dolore.
Sorelle inconsapevoli di essere sorelle.

Libera la tua voce. Seduci e rovescia lo specchio della loro identità fasulla. Ferisci. Uccidi. E per ciascuno preoccupati di allestire con amore una coperta di fiori marini; il colore lo lascio scegliere a te: violetto vibrante, blu di luce o bianco candido, vanno tutti ugualmente bene. Ti raccomando, non dimenticare di apporre tra i capelli di ciascuno un rametto di corallo. Che la Morte li trovi così, avvolti da un manto di fiori marini. Solo alcuni con labbra piegate in una smorfia di comprensione, tua consolazione nell’istante della fine.

venerdì 29 giugno 2012

storie di anguane


domani scade la cinquantesima settimana, ed eccomi qui col libro numero quarantanove.
Il cinquantesimo ve lo posto domani sera, last minute:)
Intanto parlo di questo gioiellino scritto da un'autrice anonima che si firma AnguanaMadre (ovviamente), e che parla solo ed esclusivamente, appunto, di Anguane. Libri sugli esseri fatati ce ne sono tanti, ma "monografie" su un solo genere, fra l'altro abbastanza circoscritto (dicono) dal punto di vista geografico, sono più rare.
Le anguane sono degli esseri molto conosciuti soprattutto qui da me, in Veneto, ma anche in varie altre zone del nord italia, e per chi non le ha mai sentite si potrebbe dire che assomigliano un po' alle sirene..sono esseri legati talvolta ai boschi ma soprattutto all'acqua, fortissimamente, ma hanno le gambe, anche se secondo i cristiani nascondono piedi e gambe caprini sotto le vesti..stanno nascoste alla vista dei mortali ma quando appaiono sono ammaliatrici, bellissime, irresistibilmente seducenti e bravissime in tutto ciò che fanno, sia curare la casa che guarire con le erbe che crescere i figli. Sono tremendamente vendicative se vengono offese o maltrattate, ma non tradiscono mai una promessa. Alcune sono delle vere e proprie combattenti, e a cavallo di furiosi destrieri neri spazzano le valli la notte di Samhain per punire chi va punito..ma tutte, anche le guerriere, sono pietose con chi è buono e capaci di atti di enorme bontà e gentilezza..
Ah perbacco! Non assomigliano tanto alle sirene..assomigliano alle donne..

Credo serva poco altro per esprimere la dolcezza ed il fascino che mi ha trasmesso questo libro. Raccoglie nella sua prima parte una lunga descrizione delle caratteristiche delle varie Signore Anguane ed un elenco di luoghi dove vivevano e vivono (luoghi dove, un po' alla volta, io ovviamente sto andando a passeggiare per dare un pensiero alle mie sorelle..).
Nella seconda sezione ci sono poco più di trenta magnifiche storie, raccolte dalla cultura popolare ed alcune ancor oggi raccontate dai vecchi dei nostri paesini, storie tutte da leggere e gustare. E, non servirebbe nemmeno dirlo, tutte vere.

venerdì 22 giugno 2012

Italia S.p.A.



l'ho letto così questo libro, con la cicca e l'aria perplessa come quando si leggono le rogne quotidiane sui giornali del mattino. Quasi mi dimenticavo che è stato scritto e pubblicato nel 2002..me ne sono ricordata quando ho letto "vedremo", o "forse fra cinque anni..", ed ho realizzato che allora Settis non sapeva quanto drammaticamente aveva ragione. O forse lo sapeva ma per pietà verso la nostra nazione, verso noi cittadini e verso se' stesso, lasciava margini di dubbio e speranza.
Non che non ci siano più speranze, per carità. Proprio come mi ricorda lo stesso Settis in questo libro, alla fine Crono venne sconfitto dall'unico figlio che non era riuscito a mangiarsi, Zeus. Ora, non so quanto Monti sia paragonabile a Zeus..comunque almeno non è uno di quelli di prima, governo di destra o di sinistra conta poco, per quanto riguarda l'attentato legislativo che da decenni viene perpetrato contro i Beni Culturali.
Il libro parla di questo, di come un ministro dopo l'altro, un disegno di legge dopo l'altro, una commissione dopo l'altra (e tutto è scritto in minuscolo non a caso), si stia svalutando, alienando, schiacciando, abbandonando il solo patrimonio che è di tutti i cittadini, dal più ricco al più povero, dal più colto al più ignorante, dal più felice al più sfortunato. Quel patrimonio che da ben prima dell'unità d'Italia è stato coltivato, valorizzato, tutelato, reso unico e pubblico pian piano ma inesorabilmente, in un delicato ed amorevole processo che ha portato al tanto apprezzato (all'estero, chiaro, qui ce ne strafottiamo) "modello Italia" della gestione dei Beni Culturali.
L'analisi è così lucida, precisa, chiara nei contenuti e comprensibile nel linguaggio, da lasciare senza parole, veramente. Perché lo stato disastroso in cui versa il patrimonio culturale lo vedo anch'io, lo vediamo tutti, ma la serie di procedure e scelte politiche delinquenti (sì, DELINQUENTI) che ci hanno portato qui..beh..non ne avevo idea, e giuro mi viene da piangere.
Il bello, in mezzo a tutta la merda, è che a me personalmente questo libro ha lasciato anche una certa voglia di fare, di smetterla di tacere, di non restare più impotente a guardare.
C'è poco da fare forse, ma quel poco va fatto per poter rimanere cittadini e non clienti. Perché il Patrimonio culturale è nostro, di tutti noi, e non è un cazzo di supermercato.
Perché i soldi in questo campo non contano niente.
Perché se proprio vogliamo guardare ai soldi dobbiamo guardare l'indotto complessivo che fruttano i Beni Culturali (leggi: soldi spesi in alberghi, ristoranti, trasporti, souvenirs, scarpe, libri, musica, spettacoli, conferenze..) e non solo la quantità di biglietti di museo venduti.
Perché secoli e secoli di lavoro meticoloso e ben fatto non finiscano al vento.
Perché vogliamo dire a voce alta che il Valore è altro da quello che si vende e si compra.
Perché Noi (questo va in maiuscolo) siamo lo Stato.
Perché non vogliamo che ci venga strappato di mano il solo Bene che appartiene a Noi tutti.
Perché vogliamo tenerci ciò che ci appartiene, e poterlo regalare ai nostri figli.

Leggiamo libri come questo. Scriviamo ai giornali. Iscriviamoci al FAI, a ItaliaNostra, per dire le prime due che mi vengono in mente. Visitiamo i musei e lasciamo i nostri commenti. Parliamo con gli amici di queste cose. Insegniamole ai nostri bambini. Scegliamo con altri criteri a chi ed a cosa destinare le nostre preferenze, di lettura, di spesa, di frequentazione..

Per quanto sta in me, dico no. Lo diceva Camus.
Yes, we can. Lo diceva Obama.
Ogni viaggio comincia con un passo. Lo diceva Lao Tze.
E noi Italiani cosa diciamo?

te lo leggo negli occhi...(hai bisogno di me..)

canto a Notte Madre delle Streghe

riporto, qui e pure DentroleNebbie, questo magnifico canto la cui autrice, Elke, merita ampiamente che andiate a trovarla sul suo blog, http://ilgiardinodipsiche.blogspot.it

Ecco qua :)


La Prima Nata
colei che porta i Canti,
la Madre di Stelle
che fu prima fra gli Dei ad unirsi in Amore,
che portò alla luce Luce, Fato e Giustizia,
che guida con la sua mano i Sogni,
che versa il dolce Sonno sugli occhi,
che quieta il dolore con la sua venuta,
che sotto il suo manto tiene la Morte,
che ha intonato la prima nennia,
che benigna cela gli Amanti,
la sacra, sacra Notte.

Fra le sue porte d'Aurora si destano
sogni di uomini e animali notturni,
nelle sue stanze infinite di cieli stellati
si dispiega ed alta vola la Magia,
tra i veli invisibili che stende al tramonto
avvengono danze di Fate e cerchi di Streghe,
e tutte insieme culla le tue Figlie amate,
e per loro decreta un dolce Fato:

"Figlie del tenero buio,
sorelle delle civette,
voi dagli occhi luminosi
voi che v'intrecciate in danze come rami,
per voi scelgo in dono Libertà.
Se di giorno vi si vuole tacite e sottomesse,
se di giorno vi si vuole belle e intraprendenti,
se di giorno vi si vuole astute e fredde,
fra le mie braccia potete essere ciò che siete,
fra le mie braccia potete essere Vere,
fra le mie braccia potete Essere.
E correre, e ballare, ed amare selvaggiamente.
E ululare come lupe e nuotare come rane.
E volare come gufi e saltare come capre.
E cacciare come gatte e avvolgervi come serpi.

Al lume di luna, alle fiamme del fuoco,
al chiaro di lucciole, alla luce degli sguardi,
gettate maschere e costumi,
venite! Correte!
Lasciate la casa sopita, Regina Notte v'attende!

Lasciate il letto del Marito,
ben più dolce talamo è il muschio,
ben più dolce è l'abbraccio di Notte!
Lasciate il tetto del Padre,
ben più dolce rifugio è il bosco,
ben più dolce è la casa di Notte!
Lasciate la folla che vi giudica,
ben più dolce compagna è la volpe,
ben più dolce è la presenza di Notte!
Lasciate la falsa amicizia,
ben più dolce compagnia sono le Sorelle,
ben più dolce è l'armonia di Notte!

Di tutti i misteri che accadono nel mio grembo
io nessuno ne rivelo, e da prima del primo giorno,
sotto le mie tenebre sta la sorgente degli Incantesimi.

E dopo corse su monti e danze,
quando le Fate han cantato i canti,
e la Luna è andata avanti,
portate Libertà e segreti nel cuore
poiché quando Sole sparge il suo rossore
nulla rimane sull'erba della Malia,
se non un cerchio più verde mentre Notte va via."

sabato 16 giugno 2012

Bill Readings, 1996


il processo di americanizzazione oggi (a differenza che durante la guerra fredda e le guerra di Corea e del Vietnam) non significa più il predominio della nazione americana, quanto piuttosto la diffusione e realizzazione globale di un'idea della Nazione americana ormai del tutto priva di contenuto e basata sul denaro e su un vuoto concetto di eccellenza.

Pasquale Villari, 1872


Non bisogna guardare alla luna; non bisogna ragionare come se fossimo diversi da quel che siamo; non bisogna ogni notte sognare la Germania come una volta si sognava la Francia. Bisogna innanzitutto studiare l'Italia. Noi siamo entrati in un'officina, abbiamo preso una ruota che comunicava il suo meccanismo a cento altre, l'abbiamo isolata dal resto e restiamo sorpresi perché non pone in moto più nulla. Un meccanismo, trasferito da un Paese all'altro, non porta necessariamente dappertutto i medesimi risultati. La scuola è un'istituzione feconda solo quando stende le sue radici su un suolo fertile, da cui raccoglie la forza che poi trasmette moltiplicata.



Villari sarebbe poi diventato Ministro della Pubblica Istruzione. Nel 1872 c'era Re Vittorio Emanuele secondo; erano ancora vivi Napoleone terzo e Manzoni, la Serenissima era caduta neanche ottant'anni prima..Sì insomma, non è che fossimo in un paese all'avanguardia dal punto di vista politico ideologico..Forse il quoziente intellettivo medio era più alto, o la cultura meglio spartita..boh..fatto sta che questo brano mi ha quasi commossa, in positivo per la grandezza dell'uomo, pur sempre italiano come me, in negativo pensando se sarebbe possibile, oggi, sentire Profumo fare discorsi del genere..

Di mio, piccolissima, aggiungo che oltre alla scuola con queste parole si può discutere di Beni Culturali, Economia, Turismo, Infrastrutture, Politica Estera....

giovedì 7 giugno 2012

il profeta


come praticamente tutti hanno fatto, ho letto questo libro alle scuole superiori, e già allora mi aveva dato molto.
E' chiaro che, essendo straordinariamente vasti gli argomenti che tratta, con qualche anno in più ed un percorso un po' tortuoso come il mio, beh leggerlo oggi ha un altro sapore.
Col passare del tempo, se decidi di cercarti e vivere la tua vita più appieno che riesci, è proprio vero che guardando la realtà passata e presente ti accorgi di cose che al momento non avevi notato, cose che ti fanno capire meglio cosa sta succedendo alla tua vita, dove ti stanno portando certe scelte, cosa ti hanno lasciato in eredità certe situazioni.
Per me, è in questo senso che leggere Gibran aiuta. Con i suoi insegnamenti di vita sempre attuali e profondissimi, è perfetto ad ogni bivio, ad ogni resa dei conti, ad ogni occasione in cui decidi di fermarti, fare mente locale e renderti meglio conto di ciò che stai attraversando o hai attraversato. Letto così, per me perde quella sua patina trita da "libro del quale si leggono sempre gli stessi brani ai matrimoni", e diventa un libro da tenere lì, lungo il cammino.
Ritrovo anche qui l'amore per la Primitiva Veggente e per lo stile di vita che da Essa viene proposto, per chi ci crede.
Ritrovo il piacere della semplicità, raggiunto dai semplici in modo spontaneo, da chi è più complicato in seguito a lunghi e faticosi scavi dentro se' stessi e nel proprio pensiero.
Ritrovo dei consigli chiari e facili da ricordare, ma per la gran parte difficili da seguire.
Ritrovo un costante inno alla Vita, cantata con immenso amore in ogni parola, in ogni pausa, in ogni consiglio offerto ed argomento trattato.
Ritrovo Gibran. Uno spettacolo.

martedì 5 giugno 2012

mare al mattino


di Margaret Mazzantini avevo letto solo "Zorro un eremita sul marciapiede", anni fa, e ricordo che mi era piaciuto tanto. Poi, semplicemente, non è più arrivata sul mio cammino. Oggi ci arriva con questo libriccino che è un gioiello, per tante ragioni. Intanto, come sempre parto dal linguaggio, che è un diretto come quello degli scrittori irlandesi ed asciutto come gli eredi di Pirandello, Verga e Sciascia. Leggo che lei è nata a Dublino. Ah ecco.
Le parole servono quando c'è qualcosa da dire, e non ne servono troppe, solo quelle necessarie, scelte, giuste per il concetto. Questo mi sembra di intuire che sia un obiettivo ed una regola di Margaret. E mi piace.
La storia sono tre storie principali intrecciate ad altre secondarie. Due storie sono all'interno della stessa famiglia, l'altra è un'attualità che crediamo di conoscere ma che purtroppo invece spesso ignoriamo, un po' perché siamo tenuti all'oscuro un po' perché ci va bene. Siamo stanchi. Di dolore, di povertà, di diritti negati, di sporcizia. Di profughi, delinquenti, barconi sulle spiagge, bambini morti, dittatori che fanno i loro porci comodi per anni. Siamo stanchi di guardare il male e lo schifo. Soprattutto se sono il male e lo schifo degli altri.
Col cazzo.
Il male e lo schifo degli altri sono il nostro male ed il nostro schifo. Non c'è storia. Abbiamo il diritto di chiudere gli occhi e riposare ogni tanto, ma non possiamo credere di non essere coinvolti, non possiamo smettere di commuoverci e provare empatia verso l'Umanità.
Così la Mazzantini racconta di profughi ed emigrati. Italiani poveri ed innocenti portati in Libia da un governo, quello fascista, che povero ed innocente non era. Che in Libia ci hanno vissuto e lavorato, e poi sono stati cacciati come reietti, trattati peggio delle bestie più schifose, da Gheddafi e dai suoi, lo stesso Gheddafi che qualche anno fa è venuto qui a far festa con Berlusconi e signorine varie. Quegli italiani, una volta tornati in Italia, erano tripolini, e furono emarginati e dimenticati.
La storia di Vito, italiano figlio di una tripolina, Angelina. Della stessa Angelina, cacciata dalla Libia con i suoi genitori quando aveva undici anni, e che ha ancora la vita tagliente come una lama, dentro. Le altre storie, quella dei genitori di Angelina, quella di Alì che da bravo bimbo coraggioso è diventato membro dei servizi segreti del raìs.
E la storia di Jamila e Farid. Straziante quanto dolce e vera e terribile. La storia di due vittime della guerra e del mare e del disinteresse. La storia di due ragazzini, lei madre ventenne e lui figlio che potrebbe essere un fratello minore. Farid che muore in braccio alla mamma mentre sono su un barcone della speranza che ha perso la rotta e finito il carburante. Jamila che è rasserenata di non essere morta prima di lui, perché aveva il terrore di lasciarselo cadere dalle braccia e che lui restasse solo in mezzo a quella gente resa crudele dalla traversata senza arrivo e dalla sete, solo senza la mamma.
Storie che finiscono più o meno bene, come per Angelina o per Vito, e storie che finiscono e basta, come per Jamila e Farid. Storie che meritano di essere raccontate ed aiutano a riaprire un po' gli occhi che avevamo chiuso per la stanchezza.