sabato 23 ottobre 2010

che paese, l'america


Rabbrividisco da sola di fronte alla mia ignoranza, dato che non sapevo che Frank McCourt, autore del romanzo, è anche autore di "Le ceneri di Angela", del 1977, per il quale vinse nientemeno che il Pulitzer. Rabbrividisco nuovamente mentre scrivo che io Le ceneri di Angela non l'ho letto. Chiedo venia.
Parlo quindi di quello che ho letto, e che da ignorante quale è ormai dimostrato che sono ho trovato intenso, pieno di vita e di storie di vita come piace a me, fresco e diretto in pieno stile irlandese (come sempre l'Irlanda e i suoi prodotti non mi deludono, pur essendo McCourt nato a New York), nuovo nelle idee e pieno di speranze, pur descrivendo le vicende di chi scappa dalla povertà per arrivare dritto in mezzo ad altra povertà. Il protagonista ce la fa: sceglie un percorso che non è tipicamente quello da sogno americano, non fa tanti soldi, il suo matrimonio finisce per fallire, seppellisce sua madre e torna in Irlanda al funerale del padre alcolizzato che non vedeva da anni.
Quando dico che ce la fa quindi, non intendo che tutto gli funziona perfettamente, che si inserisce nella società (e quale cazzo sarebbe la società in cui inserirsi?, viene da pensare leggendo il libro), che vive per sempre felice e contento. Questo è un romanzo che parla della vita vera, e nella vita vera non succede mai che ti vanno tutte dritte, anche quando magari credi che sia così. Vedi il post sulle scelte. Anche se si ottiene molto, prima o poi si paga sempre.
Il romanzo è quindi l'emblema che quasi tutto è più difficile di quanto pensavamo, è l'emblema che l'impegno e l'umiltà pagano anche se non sempre nel senso più immediato che potremmo intendere, è l'emblema che i soldi non fanno la felicità ma comunque un pochini bisogna averne, e soprattutto che quando sono coperte almeno le necessità essenziali non si dovrebbe proprio mai lamentarsi.
Sempre avanti quindi, sempre spingendo verso quello che per te è il meglio, ma senza continuare a tormentarsi di ininterrotte inutili questioni. Perché a volte se pensi troppo finisce che non combini un tubo.
Concludo con una frase della madre del protagonista, che ha tirato su i figli da sola e senza un soldo, che ha patito come tante e tante madri irlandesi alcune delle quali sono state nominate pure in questo insulso blog. Una frase da appuntarsi sul frigo insieme a tante altre.
"Nessuno ha così tanto da fare da non riuscire a farsi una tazza di the decente, e se davvero ha così tanto da fare allora una tazza di the decente non se la merita, e in fondo che senso ha la vita? Siamo nati per avere tanto da fare o per stare a chiacchierare davanti a una buona tazza di the?"
Bisogna che mi procuro "Le ceneri di Angela".

mercoledì 20 ottobre 2010

simposio


Questo è considerato il più bello degli scritti sull'amore di tutta l'antichità.
Basterebbe per convincere chiunque a leggerlo, questo che è veramente un dialogo straordinario, che proprio non ti capaciti di come potesse Platone avere quell'incredibile testa.
I personaggi si trovano a cena, e ad un certo punto decidono che, a turno, ognuno deve fare un discorso di encomio sul dio Eros. Ecco, detta così sembra l'inizio di un qualsiasi romanzetto. E invece è una delle raccolte di pensieri sull'Amore più intense, profonde, insolite, affascinanti che io abbia mai letto. E, dato che il libro è ancora famosissimo dopo 2400 anni, dev'essere stata una lettura incredibile anche per molti altri migliori di me.
Eros, il vero motore della vita, colui che anima ogni pensiero nobile e buono, colui che stimola gli uomini a compiere le azioni migliori, colui che tira fuori il meglio di ognuno, la forza che fa muovere tutto, colui che può portare gli esseri umani all'immortalità.
L'amore qui è nobile e potente, ed è quello che non guarda il genere sessuale, il denaro, il potere politico, ma guarda la bellezza. Inizialmente si intende la bellezza fisica, per poi salire di livello, all'intelligenza, alla volontà di apprendere, alla bontà d'animo e alla correttezza, fino ad arrivare alla Bellezza, quella assoluta. Che ispira l'amore, quello assoluto. Se mai capirò bene quali sono, cosa sono, la Bellezza universale e l'Amore universale, ve lo faccio sapere.
Ma intanto è una meravigliosa fonte di speranza sapere che ci sono.
E' una meravigliosa fonte di speranza leggere il complesso ma chiarissimo pensiero di Socrate sull'argomento.
Perchè i pensieri espressi qui, nel Simposio, sono così sensati, intelligenti, convincenti e chiari che, almeno un po', ti viene da crederci. Perchè se già sono esistiti, essere umani come questi, puoi credere che ne esista qualcuno anche oggi, o che esisterà.
E in fondo, se ci credi, se almeno ci speri, tutto può succedere.

giovedì 14 ottobre 2010

baccanti


Ragazzi, WOW!!! Se Medea era cattiva e matta, le signorine protagoniste di questa tragedia lo sono altrettanto, ma sono tante. E quindi fanno un vero, assoluto, incommensurabile macello.
La fantasia di Euripide si è scatenata, e quel che è più pazzesco è che molti riti da lui descritti sono veri, appartenevano ad un'epoca un po' precedente la sua ma erano ancora ben vivi nella memoria di tutti.
Questa è una delle tragedie più famose della storia, è considerata l'ultima vera grande tragedia, quella che indica la morte di questo genere. Gli autori successivi furono tutti considerati imitatori di Euripide, tutti a scrivere per un genere evidentemente in stato di esaurimento e declino.
Ma se le Baccanti segnano la fine della tragedia, beh è proprio il caso di dire che se n'è andata col botto.
Una storia disperata, in cui la hybris del re Penteo viene punita in modo a dir poco esemplare da Dioniso. Dioniso, Bacco, con l'innegabile fascino che ha, lui che ha regalato a tutti gli uomini, poveri o potenti, "la quieta gioia del vino", lui che più di ogni altro personaggio di realtà o fantasia nella storia rappresenta il "lasciarsi andare", "smarrire la ragione", perdersi nei riti mistici, con la danza, la musica, le urla, la frenesia. Lui, Bromio, il Fremente.
E chi non ci crede, chi non ha rispetto per lui, chi dice che non è un vero dio ma solo un ciarlatano che vuole usare le donne, chi non crede che sia davvero un figlio di Zeus, chi vuole togliergli la libertà, i fedeli e le baccanti sue devote, ne subirà la giusta, indignata ira.
Non potete perdervi come il dio fa lentamente perdere il senno anche a Penteo (che non crede in lui e anzi vuole imprigionarlo) e lo svergogna di fronte al popolo di Tebe, di cui Penteo è il re.
Non potete perdervi i canti del coro in onore di Dioniso, canti che sembrano d'amore, più che di onore.
Non potete perdervi Agave che marcia trionfale con la testa del figlio, come un trofeo.
Non potete perdervi il furore, la violenza, la follia, il misticismo, la passione, la potenza.
Non potete perdervi la tragedia.

mercoledì 13 ottobre 2010

ermes


Il romanzo è il primo di Simonetta Poggiali. E' ambientato a Napoli, la Napoli di oggi sporca cattiva e difficile, ma con alcuni angoli che ti regalano ancora sospiri, sorrisi e sogni.
Comunque una città violenta, dove la delinquenza fa da padrone, dove tutto o quasi si fa per convenienza o per paura o per onore. C'è poco amore nella Napoli di questo libro, poca amicizia, pochissima tenerezza.
Però c'è il protagonista, Luigino. Un adolescente grasso e dolce che fa il duro, che fa il corriere fra chi paga il pizzo e chi lo riscuote. Ma che immagina un altro futuro. E anche un altro presente. Che si affeziona. Si innamora. Che ama le cose fresche e pulite e il rispetto dato per merito e non per paura. Che si pone delle domande. Che prova a rispondere. Che soffre in silenzio ma non è sopraffatto dal dolore al punto di diventare freddo e crudele. Che mantiene la sua sensibilità.
Luigino che a suo modo dice basta a tutta la merda. Luigino che è grasso ma vola sul motorino, per portare le mesate dei negozianti ai suoi superiori, ma anche per andare a Marechiaro con gli amici e Ninetta, che lui ama sinceramente e forse è ricambiato, almeno finché il fidanzato di lei non esce di galera per tornare a comandare e spaventare il quartiere.
Luigino che come Ermes è un messaggero. Che porta con se quello che gli fanno portare, e che accompagnerà anche l'amata in un viaggio di quelli epici.
Luigino, che alla fine in un certo senso non ce la fa, ma che ci prova, come è capace, e in questi tempi e in quella realtà è già tanto, tantissimo.
Ermes, il semidio messaggero degli dei. Luigino, così meravigliosamente, poeticamente, crudamente umano, si sente come lui. E vola.

giovedì 7 ottobre 2010

l'arte d'amare


ovidio è un gran figo, ve lo dico proprio fuori dai denti.
Mi sono tanto, tanto divertita leggendo questo libro, così moderno, allegro, scanzonato, diretto. E poi c'è il fascino indubbio che hanno i libri molto vecchi e molto pieni di divagazioni e storie che noi non conosciamo o conosciamo solo a metà.
Al di la' di tutto comunque, ho veramente riso tanto, perché non mi sarei mai aspettata di leggere un manuale per conquistare le donne e gli uomini, per tenerseli, per fare bene l'amore, che fosse scritto duemila anni fa e risultasse così attuale! Mi viene da dire che il cristianesimo ne ha proprio fatti di danni...ma non divaghiamo.
Fra le varie cose che ho imparato ci sono le seguenti: che l'adulazione è sempre, SEMPRE una delle armi migliori per conquistare chicchessia. Che le bugie certe volte è meglio dirle. Che quando si fa arrabbiare una donna, un ottimo modo per ricucire è il sesso, bollente e fatto bene. Che, per le donne, tutto si consuma tranne "lei". Giuro che lo ha scritto proprio Ovidio!!! Fantastico..

martedì 5 ottobre 2010

trilogia sporca dell'avana -senza un cazzo da fare


ve lo dicevo che l'avrei postato, prima o poi.
La scrittura è schietta, sporca, cattiva e un tantino pornografica.
I temi sono schietti, sporchi, cattivi e un tantino pornografici.
Come la vita. Come la vita a Cuba. Come la vita all'Avana.
Le idee espresse sono a dir poco potenti, incisive, straordinariamente lucide nella loro apparente confusione. Molto, ma proprio molto di quello che c'è scritto in questo breve romanzo rappresenta il mio modo di pensare ed approcciarmi alla vita. Impulsivo, impudente, improvviso, implacabile. Generoso, utopista nonostante tutto, sarcastico, sognatore.
Le donne del libro sono le donne dell'avana, mulatte nere bianche, stupende, schiette, furbe, troie, innamorate del sesso del rum della marijuana e della vita.
Donne che ti mandano in acqua il cervello, che ti fanno capire perché la gente ama ancora Cuba pur nella crisi, senza acqua, senza cibo, senza soldi. Senza un cazzo da fare. Donne -e uomini- che scompigliano il paesaggio. Che scompigliano i pensieri. Che scompigliano le budella e gli ormoni.
Qui ci sono strani fantastici tipi seduti sulla terrazza, strani fantastici tipi seduti sul malecon, strani fantastici tipi seduti sul marciapiede. Infermiere porche, che sono le migliori. Ex poeti/giornalisti/scrittori che vivono vendendo quello che raccattano e sfruttando la propria fidanzata che si prostituisce coi turisti. Donne che dopo tre figli, senza cibo, palestra ne' creme hanno ancora corpi incredibili. Gente che canta per strada, gente che aspetta in fila per la razione mensile di riso, o di rum, o di sigarette, decidete voi.
Un libro che, sì, descrive un protagonista e vari personaggi "senza un cazzo da fare", ma nel quale non puoi non vedere la frenesia, la golosità, l'irrequietezza, la passione con cui si vive.
Un protagonista che si sente vecchio ma gira con un ritmo che qui neanche se hai vent'anni e ti sei appena fatto di cocaina.
Leggetelo, leggetelo, leggetelo.
Godete, godete, godete.

lunedì 4 ottobre 2010

tu sei lei

Otto scrittrici italiane. E' il sottotitolo.
Otto racconti brevi, molto contemporanei, con un linguaggio fuori dagli schemi, intendendo per schemi i romanzi alla Bridget Jones. Occhio, io la adoro Bridget Jones, lo stile di quei libri mi piace e mi diverte molto. Semplicemente, in questa raccolta quello stile non c'è.
Di un paio di racconti non ci ho capito niente, non ho apprezzato la brutalità. Altri invece mi sono piaciuti , e c'ho anche capito di più.
Scrivono crudo, quasi tutte, altre usano una scrittura da sceneggiatori, da teatro.
Chi parla di maternità, chi di emarginazione, chi di contorti triangoli.
Tutti i racconti finiscono più o meno male. Ecco, questo mi ha colpito, la scelta di descrivere il negativo, il triste, la decadenza.
Nessuno ha il classico lieto fine, all'americana per capirci. Neanche all'europea. Quanto sono europee queste italiane. Europee nel senso che come la vecchia e vissuta e un po' marcia Europa non hanno quella visione speranzosa (un po' illusa?decisamente "giovane") da sogno americano, europee perché si vede che non scrivono più le solite storie, le solite trame, i soliti finali, i soliti punti di vista, e cercano..cercano. Basta.
Non posso onestamente dire che questo sarà nella lista dei miei libri preferiti, ne' che ho apprezzato particolarmente alcune storie e alcuni modi di scrivere, troppo strani per me. Ma altrettanto onestamente dico che davvero va molto apprezzato il tentativo, a volte più riuscito a volte meno (ovviamente per il mio gusto) di queste scrittrici, che sono moderne nel senso più proprio del termine, pur vivendo una situazione che spingerebbe, per avere successo, a scrivere in modo più convenzionale. Mentre loro no. Provocatorie, nuove, originali, mai banali, bislacche. Come spesso dico, l'arte è lo specchio dei tempi. Ed è bello vedere che anche in questi tempi in cui molto sembra svenduto, qualcuno sceglie la via meno battuta. La propria.