venerdì 25 febbraio 2011

il mercante di venezia


ancora Shakespeare? beh, sì.
La storia la conosciamo tutti, e lo stile dell'autore pure, ma non mi stufo di esultare per quanto mi piaccia leggerlo! Colpi di scena, intrighi, imbrogli, amore a profusione, promesse e voti, paura, razzismo, avarizia e vendetta e odio, sollievo e scelte difficili..la tenerezza per Antonio ti attanaglia e ti fa pensare a te stesso o a qualcuno che conosci (dipende dai casi), persone che se innamorate danno tutto e non chiedono indietro niente, e magari fanno la figura degli ingenui, degli stupidi. L'ammirazione per Porzia, onesta intelligente e leale, che però sa farsi incredibilmente furba per una giusta causa, non può non farti pensare a tutti i "furbi" del nostro tempo, che di certo non sono onesti intelligenti e leali, ne' tantomeno sono interessati alle giuste cause.
L'affetto fraterno per Lorenzo e Bassanio, due spiantati sì ma che sanno amare con tutti se' stessi, anche perché da dare non hanno altro, ti fa sorridere e chiudere gli occhi.
Ancora Shakespeare? beh, sì.
Per dire che dopo quattrocento anni ti lascia col fiato sospeso e ti sorprende con di quelle trovate che..fantastico.
Come dicevo l'ultima volta che ho parlato di lui, è chiaro che noi lo leggiamo conoscendo già la storia, perché l'abbiamo studiata a scuola, perché è famosissima, perché in alcuni casi (come questo) ne hanno fatto un film, perché l'abbiamo vista a teatro.. Ma questo non deve, non può ridurre la nostra sorpresa, la nostra tensione, l'emozione di quando non hai proprio idea di cosa succederà, il pathos che ti prende e ti fa stare sveglia a leggere fino alle cinque di mattina perché devi assolutamente sapere come va a finire.
Così come il fatto che l'autore sia Shakespeare, mica Ciccio Pasticcio, non deve far sì che diamo per scontato il fatto che l'opera sia scritta così bene. Chiaro, leggi un libro che è entrato nella storia, quindi giustamente immagini che questo sia accaduto per un motivo. Il fatto però è che, sempre, dobbiamo lasciare in noi stessi lo spazio, il modo, il tempo, le condizioni per stupirci con gioia delle cose belle, in particolar modo dell'arte, della musica, della letteratura, che insieme ai sentimenti accompagnano l'umanità da sempre. Anche perché, in questi tempi (parlo sia in senso generale che personale purtroppo), gioire del buono è già una gran cosa, e spesso è l'unica cosa.

giovedì 3 febbraio 2011

le beatrici


Ovviamente posto il nuovo libro di Benni, otto monologhi per voce femminile, pensati per essere recitati in teatro, bellissimi anche da leggere a mente da sola sul divano.
Come sempre scrive asciutto, preciso ma nel contempo non tralascia nessun particolare e fa viaggiare la fantasia. Asciutto ma non povero di contenuti dunque, come Pirandello e Calvino, per dire i primi che mi vengono in mente.
Come sempre sa far ridere e commuovere e pensare e di nuovo ridere, e come ogni volta che leggi qualcosa di suo il sorriso ed i pensieri e la commozione ti rimangono anche quando hai finito il libro, e tu quasi non ci credi perché è stato così leggero e veloce e diretto che quasi non ti accorgevi mentre leggevi che anche queste poche righe hanno contribuito a modificare un po' il tuo pensiero, o a consolidarlo, o a ribadire e sottolineare idee che ti sembravano un po' impolverate o arrugginite.
Come sempre Benni ti cambia senza che tu te lo aspetti.
Le otto donne di questo libro sono una vera meraviglia. Crude, incazzate, intelligenti, a volte semplici involucri contenenti il peggio copiato dagli uomini, altre volte invece, più spesso, donne vive e vere e libere, loro stesse sempre e comunque, e fanculo i benpensanti fanculo sposarmi fanculo i fascisti fanculo chi mi chiede l'età fanculo i genitori fanculo chi vuole chiudermi la bocca e decidere al posto mio, parlare al posto mio, vivere al posto mio, amare e scopare e ridere al posto mio, piangere e incazzarsi e pregare al posto mio. Fanculo dicono le donne.
Sentito?

cazzi tuoi


Prendi un libro in edizione economica di uno scrittore pressoché sconosciuto, agli inizi. Aprilo e leggi le note biografiche, quelle scritte sul risvolto di copertina. E poniti delle domande. Ad esempio, perché uno al suo primo libro si presenta con una cosa del tipo "è nato a Vicenza ma vive e lavora tra Firenze e Milano, dove ha frequentato l'Università Bicocca. Ha collaborato per Il giornale di Vicenza e ha vinto il concorso letterario di Tivoli nel 2008. Ama viaggiare ed i suoi viaggi sono stati linfa vitale per la sua creatività letteraria. Questo è il suo primo romanzo."
Questo l'ho scritto io, non alludo a nessuno in particolare, ma riassumo tutti quegli autori, alcuni sono o saranno scrittori altri sono e saranno imbrattacarte, per i quali si scrivono presentazioni pompose come questa. Ora, non so se chi le scrive chiede direttamente all'interessato le notizie, o se almeno una volta scritte gliele fa leggere.In ogni caso, inevitabilmente, mi viene un senso di leggero fastidio, e mi chiedo perché tutte queste righe per parlare di uno che è alla sua prima pubblicazione. Vuoi vendere di più i suoi libri? C'è la pubblicità. Vuoi farlo passare per un grande scrittore? E' ovvio che ancora non lo è, questo è il suo primo romanzo.
Ora, prendi un altro libro in edizione economica, di uno scrittore di quelli bravi veramente. Aprilo e leggi le note biografiche. Per esempio quella su Elias Canetti, lunga cinque righe e mezzo se escludiamo l'elenco dei libri pubblicati con quella casa editrice. Cinque righe per uno che ha vinto il Nobel.
La migliore, per me, è questa:
"Stefano Benni è nato a Bologna nel 1947. Per Feltrinelli ha pubblicato:....".
Punto. Basta solo la lista dei suoi lavori per sapere chi è. Non mi frega di dove vive, ne' di che lavori fighissimi ha fatto in attesa di fare quello che ama veramente, non mi frega se a dieci anni ha recitato come Romeo a scuola. E' bravo a scrivere. Parla dei suoi libri, non di se'. Lascia spazio alle storie che narra e si eclissa. Fine.