sabato 31 dicembre 2011

ho tante cose ancor da raccontare per chi vuole ascoltare, e a culo tutto il resto!..




forever guccio

adoro........

memorie dal sottosuolo


Fin dalle prime righe ho adorato questo personaggio, anche se è un nevrotico arrogante e disperatamente solo e triste che detesta tutti gli esseri viventi del globo terracqueo.
Il protagonista, l'uomo-topo, è matto da legare ma è molto acuto, e questa è la sua condanna. E' convinto della sua superiorità interiore ma non fa nulla per portarla fuori, per farla valere nella vita reale e pratica, e di conseguenza è una persona di infimo livello sociale, senza amici ne' amore, inacidito e permaloso, che vive nella propria fantasia. Però, nei suoi attimi di lucidità, lo capisce che è così. Capisce la propria piccolezza, ed anche se essendo malato si crogiola nel dolore come se fosse nel piacere, in cuor suo lo sa che è un uomo da poco.
Ma pensa. Vede la verità nell'ipocrisia del mondo reale, si accorge di quanto siano miserabili coloro che "a sedici anni stavano già a parlare di posticini al sole". Seppur in tono "superficiale" afferma il libero arbitrio di chi sceglie, anche sbagliando ed andando contro al proprio interesse, solo per il piacere di scegliere liberamente. Ammette con lucidità che anche se si sente superiore agli altri, rimane un vigliacco e un reietto.
Dostoevskij è un maestro nel raccontare questi personaggi nevrotici, le loro contraddizioni ed i loro modi malati, e penso che lo scambio isterico di insulti fra il protagonista ed i suoi quattro nemici al tavolo del ristorante nel quarto capitolo della seconda parte sia qualcosa di assolutamente memorabile, come, per dire come Nabokov, "mescolare la commedia alla tragedia". Un enorme pathos, sia nel senso di passione che di patologia, un enorme pathos dicevo per affrontare e vivere una situazione di per se' banale e ridicola. Tutto diventa più grande agli occhi di questo perdente odioso ma fantastico, tutto è filtrato dalla sua immaginazione insana, tutto è amplificato dalla sua percezione ipersensibile. Tanto che capisci perché, in fondo, la mediocrità sia un toccasana a volte, perché ti fa vivere più serenamente. La mediocrità di chi corre furioso come un toro, e quando arriva davanti ad un muro non solo si ferma, ma dimentica improvvisamente la propria ira, non cerca di superare l'ostacolo ne' si arrabbia perché questo gli blocca la corsa, bensì si mette lì "a pascolare in tutta sincerità". Sono questi i mediocri che l'uomo-topo ripugna, ma allo stesso tempo invidia, sia perché sono inconsapevoli, ma anche (e, sotto sotto, soprattutto) perché vivono, in un certo senso molto più di lui, pur nella loro fondamentale stupidità. E comunque sempre meglio questi di quelli che "s'erano abituati ad inchinarsi unicamente al successo", e "rendevano omaggio al rango sociale come se fosse stato una dimostrazione d'intelligenza". Che quasi quasi ti pare di non stare nel 1860. No?
Ne conosciamo uno per tipo, dei personaggi abietti descritti, e almeno uno di simile a quel nevrastenico del protagonista. Trovo che forse, al di la' di uno stile straordinario, sia anche qui la grandezza di Dostoevskij: nel rendere attuale per ogni generazione ciò di cui scrive. Anche se non conosci la situazione socio politica del tempo, anche se non conosci lo stile di scrittura del giornali e dei libri di allora, anche se non conosci alcune delle consuetudini descritte, capisci lo stesso. Come per Shakespeare. Sono autori che ti fanno dimenticare che loro come persone potrebbero non piacerti tanto, perché la loro letteratura supera perfino loro stessi.
Avercene.

giovedì 29 dicembre 2011

domenica 25 dicembre 2011

aiace


che mi piacciono le tragedie greche non è una novità, ma Sofocle non l'avevo ancora postato, anche se l'Edipo re è stata la prima tragedia che io abbia mai letto, e da allora non ho più smesso.
Questa canta di un eroe, Aiace appunto, che pur essendo stato fra i più coraggiosi e forti nel corso della guerra di Troia, ad un certo punto si arrabbia così tanto per un motivo d'onore, che Atena se la prende con lui (anche perché lui ce l'aveva con Odisseo, e guai a chi glielo tocca Odisseo ad Atena) e lo fa diventare matto. Quando riacquista un po' di lucidità, Aiace non ce la fa ad affrontare tutto e sceglie il suicidio.
Lo stile di Sofocle è considerato il più perfetto fra i tre grandi tragediografi greci, e quindi non può non piacerti, perché è perfettamente calibrato nella gestione di coro e dialoghi, e non si perde mai il ritmo. Davvero ti sembra di vederla rappresentata davanti ai tuoi occhi, una roba fantastica.
I personaggi, beh sono loro, i soliti direbbe Vasco Rossi, quelli che conosciamo dall'Iliade e dall'Odissea. Agamennone, sempre prepotente, Menelao, sempre piuttosto meschino, Odisseo, sempre furbo e a tratti odioso (ma stavolta riesce a far concludere più o meno positivamente il dramma quindi è perdonato). C'è Aiace naturalmente, eroe ma perdente e disperato, sfortunato e confuso,triste e perso.
E poi c'è Teucro, il fratello di Aiace, forse il mio preferito della storia, perché mentre leggevo le sue battute e le sue azioni mi veniva continuamente in mente il pensiero "questo qui non ha paura di niente". Un grande, che non teme di dire in faccia ciò che pensa e di agire come ritiene giusto.
I personaggi delle tragedie hanno la caratteristica dei personaggi di Via del Corno di Pratolini, cioè sono senza mezzi termini, senza tentennamenti, cattivi fino al midollo o buoni fino al midollo, ma sempre col coraggio di pagare fino in fondo ogni scelta senza timore, senza vergogna, senza fermarsi. Sono tutti pathos questi personaggi,anche quelli più riflessivi perché anche la pacata pensosità di quelli riflessivi è qualcosa che caratterizza la loro natura, non qualcosa di costruito obbedendo alla paura, alle convenzioni, al desiderio di piacere agli altri. Tutti sono COSI'. Fino in fondo. Pieni di mistero, passione, rabbia, potenza, calore, slancio vitale.
Anche se sono tragedie, anche se sono sempre piene di morti ammazzati e bimbi orfani e gente messa in schiavitù e vendette, anche se risalgono a duemilacinquecento anni fa, penso sinceramente che nelle opere di Omero e dei tragediografi greci ci sia un quantità di VITA esorbitante.

venerdì 23 dicembre 2011

vivere per raccontarla


non lo so perché nell'ultimo periodo ho letto pochissimo, a parte un paio di libri per i miei esami universitari.
Ma tornare con Marquez, e con questo libro in particolare, è un bel regalo di Natale. La prosa scorrevole ma mai scontata, per esempio. Lo so, l'ho già detto tante volte, ma mi stupisce sempre piacevolmente quando chi scrive o parla riesce ad esprimere i concetti difficili in modo semplice e chiaro, e mai ovvio o banale. Perché sceglie le parole con accortezza per farle aderire al proprio pensiero, alla propria emozione, e non al desiderio di far vedere com'è ampio il proprio vocabolario.
La modestia con cui uno che ha vinto il Nobel ti racconta degli episodi della sua vita, delle volte in cui è inciampato, di come ha imparato a diventare scrittore, dei colpi di fortuna che gli sono capitati. Lo stupore sincero che esprime quando dice che qualcuno, più maturo o bravo di lui, ha apprezzato un suo scritto giovanile. Che tu sai che l'opera migliore della maggior parte degli scrittori nel mondo potrebbe probabilmente essere paragonata a qualcosa scritto da Marquez a tredici anni, e perciò ridi di allegria ed ammirazione leggendo che lui è modesto davvero, e non per farsi bello di fronte ai critici. Tanto più che se ne è sempre fregato dei critici ma ha sempre scritto quel che sentiva di scrivere, e nel modo che riteneva migliore, cercando sempre di migliorare, per "diventare uno scrittore diverso".
La storia, da sola, è un romanzo, come lo sono le vite di molti grandi. Ma non è facile scrivere di se' stessi senza tracotanza e senza soffermarsi su argomenti che potrebbero annoiare il lettore, dando comunque risalto ad episodi che potrebbero sembrare infimi ma che effettivamente contano, e tu che scrivi li vuoi raccontare. E tu che leggi, ti accorgi che anche se in effetti quello che stai leggendo è un dettaglio apparentemente insignificante, lo stai leggendo con piacere ed entusiasmo, e questa cosa da sola lo rende significativo anche per te e non solo per l'autore. Questo è un miracolo della buona letteratura secondo me. In una storia strapiena di avvenimenti e colpi di scena, nella quale la storia personale si intreccia con quella familiare, e della comunità, e dello Stato in cui vivi, e della situazione mondiale, in una storia così infilare episodi "piccoli" rendendoli di valore è un grande merito.
Amo "Gabo" Marquez come sudamericano tipicamente tale, ma con "qualcosa" che lo rende straordinario.
Gabito, con quello stile di scrittura, col valore aggiunto di cinquant'anni e più di esperienza propria e di svariati collaboratori e maestri straordinari che lui ha avuto la fortuna di incontrare.
Gabito che si innamora sempre e vive guidato dal pathos.
Gabito che accetta (tutto sommato di buon grado) anche i periodi più difficili e poveri, basta avere qualche amico con cui ubriacarsi, un'amaca, dei libri, e magari una donna ogni tanto.
Gabito che è piuttosto autoindulgente, ma sa bene che vuole di meglio, e anche se ride e scherza e ogni tanto si crogiola nella pigrizia, ha bene in testa che indietro non ci torna.
Gabito che rifiuta l'ambizione estrema come unico motore della propria vita e carriera, ma preferisce l'Amore, per gli altri come per la letteratura.
Gabito che non si sente "specialista" in niente, ma ama tutto quello che lo fa sentire vivo, e prova tutto, quindi canta, scrive articoli giornalistici, fa l'amore di nascosto, scrive racconti, balla, sta a parlare con gli amici fino all'alba, scrive romanzi, legge dovunque a tutte le ore, recensisce film, fa l'inviato speciale di politica europea senza sapere altre lingue che lo spagnolo e senza avere nessun documento perché è nato in una famiglia povera di una provincia povera di uno stato povero in un'epoca povera.
Gabito, comunista che mette decisamente davanti a "Il Capitale" l'orrore per l'ingiustizia e l'amore per l'uguaglianza sociale politica umana economica.
Gabo, scrittore che, senza il bisogno che lo dica più nessuno ormai, è veramente fra i migliori al mondo, di sempre.
Ecco.
Buon Natale.

venerdì 16 dicembre 2011

lunedì 12 dicembre 2011

venerdì 2 dicembre 2011