mercoledì 27 marzo 2013

donne che corrono coi lupi

Dobbiamo enunciare con voce chiara la nostra verità ed essere capaci di fare quanto è necessario nei confronti di ciò che vediamo [... ] Quando la vita dell’anima è minacciata non soltanto è accettabile tirare una riga, è indispensabile.

giovedì 21 marzo 2013

oestara

come ogni anno..come sempre nella vita..la primavera arriva..magari inaspettata..magari farai quella faccia, come la bambina della foto. Ma anche lo stupore va goduto, quando è per qualcosa di bello, per qualcosa di migliore.
Ci conto.

domenica 17 marzo 2013

sempre lei..

Una notte un battito di cuore alla porta. Fuori,una donna nella nebbia. Ramoscelli ha per capelli, e un abito di erbe gocciolanti verdi acque del lago. Dice:"Sono te,e vengo da tanto lontano. Vieni con me,ho qualcosa da mostrarti.."
Si volge,e le si apre il mantello. D`improvviso,luce d`oro..ovunque,luce d`oro..

venerdì 15 marzo 2013

clarissa

"Andate e lasciate che le storie, ovvero la vita, vi accadano, e lavorate queste storie della vostra vita- la vostra, non quella di qualcun altro, riversateci sopra il vostro sangue e le vostre lacrime e il vostro riso finché non fioriranno, finché non fiorirete."

Le storie, ovvero la vita. La vostra, non quella di qualcun altro. Finché non fiorirete.


Serve dire altro? Serve dire che dopo la formazione come analista junghiana, il dottorato di epistemiologia clinica, il post dottorato in Svizzera, è diventata specialista di eventi traumatici? Serve solo per spiegare perché ha lavorato in molte carceri, istituti per madri e bimbi feriti e traumetizzati. Perché ha prestato servizio durante il terremoto in Armenia sviluppando un protocollo di recupero post-trauma. Perché ha assistito le vittime sopravvissute alla tragedia della Columbine School, e poi quelle dell'attentato dell'11 settembre. Sempre unendo le proprie conoscenze, le tradizioni, l'analisi ed il racconto delle storie, la propria esperienza di vita e quella degli assistiti.
Serve per spiegare da dove vengono i numerosi libri sulla vita dell'anima, fra cui il famosissimo "Donne che corrono coi lupi", rimasto best seller per quasi tre anni. Nasce qui l'archetipo della Donna Selvaggia, nato da un lavoro profondissimo di ricerca e proseguito su tale linea per anni. Un archetipo che ha cambiato la vita di svariate generazioni, di svariate donne. Anche la mia.
Conoscere la sua formazione serve ancora di più se affianchiamo queste informazioni a quelle sulla sua vita privata, sul suo passato di donna povera, senza supporto, senza cultura. Sul suo essere stata costretta dall'indigenza a dare in adozione il primo figlio. Sulla sua infanzia di bambina a sua volta data in adozione.

Servono tutte queste informazioni. Ci aiutano, forse, a capire meglio Clarissa ed il suo percorso professionale e di vita, il suo costante impegno umano oltre che lavorativo nel sociale, il suo insegnare in tutto il mondo non solo quello che è il suo metodo, ma anche ciò che lei studia e impara da ormai decine di anni.

Ma tutto, almeno in gran parte, si trova nella sua frase, quella che ho riportato all'inizio di questo post.

martedì 12 marzo 2013

donne dududu7: Clarissa Pinkola Estés

Una bambina che nasce da genitori analfabeti in Messico, e cresce ascoltando le storie popolari che le raccontano. A quattro anni viene data in adozione, non dirà mai il motivo, o forse non lo sa. I genitori adottivi sono immigrati ungheresi, e nemmeno loro sanno leggere o scrivere. Ma anche loro raccontano storie, stavolta le storie zingare e centro europee. E' la prima della sua famiglia a finire le scuole elementari, Clarissa. Cresce in una famiglia povera e stramba che alterna le storie più antiche all'alcol ed alla violenza che purtroppo spesso si vedono in realtà povere e poco colte, quando queste sono abbandonate a se' stesse. Negli anni sessanta, a cavallo dei suoi vent'anni, Clarissa si sposta verso le Montagne Rocciose e conosce emigrati di ogni cultura e provenienza: italiani, irlandesi, ebrei. Accoglie ed assorbe anche le loro, di storie. Si sposta di nuovo, più a Sud, lungo la Panamericana, e conosce alcuni dei popoli di più antica origine, alcuni dei popoli nativi. Manco serve dirlo, anche li' impara nuove storie, le raccoglie mentre procede la vita quotidiana, le raccoglie ascoltandole mentre svolge con gli altri il duro lavoro di chi non ha niente.
Diventa analista, e anche professionalmente si immerge nel dolore e nella difficoltà degli ultimi, di chi ha subito un trauma, dei poveri, di chi non ha nessuno.
Ora, non sto a soffermarmi sulla marea di traguardi raggiunti da questa donna straordinaria. Traguardi non solo in termini di premi e riconoscimenti, ma anche obiettivi terapeutici raggiunti, tecniche psicanalitiche innovate o ricreate, persone guarite grazie al suo enorme, enorme apporto. Non mi ci soffermo anche se sarebbe importante farlo, anzi consiglierei a chi non la conosce di guardare anche semplicemente su wikipedia quali e quante vette ha scalato questa signora.
Ma stanotte preferisco pensare a come Clarissa più di ogni altra, e fra le prime nel Novecento, ha applicato il concetto junghiano dell'archetipo. Per cui i personaggi delle storie, delle antiche favole e leggende popolari, sono appunto archetipi di tutti noi, delle varie caratteristiche dell'animo umano. Questo concetto apparentemente ampolloso e filosofico è diventato per Clarissa la chiave per trattare in modo anche "pratico" la condizione psicologica di coloro che hanno subito un trauma. Usando le storie, declinando i loro diversi significati ed inserendoli nella nostra quotidianità, Clarissa ci permette di identificarci nei personaggi della fiaba che lei ci racconta. E, quindi, di vedere come va a finire, come potrebbe risolversi, quali sono i pericoli che si corrono. E' straordinario. Se capisco che la sposa di Barbablù sono IO, e capisco perché, allora vedo cosa succederà se continuerò a comportarmi come una sposa di Barbablù. E posso decidere di cambiare. Posso decidere di smetterla di raccontarmi la vecchia balla che spesso noi donne ci raccontiamo: "Beh, la sua barba non è poi così blu". Che in altre parole sarebbe "Beh, ma non è poi così egoista", "Beh, ma non è poi così maschilista nei miei confronti", "Beh, ma non è poi così violento". Se io capisco chi sono, capisco che ho il potere e il diritto di essere felice. Di provarci. Di stare meglio. Di diventare un essere umano decente. Mettete voi quello che preferite.
Clarissa aiuta i suoi assistiti ed i lettori dei suoi libri a trovare in se' stessi una forza che non sapevano di avere. Una Donna Selvaggia che avevano dimenticato. Aiuta a conoscere se' stessi e ad acquisire potere. Il potere quello bello , quello profondo ed importante, che permette ad ognuno di noi di essere Libero.

Una bambina cresciuta fra le storie ma anche nell'abbandono e nella violenza, nella povertà e nelle difficoltà che questa comporta. Non è mica così ovvio diventare ciò che è divenata Clarissa. E non è solo questione di quoziente intellettivo e talento. E' questione di Carattere. Di costanza, impegno, amore per la scoperta e l'approfondimento, applicati all'Amore per il prossimo ed alla nettissima consapevolezza che tutti siamo parte della stessa cosa, e che se qualcuno soffre, se qualcuno è violento, se qualcuno fa fatica, se qualcuno imbroglia, tutto questo riguarda anche me. Non è detto che tutti dobbiamo salvare il mondo. Ma diventare consapevoli DAVVERO di chi siamo, automaticamente ci fa riflettere su chi siamo nel mondo. E ci mette in relazione con tutti gli altri. Con tutte le mogli di Barbablù. Con tutte le Cenerentole. Con tutti i girovaghi, i maghi, le streghe, le bambine abbandonate, gli avventurieri. Ognuno con la propria identità, ognuno in connessione con tutti gli altri.

Prometto che al prossimo post parlerò anche delle applicazioni professionali pratiche di tutto questo, citerò nomi e titoli e scuole varie.
Ma stanotte per me il punto è questo, al di la' di tutto. Che i racconti sono diventati terapia, con Clarissa. Che tutti noi li possiamo capire e fare nostri e che sono una cosa semplice, e gratis, che possiamo usare per darci un imput. Che le vecchie storie non sono tutte cazzate usate per spiegare gli eventi quando non c'era la scienza, ma adesso che la scienza c'è non servono più a niente. I racconti spiegano l'anima, la curano e la rendono straordinaria. I racconti parlano il silenzio. E Clarissa ci aiuta a capirli ed a scovarli, per poterci scovare dentro noi stessi.

domenica 3 marzo 2013

comemistermagoo



meglio non vedere.
A volte ci credo ancora. Ci sono volte in cui effettivamente non vedere mi aiuta. Non vedere bene dove sto andando, ma sapere che comunque sono sulla strada giusta, mi aiuta ad avere meno paura.
Non vedere il passato con occhi troppo nitidi, ma attraverso il filtro addolcente del tempo, mi aiuta a trovare ancora il coraggio di rischiare, almeno a volte.
Certo, c'è anche l'altra faccia della medaglia. Che se non vedi prendi, spesso e volentieri, delle pacche allucinanti. Caschi come una rincoglionita inciampando in ostacoli sinceramente grossolani. Sostanzialmente, non vedere può più facilmente portarti a cadere dal pero.
Beh. Però prima o poi le robe le vedo pure io ne'. Prima o poi mi rialzo, e fidati col cazzo che mi ributti giù. Se rifaccio la stessa strada, mi ricordo tutti i dettagli più o meno pericolosi meglio di quanto faccia chi ci vede, perché io in quei dettagli ci ho sbattuto.
Quindi.
Non avevo visto, ma adesso ho visto bene.
Non avevo capito, ma adesso ho capito meglio.
Avevo paura, ma adesso non ne ho, come ho scritto nel post prima di questo. E continuo a dirlo. Non ho paura.
Non avevo chiaro dove stavo andando, e mi sono lasciata portare dalla corrente per poter partire, ma adesso le redini le tengo io.

Continuo a non vederci troppo bene, comemistermagoo.
Cadrò ancora, e sbatterò nelle cose, e metterò addosso altre cose che non vanno bene per me.
E con questo? Imparo anch'io. Meglio di tanta altra gente a dirla tutta, che crede di vederci ma in realtà, è inutile raccontarsela, ha solo e semplicemente un culo stratosferico.

Cado. Sbaglio. Mi faccio un male porco. Mi ridono addosso magari. Ne esco piena di lividi. Sbatto addosso alle cose. Piango.
Sì.
Fanculo.

Viva la vita. La mia.