martedì 27 aprile 2010

una stella di nome henry


Mi capita quasi sempre, quando vado in biblioteca, di prendere uno o più libri perché qualcosa mi attrae, anche se non conoscevo il titolo o lo scrittore. Che ne so, la copertina, il titolo, il nome dell'autore. Così prendo in mano il libro, leggo la micro sintesi che c'è scritta dietro e, se anche l'argomento mi convince, lo prendo. Devo dire che, forse perché leggo tanto da tanto tempo, ho un certo fiuto per i libri scelti così, e raramente becco cantonate.
Questo però è stato molto più che un bel libro preso per caso. E' stato incredibile. Pazzesco, leggo un romanzo scelto praticamente per sbaglio e bum.Anzi, BOOOOOOM! Una meravigliosa esplosione di talento, freschezza, divertimento e insieme commozione, una storia stupenda scritta in modo stupendo.
Amo molto gli autori irlandesi ma ammetto che non conoscevo Roddy Doyle prima di scoprirlo in questo modo. E mi dispiace enormemente perché se lo avessi conosciuto prima lo avrei anche letto prima. Doyle è non solo un bravissimo scrittore irlandese, ma è considerato fra i migliori in assoluto proprio, a livello europeo almeno. Extraeuropeo non lo so, ma non me ne stupirei. E questo libro dimostra come lo scrittore si meriti alla grande tutti i complimenti che ha ricevuto e riceve.
Ho letto Una stella di nome Henry per la prima volta due anni fa, e sono al termine della terza rilettura. Che è avvenuta con estremo piacere come la prima e la seconda, perché di certo questo non è un libro che ti annoia.
Sarà che a Dublino ci sono stata, sarà che gli irlandesi scrivono in modo chiaro anche le cose più complesse, e sono sempre così realistici e diretti e brillanti, ma mi sembra sempre di essere lì, con Henry, quando la sua mamma piange gli altri figli morti da piccoli e lui le è accanto con una fame da lupo e le croste sui ginocchi. Quando Annie suona la sua schiena come un pianoforte. Quando combatte e scappa e ride e va in galera. Quando scopa di nascosto con le bombe che scoppiano in strada. Quando se ne va. Mi commuovo per lui e per i suoi cari quando stanno male, quando di nuovo la sorte si accanisce, e tiro con loro un sospiro di sollievo quando le cose, se pure non vanno meglio, almeno restano così senza andar peggio, e c'è un attimo di pace. Bestemmio con lui quando si ammazza di fatica, e godo con lui quando è felice con la sua signorina O'Shea. E come le diamo di santa ragione a tutti con la gamba di legno di suo padre!
Da leggere prima di morire ragazzi. E da rileggere.

sabato 24 aprile 2010

la signora dalloway


Eccoci qua.Come previsto, dopo due settimane che non lo riprendevo in mano, ho finito le ultime ottanta pagine questo pomeriggio.
Dire che c'ho capito mi sembra troppo. Ma non è troppo dire che è stata una meravigliosa esperienza. Come fare un sogno, presente? Di quelli che quando ti svegli ricordi poco e comprendi altrettanto poco, ma ti lasciano addosso una sensazione piacevole e magica ed elettrizzante..come se adesso fossi stata iniziata a qualche meraviglioso quanto oscuro segreto. Come vedere un concerto dei buena vista social club, che fino alla fine non ti capaciti, che anche quando sei ormai a casa a letto non ti sembra ancora vero. Che ti senti come in una bolla fuori dal mondo, e assorbi quasi per osmosi quello che leggi e vedi, pur non sentendo di averlo capito davvero, se non in parte, in alcuni passaggi. E' frustrante da un certo punto di vista, perché ti verrebbe da rileggere tutto daccapo per fartene un'idea più chiara. Oppure, come avrebbe detto la Gasperini, butti via il libro e tutto è ancora più chiaro.
A parte la frustrazione però, rimane quella piacevole sensazione che ti danno i libri che in un modo o nell'altro ti segnano la vita, perché dici dentro di te "beh, proprio non si può morire senza averlo letto!". Ecco.Ora mi sento così. Quello che ho capito, mi è piaciuto, mi ha fatto scoprire un pensiero nuovo o mai espresso, sicuramente mai così. Perché di certo non puoi pensare a Virginia Woolf senza pensare alla rivoluzione che lei (insieme a Joyce e praticamente nessun altro in prosa) ha compiuto nel linguaggio scritto. Tutti a scuola abbiamo studiato lo stream of consciousness, e in questo libro il bello, secondo me, è che pur essendo immersi in questa tecnica, siamo ancora in grado noi persone dal Q.I. inferiore a 160 di orientarci, almeno a volte. Probabilmente perché il libro non è molto lungo, e perché è fra le prime prove di Virginia con questa tecnica. Sicuramente però, il motivo principale è che lei, l'autrice, ha deciso che aveva voglia di farci capire qualcosa, di farci guardare un pezzettino del suo geniale mondo. A me, almeno, piace pensare così.

venerdì 23 aprile 2010

Non ho capito niente, ma è bellissimo


scrivo da convalescente dopo due giorni di malattia che mi ha tolto la forza di stare in piedi, quindi sorry se sarò sconclusionata. Più del solito, intendo.
Sto finendo "La signora Dalloway", ne scriverò qui presto. Intanto penso al fatto che Virginia Woolf è una da leggere o in settimane o in ore. Nessuna via di mezzo, un po' com'è stata lei.
Il mio amico Andrea, qualche tempo fa, era alle prese con "Una stanza tutta per se'", e mi disse una cosa molto divertente e molto vera:"leggo un rigo al giorno, perché é così complesso e ricco di significati che di più non ce la faccio."
Capisco quello che voleva dire, perché anche io ho bisogno di staccare qualche volta, mentre leggo un suo libro. Davvero ti sfinisci a furia di pensare a tutti i risvolti, e non capisci più niente.
Però.
Non essendoci precise suddivisioni (parti, capitoli, argomenti, neanche i pensieri diversi di diversi personaggi sono separati), spesso non riesci a smettere di leggere, continui ad andare avanti credendo che presto troverai un bandolo di questa matassa.E perciò ti trovi che leggi cento pagine in tre ore, finché ti fermi perché ti pare di aver capito, oppure per sfinimento. Poi non leggi più niente per una settimana, perché solo a guardare la copertina capisci di non avere la forza. Prima o poi però il fascino avvincente di quella scrittura, di quelle storie, di quei pensieri ingarbugliati ma così maledettamente vicini al vero..perché noi mica pensiamo a compartimenti stagni o a capitoli no?e gli altri mica smettono di vivere per aspettare che la nostra vicenda finisca no?..ecco, tutto questo ti attrae incredibilmente e riprendi in mano il libro. Ovviamente devi rileggere le ultime tre pagine lette la volta prima per poterti ricordare la storia ed il punto in cui eri arrivata (oppure devi proprio rileggere tutto da pagina uno, e allora deciditi a chiudere il cerchio, cazzo!), ma poi ti riprendi, o meglio Virginia ti riprende, e ti trascina nel suo mondo a dir poco straordinario..e non la lasci più. Finché in altre tre ore non hai finito il libro. Oppure non lo chiudi di nuovo esausta per ricominciare fra altri dieci giorni.
Il mio prof di filosofia del liceo una volta disse una frase, non ricordo se sua o di un qualche grande pensatore. Ci sono certi libri, certe filosofie, che tutto quello che riesci a dire è...ecco, l'ho messa a titolo del post.

mercoledì 21 aprile 2010

una donna


Allora, l'argomento del libro è interessante ed attuale. L'emancipazione femminile in Italia ad inizio secolo vista attraverso la storia personale di questa donna. La scrittura però è per molti tratti di una pallosità assurda. Ed è davvero un peccato, tanto più che l'autrice ha avuto una vita davvero brillante, fra tantissimi amori e l'impegno sociale intenso col partito comunista.Il tema femminista è uno di quelli che, ovviamente, apprezzo particolarmente, e mi spiace proprio che il libro risulti alla fine noioso e pesante. C'è da dire però che, se si riesce a superare la scrittura ampollosa (che è la causa dell'effetto soporifero), il romanzo è davvero valido sia come argomenti che come storia in se', tanto più per il fatto che quando fu pubblicato (1906) non c'erano praticamente tracce del movimento femminista in Italia, e pochissime erano le donne che trovavano la forza di lasciare il marito. Per dirne una, allora se una donna se ne andava i figli restavano per legge col padre, ed anzi non essendoci il divorzio l'uomo poteva far andare a prendere la moglie con la forza e farsela riportare a casa dai carabinieri. Sembra quasi assurdo, ed invece in moltissimi luoghi del mondo la situazione è ancora così se non peggiore.
Libri come questo, pur non essendo recentissimi, danno un quandro secondo me importante degli sviluppi di una lotta che le donne di tutto il mondo stanno ancora combattendo, anche nei paesi più sviluppati. E queste cose non bisogna mai dimenticarsele.

sabato 17 aprile 2010

medea


Tanto per stare sempre sul recente.... :)
Una tragedia scritta da Euripide e rappresentata nel 431 a.C., tanto per dare un minimo di riferimenti. Beh, sembra scritta ieri, giuro. Potente, crudele, attualissima in gran parte dei concetti esposti, direi perfino splatter in alcuni passaggi. Lei, Medea, è praticamente un killer alla Tarantino, mentre il marito, Giasone, è un uomo di quelli che fanno tutto con il solo fine di avere potere, senza curarsi di far soffrire gli altri. Non riconoscete nessuno?... Ma il difetto di Giasone è che è fondamentalmente un cretino, mentre lei è un vero genio del male.
Mi ha sconvolto come Euripide sia riuscito a fare in modo che chi legge (o chi vede la rappresentazione) è indubbiamente dalla parte di lei, pur rimanendo il biasimo e l'orrore verso una che uccide persino i figli. Davvero, lei è un mostro che neanche Uma Thurman in kill bill, eppure finisci per darle ragione e soffrire per lei e con lei. Anche perché Giasone è proprio un deficente comunque. Ma se leggo il post sui consigli dati per divorziare, punto 5, vedo quanto sia vero in tutta la storia umana che la stragrande maggioranza deglli uomini non si ricorda di ciò che ha, e lo butta via senza nemmeno accorgersene.
E' un librettino di neanche cinquanta pagine, lo si legge in neanche due ore, e vi assicuro di cuore che vale assolutamente la pena.

giovedì 15 aprile 2010

malombra


Un romanzo pazzesco.Davvero. Per carità, è un polpettone ottocentesco a tratti pallosissimo, ma per la maggior parte è davvero bello. Mi piacciono le descrizioni degli ambienti, interni ed esterni, perché davvero sembra di essere lì. Mi piace come Fogazzaro si dilunga nell'analisi dei sentimenti e della psicologia dei personaggi principali, perché si vede che Freud iniziava già a lasciare dei segni. Mi piace come si senta, specialmente in alcuni tratti ed in un paio di personaggi, l'interesse dell'autore per la causa Risorgimentale, che non dovremmo dimenticare soprattutto quest'anno che è il 150esimo anniversario della discesa dei Mille. E da garibaldina convinta, lo festeggerò come merita alla faccia dei secessionisti.Mi piace anche come, comunque, si veda palesemente l'enorme religiosità di Fogazzaro, che sembra ingenua e "pura" ma invece non lo è per nulla, e tantomeno è bigotta e cieca, ma anzi è frutto di una costante lotta interiore, con le passioni i desideri ed i timori di una persona dall'animo sensibile e tormentato. Mi piace come finisce, perché non è ovvio e lascia spazio alla fantasia.
Detto ciò, non è propriamente il romanzo che mi porterei da leggere in spiaggia, per carità. Ma la marchesina Marina di Malombra, con quel suo nome da strega, matta come un cavallo, bellissima e crudele, ha un fascino indubbio. Altro che quella rompiballe di Emma Bovary, per parlar chiaro. Sì, anche Marina fa la mantenuta, ma il suo modo di fare fa sembrare che sia grandioso poterla mantenere, che lei faccia a tutti l'onore della sua presenza. E, per quanto una così possa sembrare odiosa, ci vuole talento per essere altera e distaccata e stronza a quei livelli. E provaci tu ad essere così maledettamente magnetica, per tutti ma proprio tutti.Quella sì che ha la stoffa, altroché.
Il mio preferito è Steinegge, quell'incallito di un rivoluzionario, che si presenta dicendo "Steinegge, bandito dalla famiglia perché amavo troppo le donne e bandito dalla patria perché amavo troppo la libertà."
Vuoi aggiungere altro? Fantastico, a dir poco.

lunedì 12 aprile 2010

dieci consigli semplici ma chic per divorziare


Queste dieci perle sono opera di certa Suzanne Finnamore, della quale cercatevi altri scritti perché non ve li saprei elencare. Ma questo da solo è già abbastanza per dire che la tizia mi è proprio simpatica.

1) Cambia le serrature.
2) Fai pagare a lui il divorzio, e qualunque altra cosa sia possibile.
3) Tieni tutto ciò che comincia per consonante (figli, soldi, macchina, mobili, proprietà immobiliari, coperture mediche assicurative, fondi pensionistici, lenzuola).
4) Consentigli di tenere tutto ciò che comincia per vocale (armadi, ombrelli).
5) Requisisci gli oggetti preziosi e nascondili a casa di amici. Gli uomini non ricordano mai ciò che possiedono: se lo ricordassero, non si rovinerebbero la vita andando in giro con delle puttane.
6) Non litigare davanti ai bambini.
7) Questo include il tuo X1 e anche PX2 (cioè ex1 e prossimo ex2, N.D.R.): getta solo benzina sul fuoco, e a loro non importa quanto sei furiosa, perché esistono pienamente solo in quella gabbietta da uccellini che è il loro cervello.
8) Fai dei bagni caldi frequenti; vai a fare la manicure e la pedicure; fatti un taglio di capelli dispendioso.
9) Ogni cosa, per quanto ridicola e squallida possa apparire al momento della separazione, andrà di bene in meglio, finché alla fine ti chiederai perché ci tenevi così tanto.
10) Quando devi rispondere a una domanda riguardante cosa è giusto e cosa no per il tuo ex, approssima per difetto verso la vendetta a vita. In questo modo, non ti sentirai mai stupida, e avrai anche conservato ogni cosa di valore in tuo possesso.
In breve: forse sarai stata innamorata, forse lo sei ancora...ma non sei scema.

venerdì 9 aprile 2010

il bar sotto il mare


L'avevo detto che bisogna sempre avere fiducia nel buon stefano benni. Il libro come al solito ha dentro una scrittura che sorprende, sia come linguaggio che come trovate narrative vere e proprie. Ogni tanto ti arriva con certe frasi che ti ronzano nella testa per tanto, tanto tempo. Ancora adesso, dopo anni, io ricordo "Ho aperto la porta e il mondo non c'era.", da Baol. Che già di suo è una frase stupefacente, messa lì come prima riga del primo capitolo di un libro ti stende del tutto.
Tornando al libro finito ieri sera, come al solito mi ha fatto davvero ridere (anche se per me rimane invincibile Bar Sport in saecula saeculorum), e sempre come al solito mi ha fatto pensare. Intanto, pensare al semplice fatto che quell'uomo lì è davvero creativo, più sensibile della media e maledettamente più intelligente. Il che, già di per se', è un buon motivo per leggere i suoi libri. In seconda battuta, ti da' da pensare per il fatto che, proprio essendo un uomo intelligente, ti fa notare cose che tu non notavi, o sulle quali non riflettevi, o che non sapevi si potessero esprimere così. Che mi viene in mente quando Salinger fa dire al giovane Holden che i suoi libri preferiti sono quelli in cui vorresti essere amico dell'autore, e poterlo chiamare ogni volta che ti gira.
E così ti vedi davanti agli occhi il ragazzo con "un sorriso da entrare nella storia", ti vedi il noioso avvocato dall'adolescenza turbata che per darsi un tono ancora si finge maledetto..per poi scoprire che in effetti lo era (e lascio la suspence). Hai negli occhi lo chef che imbroglia Satana, il bambino Arturo che ha il potere di guarire i nonni, e la fantastica Priscilla Mapple. E non puoi non ridere alla grande leggendo del pornosabato allo Splendor, con i tentativi maldestri di portare il cinema a Sompazzo..e non vi dico altro, perché vale la pena che facciate un giro in biblioteca e vi prendiate il libro.

venerdì 2 aprile 2010

madame bovary


Iniziare con lei è una sfida per me. Nel senso che io la odio, Emma Bovary. Non il libro in se', che è scritto meravigliosamente bene e che davvero vale la pena leggere, odio proprio lei. Una donna cresciuta fra grandi sogni di amore e di avventura, di ricchezza e vita brillante, sposa un medico di provincia assolutamente insignificante, con un quoziente intellettivo palesemente sotto la media, con possibilità economiche limitate, che la porta a vivere in un borgo minuscolo. E, guarda un po', lei è infelice. Già qui mi viene da dire che probabilmente anche il Q.I. di lei è sotto la media. Comunque. Passa gli anni a deprimersi e piangere per quanto è disperata, lascia passare nella più completa monotonia i propri giorni, fa una figlia e non se ne cura minimamente, si fa l'amante per due volte ed entrambe le volte viene scaricata. Si riempie di debiti (naturalmente lei non ha mai lavorato) e quando capisce che non può più pagarli si uccide. Il genio.
Non fa niente per raggiungere i propri obiettivi, realizzare i propri sogni, per stare meglio. Non se ne va. Non si mantiene. Non chiede a suo marito, che è pure un coglione rimbambito ma la ama perdutamente, di portarla via. Fa debiti per comprare vestiti e mobili, non per pagarsi il treno e andare a Parigi, che ne so. Non ama sua figlia. Insomma, una piattola che si fa mantenere dalla nascita alla morte e continua a ripetere a se stessa quanto è miserabile la propria vita, ma non muove un dito per cambiarla. Povera cucciola. Ti metterei nella stessa stanza con un mamba nero da quanta è la tenerezza che provo per te.
Allora, Flaubert ha letto su un giornaletto scandalistico una storia così, insulsa, di gossip di provincia, e ne ha fatto il primo romanzo inteso nell'accezione moderna. Di questo libro Zola (Emile, non Gianfranco..) ha detto "il codice dell'arte nuova è scritto." Il libro è davvero un capolavoro assoluto, e mica perché lo dico io. Flaubert descrive Emma in modo spietato, franco e chiaro, senza tenerezza. Però generazioni di donne si sono immedesimate in lei, hanno pianto per lei, hanno sentito per lei infinita pena. Flaubert stesso ha detto la famosa frase "Madame Bovary c'est moi." Che tu rimani a dir poco di sasso. Flaubert, un genio di quelli veri, che ha vissuto della sua penna a costo di essere un poveraccio, che con i guadagni ha aiutato la sorella in difficoltà economiche, che ha subito un processo per offesa al pudore e ne è uscito innocente ed osannato da lettori e colleghi, lui dice che è uguale ad una merdina come quella lì?!!! Sì, lo dice. Perché lei è uno spirito mediocre che anela alla felicità assoluta, al sogno. E lui è un uomo dall'anima sognatrice pura e piena di poesia, che non riesce ad uscire dalle sabbie mobili della realtà, vile e falsa e bassa. Così, anche se lui è un genio ed Emma una fighetta smorfiosa senza sugo, Flaubert si mette umilmente sullo stesso piano di lei, ed insieme cercano invano l'assoluto.
Adesso, prendete Moccia..e ditemi voi.