sabato 29 marzo 2014

si è ciò che si mangia, si mangia ciò che si è


Settimane per costruire questo post, e adesso mi ritrovo a temere che non sia buono abbastanza. Vabbé, come sempre portate pazienza.
Settimane per comprendere, o almeno provare a farlo, il ruolo del cibo in questa storia. Un ruolo evidentemente cruciale, visto che di cibo si parla dall’inizio alla fine. Settimane per provare a capire come il rito del Pasto intrapreso dalla Sciamana avesse il compito di far diventare grandi i due fratelli, di integrarli..
Mi sono aiutata leggendo i contributi di alcune persone.. Una frase di Massimo Montanari da’ il titolo a questo post, per esempio. E poi ci sono Fischler, Lupton, Mugnani, Spila..
Parto col dire che il bisogno di alimentarsi è il primo, impellente bisogno del bambino quando nasce. La prima emergenza che lo mette di fronte al fatto che se soddisferà tale necessità egli proverà piacere (e desiderio di ripetere l’esperienza), altrimenti proverà dolore. Per la prima volta il bambino viene a contatto con il rischio e la paura della Morte, per la prima volta una figura esterna a lui (anche se non completamente concepita come esterna bensì come un proprio “prolungamento”) ossia la madre gli dona la soddisfazione ed il piacere, ed entra dentro di lui attraverso la bocca. Il cibo ed il nutrirsi sono dunque la prima grande avventura della vita, ed il primo gesto d’Amore che l’individuo conosce.
Hansel e Gretel sono scissi e non conoscono il significato di se’ medesimi: lui si occupa di procurare il cibo (ma non sa prepararlo, sa solo cercarlo), lui decide quale cibo è appropriato, lui crede di fare da guida ad entrambi, ma non sa dove andare ne’ cosa cercare veramente. Lei accetta passivamente le decisioni del fratello e non riesce ad affrontare nessun cambiamento dello status quo. Nessuno dei due sa accogliere l’altro rimanendo se’ stesso, ne’ sa accogliere il Nuovo senza averne paura. Nessuno dei due sa cosa sia il Magico ne’ sa trasformare la Natura in Cultura, sa gestire la potenziale pericolosità di un qualcosa di estraneo che si introduce nel corpo. Nessuno dei due sa creare, lavorando ciò che la natura offre per farne qualcosa di nuovo, che esprima un modo di sentire, un desiderio, una conoscenza, una ricerca. Nessuno dei due, in altre parole, sa cucinare.
Il peggio è, come avevo accennato nei post precedenti, che entrambi i fratelli vogliono tornare a casa, a ciò che erano prima. Non comprendono che questo non è possibile e non è sano. Non sanno chi sono, e di conseguenza non sanno Amare, perché non hanno idea di cosa si prende e di cosa si da’ quando si Ama.


La Sciamana decide quindi che queste due metà vanno istruite alla Magia ed all’Amore, all’Indipendenza ed all’Accoglienza, alla Sperimentazione ed al senso del Tempo. Solo il rituale del Pasto unisce in se’ tutti questi aspetti. Fonte primigenia di Amore, luogo della Magia creatrice e trasformatrice, della fantasia ma anche della gestione impeccabile ed attenta dei tempi e delle caratteristiche di ogni ingrediente. Insieme di conoscenze che garantiscono l’Indipendenza, ma anche rito di Accoglienza in qualsiasi civiltà.
Simbolicamente la cucina è antro, spelonca, luogo caldo e umido di trasformazione di elementi distinti che ne formeranno uno solo.. evidentemente la cucina è un fortissimo simbolo uterino. Perciò sarà Gretel a doverci stare. Gretel deve capire cosa sia DAVVERO il femminino che le appartiene e che la caratterizza. Non una emotività senza polso, senza senso e senza potere, bensì un calore creativo che possiede tanta magia da stordire chiunque, tanta potenza da generare la Vita, da farsi Vita, da far morire elementi diversi facendone nascere di nuovi.
Gretel non deve mangiare, non le serve per ora. Lei ha già con se’ il proprio nutrimento, deve ora imparare ad usarlo, per rendersi indipendente e per fare dono di se’ donando la Vita. Per questo deve cucinare per Hansel. Non certo per qualche stupido dovere della donna verso l’uomo, ma perché il maschile non è capace di operare questo tipo di Magia. Il maschile si deve nutrire, ma non sa creare il nutrimento. Hansel deve mangiare per essere pronto quando sarà il suo momento, quando dovrà fare quell’unica, esplosiva cosa che da' il via al Cambiamento. Hansel imbroglierà la Vecchia (come l'Uomo con la sua scintilla generatrice opera il primo passo per "imbrogliare" la Morte) e questo innescherà il processo rivoluzionario che porterà Gretel a trovare la piena consapevolezza ed a farle gettare la Vecchia nel Fuoco.



La vecchia costituisce il senso della frase che titola il post, secondo me.. “Si è ciò che si mangia, si mangia ciò che si è”. Siamo ciò che mangiamo: non solo nel senso fisiologico e salutistico, bensì nel senso esoterico.. se mangiamo ciò che troviamo ma non ci mettiamo mai a cucinare, saremo dei parassiti, o degli eterni bambini dipendenti da qualcosa o qualcuno.. mentre se impariamo a cucinare saremo noi gli artefici del nostro nutrimento, della nostra indipendenza, della nostra crescita.. saremo Adulti.
Mangiamo ciò che siamo: ogni cambiamento, e nella vita dovremmo attraversarne tanti, è frutto di una morte rituale e di una rinascita. Ogni volta che cambiamo, partiamo da coloro che eravamo prima, “digeriamo” quella condizione, e ne creiamo una nuova. Ciò che diventiamo è sempre frutto della cottura, della trasformazione, della digestione di ciò che siamo stati. Sempre diversi ma sempre noi stessi, Tempo dopo Tempo, esperienza dopo esperienza, Vita dopo Vita..
La Sciamana, attraverso la metafora eterna del Fuoco che crea, distrugge, purifica, pulisce, spaventa, riscalda, ci insegna che dobbiamo imparare la Magia, imparare ad usarla per nutrire ciò che di noi ha bisogno di essere nutrito (non solo Hansel, bensì anche la parte istintiva, ossia la Sciamana stessa), e conoscerne anche gli aspetti oscuri, legati alla morte ed all’aggressività. Gettare la vecchia nel Fuoco, a questo punto, diventa un atto dai modi efferati ma dal significato positivo.. l’istinto che ci ha insegnato a vivere non ci divorerà, se noi impareremo la sua lezione.. ma sarà sempre nel Fuoco da cui è venuto, nel Fuoco del quale è custode, come ne è custode Baba Jaga. I suoi insegnamenti hanno attraversato, usando la “metafora” del Cibo e del Pasto, tutte le fasi della vita.. la nascita (con la prima necessità ad essa collegata), la maturità (con la più importante prova di autonomia e capacità generativa), la distruzione di ciò che non serve più attraverso un mezzo (il fuoco) che permette sempre la Rinascita come ci dimostra la sacra Fenice.

E mi piace pensare che, come la sacra Fenice, la Vecchia si butta nel Fuoco per rinascere, Bambina, di nuovo nella Casa nella Foresta..




lunedì 10 marzo 2014

le prove di Hansel e Gretel

Il percorso dei bambini nell’oscura foresta è finito, ma la loro avventura è tutt’altro che al termine.
Dopo aver mangiato i due fratelli dormono in due lettini puliti, morbidi e caldi. Il sonno, altro passaggio attraverso l’oscurità, porta i bambini ad un risveglio in una situazione ben diversa da quella che avevano lasciato la sera prima. La vecchia ha assunto il ruolo di sciamana che le è proprio.
Finché rimaniamo nella Coscienza, spontaneamente creiamo dicotomie: la stessa Grande Madre viene vista come scissa in due, una parte benevola e positiva, spesso identificata nelle fiabe con il personaggio della fata buona, ed una parte crudele e distruttrice, spesso impersonificata dalla strega cattiva e divoratrice. Lei è la custode di un Regno sconosciuto.. il Regno dell’Inconscio, il Regno della Morte.. entrando nell’Inconscio, col tempo di apprende e si comprende che la Madre è Una, che ciascuno di noi è Uno, che la Vita e la Morte sono Uno, e che sono entrambe dentro di noi, come lo sono aggressività e dolcezza, razionalità ed emotività, istinto distruttore e spinta creativa. Ma per Ricordare e Capire, nulla avviene di colpo e senza un prezzo. Ci vogliono tempo, fatica ed energie.


La prima prova per Hansel e Gretel è la separazione. Eros e Logos vengono divisi ed ognuno deve arrangiarsi e trovare in se’ stesso le risorse per riequilibrarsi. Gretel deve imparare a cavarsela da sola, senza l’assertività rassicurante quanto ingombrante della razionalità. Hansel deve imparare ad ascoltare ciò che sente, e ad affrontare da solo la paura di venire mangiato. Lei non ha più tempo per piangere perché ha vari compiti da svolgere, lui non ha più modo di tenersi impegnato in cose pratiche e deve solo diventare grasso. Se supereranno questa prova, forse sapranno trovare soluzioni creative ed integrate ai loro problemi, e cresceranno.
I pasti che i due fratelli assumono sono ben diversi. Lui viene ingozzato di pasti prelibati, quasi ad enfatizzare l’aspetto digestivo, il “riempirsi” : ancora l’interiorità, che in Hansel era sempre stata sacrificata.
Lei mangia gusci di gambero, quasi che la potessero aiutare a costruirsi quella “corazza” che le è vitale, per sopravvivere nel mondo ed essere felice : quindi una esteriorità non frivola o vuota, bensì costruita attorno ad un corpo profondo emotivamente sviluppato.
La prova del fuoco è tipica nei riti iniziatici di tutte le popolazioni. Il fuoco come elemento purificatore e ringiovanente, diventa punto di svolta nell’avventura dei bambini: dopo aver affrontato da soli le proprie debolezze, dopo aver superato le quattro settimane che sono state necessarie alla sciamana per portare a termine il rituale del pasto, essi si trovano di fronte al male assoluto: la strega vuole arrostirli e mangiarli. Ora però i fratelli sanno riconoscere che il male è dentro di loro, e che sta a loro comprenderlo, assimilarlo, accettare che le forze in gioco li hanno trasformati ed usare nel modo migliore la propria energia. Essi usano dunque l’energia del fuoco, e diventano i carnefici: proprio la piagnucolona Gretel trova la forza, l’efferatezza e la furia per buttare la vecchia nel forno. Bruciare la strega significa dissolvere la parte “cattiva” assunta dal ruolo materno (prima la madre che li caccia di casa e poi la nonna che li tortura), quella che aveva spinto i bambini a differenziarsi dai propri genitori e l’uno dall’altro. Una volta che i fratelli sono diventati individui, il ruolo della strega non ha più ragione di esistere, il suo compito è concluso e lei può tornare nel Divino Fuoco da cui proviene.
Finalmente Hansel e Gretel hanno acquistato i ruoli che contraddistinguono il Femminino ed il Maschile: è Gretel colei che salva la situazione. Non solo non è più succube del maschile, bensì lo accoglie e lo fa proprio (perché suo è sempre stato) imparando a gestire gli aspetti pratici della vita. Inoltre, assorbe in se’ la furba malizia della Vecchia Strega, e la sfrutta a suo favore buttandola nel fuoco a tradimento. Diventa Dea: Vergine, Madre, Vecchia, Divina e perfetta Ermafrodita. Hansel assume il ruolo, importantissimo, che gli è consono, ovvero quello di Paredro, il quale con la propria energia permette alla Dea di esprimersi in pienezza e sicurezza.

martedì 4 marzo 2014

dolcezza e crudeltà

Eccomi a parlare di una strega che non ha nome. Perché non sappiamo il suo nome? Forse non serve.. forse non serve una identità precisa. Per “definirla” ho cercato le parole che Clarissa Pinkola Estes usa in “Donne che corrono coi lupi” per parlare della Loba.

“C’è una vecchia che vive in un luogo nascosto nell’anima che tutti conoscono ma pochi hanno visto. Come nelle favole dell’Europa Orientale, pare in attesa di chi si è perduto, di vagabondi e cercatori.
E’ circospetta, spesso pelosa, sempre grassa, e desidera evitare la compagnia. E’ insieme una cornacchia e una gallina che chioccia, e solitamente emette suoni più animaleschi che umani.”

In questa fiaba la vecchia sembra essere soltanto negativa ed ingiusta. Diversamente da Jaga, che vive una sorta di “riscatto” dimostrando la propria lealtà nel dare a Vassilissa il fuoco promesso, qui la nostra strega sembra essere crudele fino alla fine. Non sono ancora arrivata a comprendere se il suo ruolo sia uguale a quello di Baba Jaga, di certo ci sono vari aspetti simili ed altri molto diversi. Andiamo per gradi.

La casa della Vecchia non solo non fa paura, ma anzi è allettante. Secondo me questo accade perché deve attirare chi passa di lì per sbaglio.. o meglio, chi arriva da quelle parti senza aver cercato, tutt'altro: Hansel e Gretel sono totalmente inconsapevoli. Vassilissa cerca la casa di Jaga, il che “tradotto” potrebbe significare che l’Anima cerca Jaga perché cerca di capire, di conoscere, di emanciparsi da una situazione sbagliata, pur non sapendo ancora come.
Inoltre, Vassilissa è un’Anima ancora giovane, inesperta, spaventata, insicura, ma abbastanza Integrata, come lo è Biancaneve. Qui invece ci sono Hansel e Gretel. L’Anima sembra divisa in due: un maschile assertivo e tutto sommato dominante, seppure l’atteggiamento sia amorevole e protettivo, ed un femminino emotivo e succube, spaventato e senza iniziativa.
Fra l’altro, nel corso della storia i fratelli provano e riprovano a tornare indietro, alla vita a cui sono abituati, presso dei genitori che li hanno rifiutati. Ne’ Vassilissa ne’ Biancaneve invece hanno l’intenzione di ritornare alla vita di prima. Per due diversi motivi, ma entrambe vogliono raggiungere un obiettivo prima di rivedere la loro casa.
Hansel e Gretel mi sembrano sopraffatti dalla paura dell’Ignoto che è insito nel futuro. La loro matrigna vuole abbandonarli, il padre è talmente inetto che non riesce a tirar fuori l’istinto di protezione che dovrebbe essere parte integrante dell’Amore, eppure Hansel e Gretel credono ancora che in fondo a casa si stia bene, o comunque meglio che nel bosco.


Credo che moltissimi di noi siano come Hansel e Gretel. Facciamo prevalere una parte su un'altra, la ragionevolezza sull’istinto, la produttività sulla creatività, la serietà sulla danza spensierata, la programmazione sull’imprevedibilità. Non permettiamo ad alcuni aspetti di noi di esprimersi.. perché? Perché ci hanno insegnato che non è il caso, e soprattutto che la parte “femminile” è debole, evanescente, non ci porterà a nessun risultato bensì ci condurrà ad essere sopraffatte. E quanto più accettiamo questo, tanto più rendiamo effettivamente debole il nostro lato istintivo ed emotivo. Non lo “alleniamo” ad esprimere l’enorme potere che esso ha. Il potere di trovare soluzioni creative ai problemi, il potere di farsi rispettare con le parole giuste, il potere dell’indipendenza, il potere di gestire il Fuoco.. Noi tutti, almeno una volta, siamo stati come Hansel e Gretel. “Lei” piange e non riesce a darsi una mossa, “lui” programma tutto e salva capra e cavoli, o almeno sembra farlo. Ma chiunque abbia avuto un momento di crisi dovrebbe aver compreso che finché la nostra Anima non è Una e Integrata, finché noi non siamo Integrati, qualcosa andrà storto e sarà sempre più difficile da raddrizzare. Hansel diverrà sempre più dispotico, e quando non saprà risolvere un problema con interventi pragmatici e razionali, allora crollerà. Gretel diverrà sempre più impotente, e quando sarà sola (perché Hansel è venuto meno o non sa che fare) verrà sopraffatta.
E quante volte abbiamo sinceramente creduto che fosse meglio restare o tornare in una situazione di merda, ma conosciuta, che rischiare di andare nella Foresta? Quante volte compromettersi con scelte difficili ci è sembrato troppo spaventoso, anche se di fatto ciò che costituiva la sicurezza era, in effetti, una sicurezza fatta di dispiacere, noia, errori ormai cronicizzati? Quante volte ciò che non conosciamo ci ispira sospetto invece che curiosità, e quello che conosciamo ci ispira stabilità e non magari ribrezzo e rifiuto?
Ci vuole qualcosa che obblighi questi bambini a crescere, ognuno dentro se’ stesso, per potersi poi unire in modo sano e positivo, per vivere una vita di consapevolezza e gioia.
Perché ogni parte dell’Anima trovi la propria consapevolezza, sappia vivere di questa, e si riunisca all’altra parte in maniera questa volta sinergica e non più malata, bisogna che entrambe le parti entrino nella Casa della Foresta. Ma stavolta l’Anima non ci vuole andare. Non ha capito che l’abbandono dell’abitudine è la salvezza e non la condanna. Se la casina della Vecchia non fosse golosamente allettante, Hansel e Gretel non ci entrerebbero affatto.
La strega deve essere subdola per poter eseguire il proprio compito, per poter far entrare l’Anima sdoppiata in casa. Su questo punto vorrei provare a chiarire, forse più a me stessa che a chi legge, un concetto. Nessuna persona altra da noi stessi può prendersi il diritto di essere una strega per la nostra anima. La vecchina di questa fiaba, Baba Jaga, i sette Nani.. sono tutte Creature che stanno più o meno a fondo dentro ognuno di noi. A volte io personalmente rischio di lasciarmi trasportare dall’interpretazione di queste fiabe, e credo di vedere nel comportamento di alcune persone quello di alcuni di questi personaggi.. Ma non funziona così. Nessuno al mondo deve credere di potermi illudere con le caramelle e poi provare a divorarmi. Nessuno al mondo deve credere di poter esigere qualsivoglia prova di resistenza o di lealtà da me. Nessuno al mondo deve sentirsi autorizzato a ferirmi nel fantomatico intento di insegnarmi qualcosa.
Sono io la Strega, sono io la Fanciulla, sono io l’Usurpatrice, sono io la Foresta sacra, sono io l’Amica fedele, sono io la Matrigna, sono io la Vecchina, sono io la Loba. Alcune persone sono arrivate o arriveranno nella mia vita, ed alcuni libri, ed alcune canzoni, ed alcune esperienze.. e tutte queste hanno contribuito o contribuiranno a far uscire la Donna Selvaggia ed anche i suoi acerrimi Nemici, quali la Paura, l’Ego, la Rabbia.. ma bisogna tenere sempre a mente che la sola persona autorizzata a ferirmi (se questa ferita porta a consapevolezza) sono io.

domenica 2 marzo 2014

tremate tremate 3: la Vecchia nella casa di marzapane

Davanti a un gran bosco abitava un povero taglialegna con sua moglie e i suoi due bambini; Hansel, e Gretel. Egli aveva poco da metter sotto i denti, e quando ci fu nel paese una grande carestia, non poteva neanche più procurarsi il pane tutti i giorni. Una sera, disse sospirando alla moglie: - Che sarà di noi? Come potremo nutrire i nostri poveri bambini, che non abbiam più nulla neanche per noi? - Senti, marito mio,- rispose la donna,- domattina all'alba li condurremo nel più folto della foresta: accendiamo loro un fuoco e diamo a ciascuno un pezzetto di pane; poi andiamo al lavoro e li lasciamo soli: i bambini non ritrovano più la strada per tornar a casa, e ne siamo sbarazzati.- No, moglie mia,- disse l'uomo,- questo non lo faccio: come potrei aver cuore di lasciare i miei figli soli nel bosco! le bestie feroci verrebbero subito a sbranarli.- Pazzo che non sei altro,- diss'ella,- allora dobbiamo morir di fame tutti e quattro; non ti resta che piallare le assi per le bare-. E non lo lasciò in pace finché egli acconsentì.
Per la fame, neppure i due bimbi potevan dormire, e avevano udito quel che la matrigna diceva al padre. Gretel piangeva amaramente, e disse a Hansel: -Adesso per noi è finita.- Zitta Gretel,- disse Hansel,- non affannarti, ci penserò io-. E quando i vecchi si furono addormentati, si alzò, si mise la giacchettina, aprì l'uscio da basso e sgattaiolò fuori. Splendeva chiara la luna, e i sassolini bianchi davanti alla casa rilucevano come monete nuove di zecca. Hansel si chinò e ne ficcò nella taschina della giacca quanti poté farne entrare. Poi tornò dentro e disse a Gretel:- Sta' di buon animo, cara sorellina, e dormi pure tranquilla: Dio non ci abbandonerà-. E si rimise a letto.
Allo spuntar del giorno, la donna andò a svegliare i due bambini: -Alzatevi, poltroni, andiamo nel bosco a far legna!- Poi diede a ciascuno un pezzetto di pane e disse: -Eccovi qualcosa per mezzogiorno, ma non mangiatelo prima, non avrete nient'altro.- Poi s'incamminarono tutti insieme verso il bosco. Quando ebbero fatto un pezzetto di strada, Hansel si fermò e si volse a guardar la casa; così fece più e più volte. Il padre disse:- Hansel, cosa stai a guardare, e perché rimani indietro? Su, muoviti!- Ah, babbo,- disse Hansel -guardo il mio gattino bianco, che è sul tetto e vuol dirmi addio-. La donna disse: -Sciocco, non è il tuo gatto; è il primo sole, che brilla sul comignolo-. Ma Hansel non aveva guardato il gattino: aveva buttato ogni volta sulla strada uno dei sassolini lucidi che aveva in tasca.
Arrivati in mezzo al bosco, disse il padre: -Adesso raccogliete legna, bambini; voglio accendere un fuoco, perché non geliate-.
Hansel e Gretel rimasero accanto al fuoco e a mezzogiorno mangiarono il loro pezzetto di pane. E udendo colpi d'accetta credevano che il babbo fosse vicino. Ma non era l'accetta, era un ramo, che egli aveva legato ad un albero secco e che il vento sbatteva di qua e di la'. Alla fine i loro occhi si chiusero per la stanchezza ed essi si addormentarono profondamente. Quando si svegliarono, era già notte fonda. Gretel si mise a piangere e disse. -Come faremo a uscire dal bosco!- Ma Hansel la consolò:- Aspetta soltanto un poco, finché sorga la luna, poi troveremo bene la strada-. E quando sorse la luna piena, prese per mano la sua sorellina e seguirono le pietruzze, che brillavano come monete nuove di zecca e mostravan loro la via. Camminarono tutta la notte, e allo spuntar del giorno arrivarono alla casa paterna.
Non passò molto tempo, e la miseria tornò ad invadere la casa; una notte i bambini udiron la matrigna dire al padre, mentre era a letto:- Si è di nuovo mangiato tutto, c'è ancora una mezza pagnotta, poi è finita. I bambini devono andarsene; li condurremo più addentro nel bosco, perché non ritrovino la strada: per noi non c'è altro scampo-. L'uomo si sentì stringere il cuore e pensò:" Sarebbe meglio che dividessi il tuo ultimo boccone con i tuoi bambini".
Ma i bambini erano ancora svegli e avevano udito quei discorsi. Hansel si alzò di nuovo per andare a raccogliere sassolini, ma la donna aveva chiuso la porta e Hansel non poté uscire. Ma consolò la sua sorellina.
Sul far del giorno, la donna fece alzare i bambini dal letto. Ebbero il loro pezzetto di pane, ma era ancora più piccolo dell'altra volta. Sulla strada del bosco, Hansel lo sbriciolò in tasca, e spesso si fermava e buttava una briciola in terra.
La donna condusse i bambini ancor più addentro nel bosco, dove non eran mai stati in vita loro. Accesero di nuovo un gran fuoco, promisero di tornare a prendere i figli dopo il lavoro, ma non lo fecero. Quando sorse la luna, i fratellini non trovarono più neanche una briciola: le avevano beccate i mille e mille uccellini, che volavano per i campi e i boschi. Hansel disse a Gretel: -Troveremo la strada lo stesso-. Ma non la trovarono. Camminarono tutta la notte e un giorno, da mane a sera, ma non uscirono dal bosco, e avevano tanta fame; esausti, si sdraiarono sotto un albero e si addormentarono.
Al mattino, ricominciarono a camminare, ma si addentravano sempre più nel bosco, e se non trovavano presto aiuto, sarebbero morti di fame.


A mezzogiorno, videro un bell'uccellino bianco come la neve; cantava così bene che si fermarono ad ascoltarlo. Essi lo seguirono finché giunsero ad una piccola casa. Quando furono ben vicini, videro che la casa era fatta di pane e coperta di focaccia; ma le finestre erano di zucchero trasparente. -All'opera!- disse Hansel. Mangiarono, quando ad un tratto la porta si aprì e venne fuori pian piano una vecchia decrepita, che si appoggiava a una gruccia. Hansel e Gretel si spaventarono tanto, che lasciarono cadere quel che avevano in mano. Ma la vecchia dondolò la testa e disse: -Ah, cari bambini, chi vi ha portato qui? Entrate e rimanete con me, non vi succederà niente di male.- Li prese entrambi per mano e li condusse nella sua casetta. Fu loro servita una buona cena, latte e frittelle, mele e noci; poi furono preparati due bei lettini bianchi, e Hansel e Gretel si coricarono e credevano di essere in paradiso.
La vecchia fingeva d'esser benigna, ma era una cattiva strega. Quando un bambino cadeva nelle sue mani, l'uccideva, lo cucinava e lo mangiava. Di buon mattino, prima che i bambini fossero svegli, afferrò Hansel con la mano rinsecchita, lo portò in una stia e lo rinchiuse dietro un'inferriata; e per quanto egli gridasse, non gli giovò.
Poi essa andò da Gretel, la svegliò con uno scossone e gridò: -Alzati, poltrona, porta l'acqua e cucina qualcosa di bu0ono per tuo fratello, che è la' nella stia e deve ingrassare. Quando è grasso, voglio mangiarmelo-. Gretel si mise a piangere amaramente, ma fu tutto inutile, dovette fare quel che voleva la cattiva strega.
Ora al povero Hansel cucinavano i cibi più squisiti, ma Gretel non riceveva che gusci di gambero. Ogni mattina la vecchia si trascinava fino alla stia e gridava: -Hansel, sporgi le dita, che senta se presto sarai grasso-. Ma egli le porgeva un ossicino e la vecchia, che aveva gli occhi torbidi, non poteva vederlo, credeva fossero le dita di Hansel e si stupiva perché non volesse proprio ingrassare. Dopo quattro settimane, visto che Hansel era sempre magro, perse la pazienza e non volle più aspettare. -Su, Gretel,- gridò alla fanciulla, -porta l'acqua, svelta; grasso o magro che sia, domani ammazzerò Hansel e lo cucinerò-. Ah, come pianse la povera sorellina! -Risparmiati il piagnisteo, -disse la vecchia,- non serve a nulla.
Al mattino dopo, disse:- Prima di tutto bisogna cuocere il pane, ho già scaldato il forno e impastato. Cacciati dentro,- disse la strega a Gretel,- e guarda se è ben caldo, perché possiamo infornare il pane-. Ma Gretel capì la sua intenzione e disse: - Non so come fare: come faccio a entrarci?- Stupida oca,- disse la vecchia, -l'apertura è abbastanza grande; guarda, potrei entrarci anch'io-. Allora Gretel, con un urtone, la spinse dentro, chiuse lo sportello di ferro e tirò il catenaccio. Corse via e la strega dovette miseramente bruciare.
Gretel corse difilato da Hansel, aprì la stia e lo liberò gridando che la strega era morta ed erano liberi. Dappertutto nella casa della strega c'erano forzieri pieni di perle e di pietre preziose. I bambini si riempirono le tasche ed il grembiule.
-Ma adesso ansiamo via,- disse Hansel, -dobbiamo uscire dal bosco della strega-. Giunsero ad un gran fiume, e Gretel chiamò una bella oca bianca che, uno alla volta, li traghettò dall'altra parte. Camminando, il bosco divenne loro sempre più familiare e alla fine scorsero da lontano la casa del loro babbo. L'uomo non aveva avuto più un'ora lieta da quando aveva lasciato i bambini nel bosco, ma la donna era morta. Gretel e Hansel vuotarono il grembiule e le tasche, così finiron tutti i guai e i tre vissero insieme felici e contenti.


La traduzione è di Clara Bovero, che pur con il passare degli anni resta la mia traduttrice dei Grimm preferita :)