mercoledì 4 giugno 2014

Solo nel Morire..

Il Re e la Regina appartengono ad un Mondo che fa le cose sempre allo stesso modo. Con i loro dodici piatti d’oro, sanno accogliere soltanto le fate che sono abituati a conoscere, e non fanno nulla per adattarsi all’arrivo di una nuova Entità. Non trovano niente di meglio da fare che evitare di chiamarla.
Quando Rosaspina riceve la condanna a morire per la puntura di un arcolaio, il padre prova ad eliminarli tutti, invece che insegnarle a gestire il pericolo, facendole imparare ad usare il fuso per esempio. Egli, come molti padri (per esempio il mio) vorrebbe che la figlia rimanesse sempre una bambina innocente dipendente da lui, e per proteggerla prova ad escludere dalla loro vita tutto ciò che ai suoi occhi potrebbe creare problemi. Naturalmente non ci riesce, nessuno ci riesce. Perché noi siamo programmati per essere imperfetti ed avere vite imperfette, e anche perché alcuni di noi hanno un talento particolare per incasinarsi. Ma non divaghiamo.
La Tredicesima fata è offesa per non essere stata invitata, ed ha ragione cazzo. Lei intuisce che il mancato invito significa un rifiuto da parte dei Genitori del Dono che Lei ha da offrire alla Bambina Sacra. Perché, diciamocelo, ormai cominciamo a capire che i sovrani lo sapevano quello che la Tredicesima Fata avrebbe portato con se’.. la sola cosa che essi non possono esperire, che non conoscono direttamente, e che quindi non comprendono appieno ne’ concepiscono.. perciò ne sono spaventati, e reagiscono a modo loro. Come dei vecchi genitori, con vecchi metodi. Provano a far finta che quella fata non esista, e poi con la scusa che non hanno gli strumenti per gestirla, provano a non farla entrare.
Ma la Fata sa che il proprio Dono è irrinunciabile. Questo Dono renderà la Bambina diversa dai genitori, diversa da tutto il mondo dal quale proviene. Non migliore o peggiore, ma diversa. E questa diversità potrebbe essere lo scintillio della Vita come noi la conosciamo. Perché gli Elfi se ne dovevano andare da Valinor. Perché Vassilissa se ne deve andare dalla propria casa, e Biancaneve, e Hansel e Gretel. Perché Lyra se ne deve andare dal Jordan College di Oxford. Perché Adamo ed Eva se ne dovevano andare dall’Eden. Perché Bastian deve allontanarsi dallo sgabuzzino della scuola e dalla propria quotidianità. Perché tutti noi, per trovare la Verità, dobbiamo andare via. Per diventare grandi. Tutti noi, per essere Liberi, dobbiamo lasciare quello che sembra, o magari effettivamente è, un mondo perfetto.


Ma come si fa ad andarsene da un luogo che perfetto lo è davvero, perché è la Terra degli Dei? Come potrebbe la bellissima, virtuosa, intelligente, dolce Rosaspina, scegliere di abbandonare il Regno dove è nata? Serve, come in tutte le storie, Qualcosa o Qualcuno che faccia accadere l’imprevisto, o che faccia conoscere alla Bambina Sacra ciò che si trova Fuori. I Grimm, o chi inventò la storia prima di loro, scelgono di personificare l’Imprevisto stesso. Di dargli il volto fatato di una creatura indomabile, incontenibile, rapidissima e apparentemente insensibile. La strega di questo mese non è la Donna Selvaggia, non è l’Iniziatrice, non è l’Usurpatrice, non è la Madre amorevole.. Ma che nome darle allora?
Smettiamola di girarci intorno, questo personaggio incredibile porta con se’, parafrasando J.K.Rowling, “i Doni della Morte”. Quella Morte che, come abbiamo più volte visto nel corso di questi studi sulle streghe, è sempre il miglior modo per mettere in risalto la Vita. Quella morte che, quando viene affrontata dalla Bambina Sacra, dall’Anima (con la dovuta iniziazione o i dovuti aiuti), è sempre una Morte/Sonno, e precede una Rinascita/Risveglio. Quella Morte che, come ci insegna il sapere druidico, “non è che il punto di mezzo di una lunga vita”. La Morte, accennavo nel post precedente in modo maledettamente fumoso e confuso, è il prezzo da pagare per la Libertà ed il libero arbitrio. Non può funzionare diversamente. Se rimaniamo nella Casa dei Genitori Divini, allora non conosceremo mai la Morte ma solo una Eterna Gioia. Ma non la Libertà, perché in Quel Luogo la libertà non ci serve.
Per apprendere cosa significa Scegliere, ed essere Liberi, anche di sbagliare, bisogna stare in un posto dove l’errore esiste, dove esistono delle possibilità che porteranno ad esiti differenti. E in questo posto si muore.
Non saprei ancora dire cosa sia meglio, per me. Talvolta invidio coloro che sono ad un punto tale del proprio Cammino per cui pensano con gioia al proprio congiungimento con la Madre, congiungimento non per forza fisico bensì esoterico, del pensiero e dei sentimenti. A volte invidio chi è felice all’idea di non dover più decidere niente, ma non perché sia schiavo, anzi, al contrario, perché è arrivato ad una perfetta unione col Divino..
Altre volte, forse più spesso, resto attaccata alla mia fragile, imperfetta, impetuosa, stupida umanità. E per quanto gioisca quelle volte in cui percepisco un Disegno più Sottile, per quanto mi commuova nel vedere la perfetta sacralità della Natura, mi trovo ancora convinta, molto spesso, che desidero ancora, che sbaglio ancora, che decido ancora, che sperimento ancora cosa significa, per me (non riesco nemmeno ad immaginarlo, questo discorso, in senso Assoluto), la parola Libertà.

1 commento:

  1. Bellissimo post! Provo a dire umilmente la mia. Forse questa fiaba ci mostra cosa accade quando non vogliamo esercitare la nostra libertà: l'immobilismo, la sospensione. Compiere una scelta è sempre doloroso quando c'è viva consapevolezza. Possiamo scegliere il "modernismo" e cercare di mutare il mondo, le idee, noi stesse, le amicizie e gli amori. Oppure possiamo scegliere di muoverci per riscoprire la bellezza di quel che ci circonda e di chi ci accompagna da sempre. Nessuna scelta è migliore dell'altra, entrambi espongono a rischi molto seri di perdersi nell'immobilismo (frenetico o depressivo, è lo stesso). Libertà è scegliere il cambiamento o la valorizzazione di quel che c'è con coraggio, accettando la morte di qualcosa di noi che accompagna ogni nostra scelta fondamentale. Sempre.

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