sabato 24 aprile 2010
la signora dalloway
Eccoci qua.Come previsto, dopo due settimane che non lo riprendevo in mano, ho finito le ultime ottanta pagine questo pomeriggio.
Dire che c'ho capito mi sembra troppo. Ma non è troppo dire che è stata una meravigliosa esperienza. Come fare un sogno, presente? Di quelli che quando ti svegli ricordi poco e comprendi altrettanto poco, ma ti lasciano addosso una sensazione piacevole e magica ed elettrizzante..come se adesso fossi stata iniziata a qualche meraviglioso quanto oscuro segreto. Come vedere un concerto dei buena vista social club, che fino alla fine non ti capaciti, che anche quando sei ormai a casa a letto non ti sembra ancora vero. Che ti senti come in una bolla fuori dal mondo, e assorbi quasi per osmosi quello che leggi e vedi, pur non sentendo di averlo capito davvero, se non in parte, in alcuni passaggi. E' frustrante da un certo punto di vista, perché ti verrebbe da rileggere tutto daccapo per fartene un'idea più chiara. Oppure, come avrebbe detto la Gasperini, butti via il libro e tutto è ancora più chiaro.
A parte la frustrazione però, rimane quella piacevole sensazione che ti danno i libri che in un modo o nell'altro ti segnano la vita, perché dici dentro di te "beh, proprio non si può morire senza averlo letto!". Ecco.Ora mi sento così. Quello che ho capito, mi è piaciuto, mi ha fatto scoprire un pensiero nuovo o mai espresso, sicuramente mai così. Perché di certo non puoi pensare a Virginia Woolf senza pensare alla rivoluzione che lei (insieme a Joyce e praticamente nessun altro in prosa) ha compiuto nel linguaggio scritto. Tutti a scuola abbiamo studiato lo stream of consciousness, e in questo libro il bello, secondo me, è che pur essendo immersi in questa tecnica, siamo ancora in grado noi persone dal Q.I. inferiore a 160 di orientarci, almeno a volte. Probabilmente perché il libro non è molto lungo, e perché è fra le prime prove di Virginia con questa tecnica. Sicuramente però, il motivo principale è che lei, l'autrice, ha deciso che aveva voglia di farci capire qualcosa, di farci guardare un pezzettino del suo geniale mondo. A me, almeno, piace pensare così.
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