venerdì 14 ottobre 2011

noi che ci vogliamo così bene


Marcela Serrano racconta le donne. In questo suo primo romanzo come in tutti gli altri, che ho letto ed amato uno per uno.
Ci sono anche gli uomini in questo romanzo, ed alcuni sono anche delle figure positive, ma è impossibile non capire che sono solo dei gregari, e che le donne, come sempre per lei, sono le vere, uniche, meravigliose, indiscusse protagoniste.
Donne diverse. Ognuna con una storia, ognuna con un carattere, alcune coraggiose altre per niente, alcune ipocrite altre sincere e ribelli, alcune armate, alcune innamorate.
Donne in fondo uguali. Tutte con almeno un segreto, perché non esiste donna che non ne abbia almeno uno. Tutte con una vita difficile, pur magari in modi diversi. Tutte con in comune una patria, il Cile, che è sempre co-protagonista nei racconti della Serrano.
Il Cile di Allende e di Pinochet, il Cile della paura e della lotta, il Cile degli esiliati e dei giornali clandestini. Un Cile dai sapori e valori contrastanti, come tutti i paesi sudamericani che hanno conosciuto il marxismo e la lotta armata negli ultimi sessant'anni, e come tutti gli altri pieno di dolore e di passione, un Cile solidale e crudele.
Le storie di quattro amiche che si rivedono dopo anni si intrecciano alle storie delle loro amiche, sorelle, cugine.
Il tempo c'è, ma non è così importante. Il tempo è tendenzialmente maschilista. E' più generoso con gli uomini, mentre lo donne ce l'hanno spesso contro: contro la loro bellezza, contro la loro capacità di fare figli, contro le loro mille incombenze quotidiane, contro la loro possibilità di crescita professionale. Forse è anche per questo che gli eventi narrati si intrecciano così, da una pagina all'altra da un paragrafo all'altro si salta da un episodio del mese scorso ad uno di dieci anni fa, così come si salta dal racconto di vita di una donna a quello di un'altra. Se il tempo ci bistratta, si disinteressa a noi ed ai nostri tempi interiori,allora anche noi freghiamocene un po' di lui.
Il femminismo è profondo, intenso, impossibile da evitare. Non è mica così ovvio, solo perché le protagoniste sono donne e l'autore pure, che uno scritto sia femminista nel senso più intimo, non di propaganda (a parte che, di questi tempi, mi piacerebbe anche se fosse propaganda, se ce ne fosse un po'). Non è così ovvio che leggendo tu sia portata a fermarti e pensare che, cazzo, è vero, perfino gli spazi delle abitazioni sono progettati pensando agli uomini come detentori del potere; cazzo, è vero, ancora spessissimo si vedono donne sacrificare se' stesse (lavorativamente, intellettualmente, sessualmente, socialmente) per degli uomini che non notano quanto sia arduo lavorare, mandare avanti una casa, allevare dei figli, mantenersi belle e interessanti per il marito, risolvere i problemi quotidiani che si presentano continuamente, gestire le piccole grandi crisi di tutta la famiglia (dimenticando o non vedendo le proprie), fare in modo che tutto funzioni senza che nemmeno si noti; cazzo, è vero, ancora adesso le donne spesso non sono capaci di dire ad un uomo cosa vogliono a letto, e si accontentano del sesso fatto male; cazzo è vero, una donna in carriera viene sempre guardata con sospetto; cazzo è vero, una donna che viaggia da sola fa strano. E potrei andare avanti.
E c'è l'amore. In tutte le sue forme. Amicizia, amore materno, amore di coppia, monogamo o poligamo. Amore che fa male, sempre e comunque tutte le volte, anche se regala gioie enormi a volte, e fa scoprire parti impreviste di noi. Amore che raramente dura, ma che lascia tracce eterne. Perché è inutile, non puoi farne a meno, qualsiasi sia la forma nella quale lo vivi. E se qualche volta, o magari spesso, paghi un prezzo gravissimo per il tuo amore, alla fine va bene. Non dico che se ne esca sempre, dai debiti. Dalla depressione come dal fuoco. Dalla paura come dall'abitudine. I modi di pagare sono tanti, e non è detto che si riesca a pagare tutto il dovuto e poi ricominciare. A volte si resta invischiati. Però, lo ripeto, va bene.
Mi fa perdere l'equilibrio, Marcela Serrano. Letteralmente, scivolo e barcollo in dubbi, pensieri tristi e pericolosi per la mia anima già instabile, inciampo in paure che credevo più o meno sopite, se non superate, arranco in un labirinto di incertezze come se stessi facendo dieci piani di scale, mi trovo col culo per terra pensando a gente alla quale non ripensavo da un pezzo..la costante indagine nella femminilità della Serrano ha risvegliato tutti i miei lati femminili, anche i più difficili da gestire e apprezzare. Che casino. E' tutta la mattina che, per ritrovare un minimo di centro (se sapessi mai cos'è un centro, e dov'è...), ascolto Frank Sinatra, per darmi un po' di puro testosterone.
Leggetelo, leggeteli tutti perché sono uno meglio dell'altro. E procuratevi un cd di Frank.

4 commenti:

  1. Mmmmm...grande donna, grandi romanzi...ma destabilizzanti!? Argh, questo non gioca a suo favore!
    Anche se mi chiedo se sia saggio evitare le proprie incertezze, i dubbi, le paure...O se invece sia più salutare ed edificante scontrarci con essi attraverso l'analisi e la rilettura dei personaggi che ci appassionano...
    La Serrano è quel genere di autrice che con discrezione, delicatezza ma anche irruenza, entra nelle nostre camere, nei nostri cuori, nella nostra mente e ci percuote rimettendoci in gioco...

    Ho inteso bene il genere?

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  2. Grazie per questa ennesima segnalazione; ricambio con l'opera di P. Lemebel "Ho paura torero", un romanzo anch'esso ambientato nel Cile di Pinochet - protagonista un transessuale; a mio avviso un connubio ben riuscito di femminilità e poesia: entrambi autentiche e vissute con il cuore...
    A proposito di femminilità, mi fa piacere cara M. che leggendo Serrano tu abbia avuto qualche vertigine... Mi spiace però che tu abbia cercato, e suggerisca addirittura, una terapia di testosterone!
    La femminilità - quella vera - secondo il mio modesto parere di imbecille (alla fin fine sono una specie di uomo) è democrazia, intelligenza e bellezza del cuore.
    Attributi che ciascuno - uomo o donna - deve vivere se vuole essere una persona libera e vera.
    La cosa peggiore dopo gli uomini che rinnegano la propria parte femminile (spesso già misera di base), sono le donne che hanno paura della propria femminilità. Intendiamoci: il testosterone va benissimo perché viviamo in un mondo di lupi - si deve sopravvivere - e dunque come non provare un'empatia per le donne forti, che sanno imporsi? Però la femminilità da vivere deve essere un obiettivo per chiunque ami essere una persona vera.
    Confido in una qualche replica - femminile o testosteronica - e lancio una provocazione: cara M., basta con "cazzo", piuttosto diciamo "flop" (non propongo fica perché è un termine violentato e passato al nemico). Insommma, il mondo maschile va combattuto anche nella scelta delle parole. Dunque permettimi di aggiungere: "M, per una volta dammi ragione, e che flop!"
    ;-)

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  4. il nomignolo migliore, secondo me imbattuto, per lei come per lui, resta "colazione dei campioni"..in saecula saeculorum! ;)

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