sabato 12 giugno 2010

senilità

Non può mancare Italo Svevo alla nostra umile ma il più possibile dignitosa rassegna.
Questo è un libro che superficialmente può sembrare noioso, o comunque poco interessante, ed invece se lo leggi con attenzione è veramente caustico e potente, direi.
Probabilmente nessun altro scrittore, in quel periodo storico, riesce meglio di Svevo a descrivere come sia gretta la figura del borghesuccio che si crede un grand'uomo ma è solo, diciamolo, un piccolo grande pirla.
Emilio Brentani, il protagonista, è un uomo che mente. Se uno capisce questo (e si capisce), allora è già a buon punto per notare quanto sottilmente ironico e tagliente sia tutto il romanzo. Mente agli altri, dandosi arie di uomo pieno di responsabilità, arguto e brillante, mentre non lo è. Mente a se stesso, vedendosi come uomo di mondo con un sacco di esperienza, smaliziato e fuori dalle norme borghesi, mentre è tutt'altro.
E' un uomo spaventato dal mondo esterno, dal sesso e dalle scelte di vita fuori dagli schemi, che per non correre neanche il minimo rischio finisce per rinunciare a tutte le gioie che la vita potrebbe offrirgli, se solo lui le cercasse, o cercasse di afferrarle.
E' un uomo con una psiche di bambino (cioè, ancor peggio di come sono gli uomini abitualmente, intendo..), che vuole far credere a se' stesso ed agli altri di essere molto, molto diverso da ciò che è.
Uno sfigato insomma, lo chiameremmo oggi. E a ragione.
Da un lato quest'uomo mi fa pena, perché capisco che non riesce a reagire alla sua immensa paura di vivere.
Dall'altro mi fa incazzare, perché nella mia testa si fa spesso largo il solito pensiero: che bisogna provare a lottare, sempre.
Il romanzo però non è malinconico o triste, pur parlando di una condizione di disagio e dispiacere. Svevo prende il protagonista per il culo sistematicamente, dall'inizio alla fine. Con quell'humor inglese, avete presente? Come quelle persone che fanno una battuta ma non si scompongono, e tu invece sei lì che ridi come un imbecille. Ecco, Svevo scrive così. Non ne lascia passare una al povero Emilio, ma lo stile è asciutto e minimale, come un sorriso sarcastico, mai come uno scoppio di risate per capirci. Mentre tu che leggi il libro ridi e dici "che bastardo!", e continui a ridere... Geniale.

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