
i romanzi che costituiscono questo ciclo sono tre. Il primo è, appunto, La bella estate, ed è quello che ho letto io. Gli altri, se ho voglia, più avanti.
Pavese scrive meravigliosamente, non mi ricordavo quanto fosse bello leggerlo.
La protagonista di questo romanzo, in un anno, diventa una persona più o meno adulta. Più o meno, perché chi è completamente adulto in fondo? E a diciassette anni, anche se sei in quel periodo storico, a diciassette anni dicevo puoi ben permetterti di non essere ancora adulta del tutto. Ginia vive un'estate che pensa non le ricapiterà più. Probabilmente ha ragione. E' una ragazzina intelligente, autonoma e sveglia, ma alla fine abbastanza gretta, un po' arrogante e presuntuosa. Non è una di quelle che ti stanno simpatiche al primo colpo insomma. Poi si innamora. Viene usata e buttata via come è capitato a tutti noi almeno una volta, e quelli a cui non è capitato si vede (e non è un complimento). Forse più dei nuovi amici balordi, più della perdita della verginità, più della scoperta dell'alcol e delle sigarette, è quella delusione a far crescere la protagonista. Che, finalmente oserei dire, si accorge che anche lei ha fatto la figura della stupida, come quelle che prima prendeva in giro. Si accorge che nemmeno lei ha saputo controllarsi, e che pure lei ci è rimasta sotto. Non puoi non godere segretamente di questa sua delusione, perché sempre quando qualcuno è un po' troppo pieno di se', proviamo un certo piacere a vedere che qualcosa lo fa rendere conto del fatto che invece non è al di sopra di nessuno. Allo stesso tempo però ci sentiamo un po' come lei, poveraccia, una buona ragazza alla fine, che vive un dispiacere che in fondo non si meritava, come non se lo meritavano tanti di noi.
Il mio personaggio preferito è Amelia, ovviamente. Amelia che è più grande, e più navigata, Amelia che ha dato il suo corpo ai pittori ed agli amanti un po' perché le piaceva e un po' perché non aveva, o non credeva di avere, altro da dare. Amelia che ha beccato la sifilide ed è spaventata e sola e triste e persa. Amelia che è la sola ad essere davvero innamorata di Ginia. Ma è costretta ad accettare il fatto che Ginia invece è innamorata di Guido, e che anche se Guido la sta usando le cose non possono essere cambiate. Le cose non si cambiano e lei Ginia non può avvertirla ne' proteggerla, ed ha paura anche a farsi tenere per mano perché ha la sifilide, e alla fine continua ad essere capace solo di fare la modella e scopare, e Ginia non vorrà mai amarla, ma anzi la compatisce, Amelia lo sente, lo sa, che Ginia prova quella pietà schifosa uguale a quella che ti insegnano le suore. Amelia che non è uguale a nessuno, che è bugiarda e debole e stronza ma è vera e paga tutto del proprio, nel bene fino in fondo e nel male fino in fondo.
La scrittura è uno spettacolo, precisa e senza troppi fronzoli, come piace a me, secca e semplice. Non c'è altro da dire, sembra. E invece c'è tanto da pensare, perché Pavese scrive le cose ma poi sta a te rifletterci, e capire, la psicologia dei personaggi come i segreti appena accennati della storia. Sta a te capire, se ne hai voglia e se sei capace.
Come per la vita. E' tutto qui, visibile e sperimentabile e palese. Ma sta negli occhi di chi la guarda, e nella mente e anima di chi la vive, capire, o interpretare, o prenderla alla lettera, o provare a starci dentro. Provare a capirla e a farla funzionare non è compito di chi mette in piedi la storia.