martedì 4 dicembre 2012

donne dududu4: Ruth Benedict


a volte arrivano a sorpresa. Come certi incontri che non ci avresti scommesso. Come certi libri che avevi preso per sbaglio. Come certi piatti che assaggi senza troppa convinzione. Arrivano come il primo bucaneve, che tu sei lì tutta intirizzita e lo vedi, e ti esce il sorriso di chi sa che la primavera non tarderà.
Così è arrivata Ruth. In silenzio. Dolcemente. Eppure in modo risoluto, si fa breccia nella mia testa e nei miei studi. Sono lì che leggo del suo mentore, Franz Boas, il padre dell'antropologia americana, un grande, grandissimo uomo. E leggo che Boas ebbe come assistente, udite udite, intorno al 1925, una donna. Che già qui, voglio dire, potrei chiudere la rubrica adesso e già sapreste che Ruth fu una grande.
Sul solco tracciato da Boas, Ruth compì gli studi in campo antropologico, lei che già aveva studiato lettere, lei che già si era sposata ed aveva provato ad avere un bambino ma il suo corpo aveva detto di no, lei che aveva una sorellina più piccola di cui si era sempre occupata e preoccupata, visto che la mamma era vedova e fortemente depressa e con uno stipendio misero, fin da quando loro erano piccine.
Chi aveva una strada più tracciata di quella di Ruth? Primi del Novecento, famiglia povera di sole donne, sposa giovane e sterile di un bravo biochimico. Dove vuoi andare, dolce Ruth?
E invece.
Grazie alle indicazioni di Boas all'inizio, e grazie alla sua tenacia colossale ed al suo amore sconfinato per l'Umanità poi, Ruth divenne praticamente la prima antropologa donna importante. Scandagliò la cultura, la lingua, le abitudini di svariati popoli di Nativi Americani, li confrontò con altri e scrisse Patterns of Culture, praticamente una pietra miliare dell'antropologia americana. Con l'arrivo della Grande Depressione e poi della Grande Guerra, iniziò a capire profonddamente, e soprattutto cercò di farlo capire agli altri, che l'antropologia non era una scienza sterile da topi di biblioteca.
L'antropologia serviva. Nel senso di servitrice proprio. Doveva servire i migliori padroni, la Fratellanza, il Rispetto, l'Accettazione. Studiare i popoli significava, doveva significare, capire che non potevano esistere discriminazioni razziali o biologiche. Gli studi di Boas e di Benedict dimostrarono empiricamente che tutte le caratteristiche anche biologiche dei popoli erano modificabili dallo stile di vita, dalle condizioni di vita. Dimostrarono che ogni popolo è diverso, che non esistono leggi insindacabili per lo sviluppo di una comunità, che ogni cultura apporta al Tutto una sua propria originalità. Conoscere e comprendere i popoli non doveva più intendere, e sottintendere, dominarli, bensì amarli.
Ruth associò i suoi studi all'impegno sociale per tutta la vita. Trattò gli argomenti più diversi, anche quelli considerati tabù o comunque difficili da gestire. Sulla cultura giapponese, scrisse un altro libro amato anche dai profani, Il crisantemo e la spada.
E poi svariati, svariati altri scritti, non solo studi antropologici preziosi ma anche poesie e lettere.
Non tutto fu pubblicato. In fondo di certe cose non era il caso di parlare. In fondo era allieva di Boas, il tedesco americanizzato che rinnegava le teorie razziste. In fondo aveva un metodo che lasciava spazio all'intuito invece che affidarsi completamente alle prove scientifiche. In fondo il femminismo non piaceva a nessuno. In fondo quell'amicizia profondissima con Margaret Maud faceva discutere. In fondo non aveva una sua cattedra (le venne sempre negata, anzi no le fu concessa, due mesi prima della morte). In fondo era una donna.
Che forza straordinaria ebbe la bella Ruth, donna povera sterile bisessuale senza una cattedra, per fare tutto ciò che fece, per dire tutto ciò che disse, per portare avanti le sue battaglie, per tenere il suo rapporto con Margaret, la sola altra donna della cerchia di antropologi, segreto? Che forza straordinaria ebbe per non cedere alla depressione, per dire all'amico immaginario che aveva da bambina "tu vieni con me, ed aiutami a vedere oltre, anzi a vedere DENTRO ai popoli sconosciuti, a queste persone la cui cultura sta morendo. Aiutami a vedere dove nessuno vede."

Questo mese è Ruth, che ci aiuta, che mi aiuta, a vedere dove pochi vedono.

Ho preso le mie informazioni soprattutto dal Dizionario di antropologia ed etnologia edito da Einaudi, a cura di Pierre Bonte e Michel Izard (di Marco Aime per l'edizione italiana).

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