giovedì 17 dicembre 2015

My way

Ma perché sei andata ad abitare in campagna? E' scomodo.
Ma perché non sei rimasta con gli uomini? E' più facile.
Ma perché fai quel lavoro? E' duro.
Ma perché studi queste cose complicate? Chi te lo fa fare.
Ma perché leggi di notte? Ti rovini gli occhi.
Ma perché non stai mai zitta? Ti risparmieresti un sacco di problemi.
Ma perché non sei monogama? Troia.
Ma perché scrivi racconti? Non interessano a nessuno.
Ma perché hai smesso di mangiare carne? Tanto ormai sono morti.
Ma perché vai alle manifestazioni? Tanto non cambia niente.
Ma perché non obbedisci? Ci deludi.
Ma perché il paganesimo? Sono balle e storie popolari.
Ma perché tutti questi impegni e queste passioni? Ti affatichi.

Ma perché sei così diversa? Non ti sappiamo riconoscere.


La Winterson, come mi è stato ricordato oggi, ha scritto:
"Ma mentre cerco di capire come funziona la vita - e perché alcune persone sappiano affrontare le avversità meglio di altre- penso a qualcosa che ha a che fare con il dire di sì alla vita, anche quando ci delude, e con l'amore per noi stessi, in qualunque modo si riesca a trovarlo. Non con l'egoismo, che è l'opposto della vita e dell'amore vero, ma con una ferrea determinazione, come i salmoni che risalgono la corrente del fiume, per quanto agitate siano le acque, perché quello è il tuo fiume.. "

Ecco. Lei scrive in modo divino quello che io dico in modo contadino.
Fanculo a tutti.
Lo faccio perché mi sento a casa.
Lo faccio perché rifuggo la noia più che la rottura di coglioni e perché le donne..dio..ma chevvelodicoaffare.
Lo faccio perché è il mio lavoro, il mio.
Lo faccio perché sono famelica di scoprire le cose del mondo.
Lo faccio perché dormirò quando sarò morta.
Lo faccio perché (cit.) "morirò con la mia lingua".
Lo faccio perché mi va.
Lo faccio per esprimere quello che non ho altri canali per esprimere.
Lo faccio perché non si dica che lo fanno in mio nome.
Lo facio perché io sono la politica.
Lo faccio perché sono ribelle, libera e sì, anche un po' stronza.
Lo faccio perché mi muove il cuore e ci cammino dentro.
Lo faccio perché ciò che sta fermo è morto.

Lo sono e basta. Punto.


"E se mi danno gli occhi o il cuore sono ancora più fantastico" dice Calcifer.
Ricordiamocelo, fra noi sbagliati. Ricordatelo, tu.
Sono già fantastica di mio.
E se mi dai gli occhi o il cuore, sono ancora più fantastica.

lunedì 30 novembre 2015

ri-entro


Beh.
Dopo quasi un anno che non scrivo qui direi che ci voleva la giusta immagine per caricarmi, no?
Riprovo a rientrare nel mondo da questo blog, per seguire il consiglio di una persona che mi ha detto recentemente "scrivi di ciò che vedi da lì, dove sei". Che sembrava una roba buttata lì a cazzo e invece mi ci sto spaccando la testa da settimane.
Primo punto: dove sono? Intanto ho cambiato casa, e la vista qui è decisamente migliore: alberi, campi, bosco, e di questo autunno doratissimo c'è da goderne al massimo. E poi sono cambiata io, come mi accade da sempre peraltro, perché si sa che ciò che è fermo, in realtà, è morto. Quindi, una nuova M, direi più centrata, direi più pratica, direi sempre incazzata uguale ma con una prospettiva migliore, più propositiva. Dove sono? All'inizio o a metà di nuovi progetti, sotto vari punti di vista..e chissà che ne parli anche qui, di qualcuno, un giorno. Per la prima volta dopo tantissimo tempo mi sento l'età che ho, non mi sento più vecchia, e direi che anche questo è un fior di cambiamento.

Ma stasera, così a scrivere di getto, mi ci ha portato un pensiero che mi ha fatto sorridere su qualcosa che, invece, non è cambiato, in mezzo a tutto il bailamme.
Perché ci sono cose che ti porti, passaggio dopo passaggio, e a volte sembrano pesarti ma dopo pensandoci ti accorgi che ti vanno bene. E non perché temi altri cambiamenti, no..ma perché proprio te la godi, in fondo. Cose che senza, boh ti sentiresti come me senza Eskimo ma anche senza fascisti da detestare.
Morirò pecora nera, dice il caro Guccini. Ebbravo, proprio quello sono, proprio quello siamo, cari i miei pericolosi, stronzi, commoventi amici. Proprio quello siamo, cari spietati, storti, confusi e contusi compagni d'avventure.
Pirati.
Puttane.
Froci.
Strambi.
Streghe.
Gente che scombina i piani, gente che non è così malfamata da essere formalmente pericolosa, ma comunque gente che quelli perbene schivano.
NOI NON SIAMO, NE' SAREMO, LE SIGNORINE UFFICIALI.
Chi mi conosce, o chi ha già letto qui o Dentrolenebbie talvolta, sa di cosa parlo.. dicesi Signorina Ufficiale la fidanzata storica, la moglie fedele, quella che ti aspetta, quella che ti aspetti.. quella con i capelli apposto, il golfino, il sorriso sincero e neanche una sigaretta. Quella che la notte..beh, la notte non le appartiene.
Quella a cui vuoi bene veramente, ci mancherebbe.

Stasera penso a..chi fa l'amante, chi si fa una canna di nascosto, chi per ubriacarsi e ridere sfrenatamente aspetta di uscire con le amiche.
Penso a chi un po' imbroglia ma per le cose importanti è sempre così, come lo vedi. E l'ha sempre pagata.
Penso a chi quando sorride ha sempre anche qualcos'altro negli occhi.
Penso a chi ha perso la propria ingenuità, ma ormai non la rimpiange più di tanto.
Penso a chi fai fatica a capirci qualcosa, a chi tende più allo stronzo che all'affidabile, a chi dice quello che pensa anche quando è presa dal terrore di mettersi troppo in gioco, e poi si ritrae come un animale che ha preso troppe botte.
Penso al miglior sesso della tua vita.
Penso al poliamore. E a chi lo subisce, e abbozza, e vabbé, se ne faranno una ragione.
Penso a chi l'incertezza tipica di una vita complessa non la subisce, o almeno non più. No. La cavalca cazzo, come un surfista.

Rientro. Cambiata, ma ancora orgogliosamente Non Ufficiale.
Ciao.

sabato 29 novembre 2014

Colei che abbatte

Sicuramente per motivi autobiografici stasera mi stanno uscendo dei pensieri che non mi erano mai venuti in mente, riguardo alla nostra strega del mare. Il fatto che alcune idee ci mettano molto tempo ad affiorare alla coscienza, non significa affatto che esse debbano essere giuste, o particolarmente acute.. ma dato che questa rubrica mi serve a tirare fuori dalle fiabe dei significati più o meno nuovi e che possano funzionare, ma assolutamente senza pretese di correttezza.. beh, non vedo perché non scrivere una interpretazione magari sbagliata, ma che funziona per me.
Dunque la sirenetta è cresciuta con una nonna che le insegna un solo stile di vita, pur raccontandole tutto ciò che conosce dell’altro mondo. Questo fa onore alla nonna, ma non toglie il fatto che quando la sirenetta manifesta il sogno di andarsene e cambiare vita, le viene detto, in buona sostanza, che sarebbe completamente scema e sbaglierebbe in pieno, a farlo. La sirenetta, che ci tengo a ricordarlo non possiede la bambola-istinto di Vassilissa, ne’ la tutela bonaria dei sette Nani come Biancaneve, la sirenetta dicevo prende e si reca da Colei che rappresenta ciò che sua nonna non è. La strega è cattiva e violenta, ma ti da ciò che desideri, non te lo nega trattandoti come una eterna bambina incapace di decidere. Almeno così pare.
La strega infatti, non si rivela una iniziatrice che, a suo modo, Ascolta e Insegna. La vecchia di questa storia dice “ah per me fai un po’ quello che ti pare. Comunque la tua idea fa schifo e ti porterà solo dolore. Ecco qua il modo per ottenerla. Paga e vattene” Non chiede alla sirena cosa significano i suoi sogni e desideri, non le chiede perché si sente così inquieta, non la accompagna lungo il suo cammino.
E, ancora peggio, le taglia la lingua. Quando la sirenetta effettivamente soffrirà a causa delle proprie scelte, non potrà dire una parola. Parafrasando questa cosa, non si potrà lamentare, perché sarà senza lingua e la strega “glielo aveva detto”. Se fai qualcosa che quelli più vecchi ed esperti di te definiscono un errore, puoi farlo, ci mancherebbe, ma non hai più il diritto di parlare.


Quindi, stasera, questa strega del mare mi ricorda molto da vicino qualcuno.. qualcuno che dice “fai tutto quello che ti pare, ma la gioia, l’amore, il piacere ti saranno negati se lo farai, e non potrai nemmeno lamentarti, o gridare, ma nemmeno cantare e ridere forte perché anche se avrai dei momenti di felicità (i giorni sereni della ragazza con il principe) ti costeranno continue pene e difficoltà (i piedi che sanguinano) e, alla fine, sarai umiliata e non avrai ottenuto nulla (il principe sposa un'altra). E non avrai nessun diritto di lamentarti o di urlare a tutti chi sei. Ah, e volevo anche aggiungere che mi stai proprio sulle palle.”
Il punto, qual è? Che tutto ci suggerisce che, di fatto, la strega abbia ragione. Alla sirena vanno tutte storte, e avrebbe dovuto capire che sarebbe stato così, nel momento in cui avesse scelto di rifiutare il proprio corpo, di amare qualcuno che non era in grado di amarla per ciò che era davvero, di far dipendere la propria felicità da lui e non da se’ stessa, di inseguire qualcosa troppo al di la’ delle proprie possibilità. La strega ci azzecca quando dice quel mucchio di cose orrende. E perciò inizialmente pensavo.. beh se la strega ha ragione allora la sirenetta ha torto. E va bene anche se la strega ha quel modo totalmente pessimista, crudele, sbrigativo e votato a ferire gratuitamente : il fatto che la strega dispensi solo negatività è subordinato al fatto che ha ragione su quello che accadrà.


Ma.
Sarà un finale alla cattolica, d’accordo, ma è innegabile che la sirena approda ad un finale di gioia e gloria, che ne’ la strega, ne’ la nonna, ne’ le sorelle, ne’ il principe, ne’ lei stessa, avevano previsto o anche solo immaginato. E’ innegabile che, quando la sirenetta ritrova la vera se’ stessa pur riconoscendo che ha fatto delle scelte sbagliate, e quindi accoglie il perdono e la pietà e l’abbandono (per il principe, e per se’ stessa), in quel momento Rinasce nella felicità.. allora forse la strega se la può ficcare dove dico io, tutta la sua negatività. Può tenersi le proprie cattiverie dette solo per distruggere le aspettative di gioia di coloro che si trova di fronte. Fanculo il suo pessimismo e pure il suo realismo gretto e crudele. La strega non dice “percorrere questa Strada è difficile e spesso doloroso, ma è la Strada giusta”. Non dice “devi morire ma rinascerai”. Non dice “mangerò quello che sei adesso, ma ti sto insegnando a difenderti e ad usare tutto quello che hai”. No. Questa toglie all’Anima (la sirenetta) ciò che lei ha, le predice una serie di sfighe e non si preoccupa di insegnare, di adattare il proprio insegnamento a Colei che ha di fronte. Non si preoccupa di Ascoltare. Non si preoccupa di far Vedere che oltre allo schifo, alla paura, alla morte, ci sono la potenza, il coraggio, la vita. E allora, anche se ha ragione, e anche se offre la Pozione alla sirenetta, non sono tanto sicura che la aiuti a Crescere ed a diventare Sovrana. Forse davvero la sirena ha fatto bene, comunque, a provarci, e la strega ha completamente tradito il proprio ruolo perché ha usato la propria conoscenza per fare boriose "predizioni del futuro" invece che per Insegnare.
Quindi, per concludere questo post incazzato e contorto, torno ad usare un mio vecchio ma sempre valido epiteto: VAFFANCULO, brutta strega.

lunedì 10 novembre 2014

tremate tremate 5: la Strega del Mare

Quanti mesi senza scrivere.
La vecchia storia che quando sei felice sei meno creativo, in parte forse è vera per me. O forse, semplicemente quando passi nottate bellissime a fare l'amore non puoi contemporaneamente scrivere al computer. O ancora, quando guardi una persona così Bella da farti venire l'asma, pensi "ma che cazzo vuoi che mi metta a scrivere qualcosa di anche vagamente decente, quando davanti agli occhi, nella realtà, ho Questo?". Mah. Fatto sta che mi scuso per l'assenza e torno a scrivere anche volentieri, pur rimanendo felice e innamorata.
Ora basta divagare che qui c'è un nuovo personaggio (forse) archetipico di cui capisco gran poco.
L’interpretazione infatti, e con essa la comprensione del ruolo della strega del mare, mi è risultata difficilissima. Ma mi sono stufata di rimuginare a caso.
Ho provato a leggere alcuni altri testi che potessero aiutarmi.. l’interpretazione psicanalitica data alla fiaba da Mariagrazia Crema, che in parte mi convince ma in parte a dirla tutta no. Una breve biografia di Andersen, che offre una lettura interessante della storia, ma ragazzi mi rifiuto di pensare che uno come Andersen abbia semplicemente voluto nascondere la sua vita da represso nelle proprie fiabe.. voglio pensare che dentro ci siano degli archetipi buoni per tutti, non solo per l’autore.
Ho letto una versione a tratti speculare di questa fiaba, che si intitola IL PESCATORE E LA SUA ANIMA, di Oscar Wilde. Pure questa, di una tristezza unica.
Perché è giusto che sia così. Perché se rinunci a ciò che sei andrà a finire male. Il pescatore rinuncia alla propria anima, per amore dice. Ma che Amore è quello di qualcuno che dice “ti amo solo se annulli la tua anima”? La sirenetta rinuncia alla propria corporeità ed al proprio mondo, per stare con uno che, pur essendo un brav’uomo, non può amarla per ciò che lei realmente è. Ma si ritrova a non essere amata comunque, nemmeno per ciò che non è, in quanto avendo rinunciato al suo lato femminile e acquatico, ha perso ogni potere seduttivo e viene amata come una sorella. Nell'acqua era riservata e schiva, ma con una volontà di ferro, sulla terra si ritrova a dormire fuori dalla stanza di un uomo, su un cuscino, come un cane.
Entrambi, il pescatore e la sirenetta, perdono l’oggetto del proprio amore e muoiono.
Mi sono spaccata la testa pensando al serpente, che un po’ come la sirenetta “cambia pelle” per rinascere ad un aspetto nuovo, ma il serpente resta sempre tale mentre lei a mio avviso no.
Allora ho pensato alle Anguane, a come anche loro quando si innamorano possono prendere l’aspetto di esseri umani.. ma loro, in tutte le storie, possono sempre tornare ad assumere forma di serpente, o di altro animale spesso anfibio.. possono sempre andare e venire dal proprio Mondo al nostro, senza stare in una sola forma.. tantomeno una forma che non è la propria.


Insomma. In tutto questo peregrinare di idee, e non solo queste.. la domanda chiave, per quello che tratto in questa rubrica, è comunque un'altra: la Strega, che mi significa? Le ipotesi, nella mia testa e nelle teste delle persone che ho coinvolto in assurde conversazioni su questa fiaba che se qualcuno ci sentiva chiamava l’esorcista, le ipotesi dicevo sono state le più diverse.
C’è chi sostiene che la strega del mare abbia un ruolo negativo perché fa di tutto per impedire alla sirenetta di fare ciò che vuole, di inseguire il proprio amore.
C’ è chi dice che la strega sia buona ma poco potente: prova in tutti i modi ad avvertire la protagonista del pericolo mortale che corre, ma non riesce nel proprio intento ed alla fine è costretta a lasciare che la giovane sirena vada incontro al proprio destino.
C’è chi la vede come un personaggio che, come qualsiasi Traghettatore, richiede un obolo e poi fa ciò che viene richiesto, pur dicendo la sua.
C’è chi la vede come una maestra, durissima ma pur sempre maestra.
C’è chi vede in lei una Saggezza antichissima ed assolutamente imparziale. La strega del mare come Colei che Sa, che dice la Verità ma non la influenza in alcun modo.

Provando a pensare a quello che non è..direi che non è una usurpatrice (ruolo impersonato dalla strega di Biancaneve) dato che non è interessata ad uccidere la sirenetta per appropriarsi della sua Sovranità ed essere "la più bella". Non è iniziatrice come Baba Jaga, dato che nemmeno per poco tiene l'inizianda con se', ma la lascia al proprio destino, pur dandole alcuni strumenti dolorosi quanto essenziali.

Tra le quattro che abbiamo provato ad analizzare in questo blog, restano la strega di Hansel e Gretel e la Tredicesima Fata. E secondo me c'è un po' di entrambe, in questa strega acquatica che cucina una Pozione di Cambiamento e allo stesso tempo prevede, perentoria, la morte della protagonista, per poi semplicemente uscire di scena.

E poi, altre domande..ad esempio: questo personaggio tratta con tutti, sirene, esseri umani, altre creature marine..di ognuno ha preteso il Bene più prezioso, e di ognuno ha conosciuto il Dolore..dolore sia per la perdita del suddetto bene offerto in pagamento, sia per l'eventuale fallimento dei propri intenti, sia per la cattura e la morte ad opera dei tentacoluti sgherri di questa strega. Ora. Non so bene come spiegarmi questa cosa, ma la Strega che offre Conoscenza e Cambiamento si nutre dell'Eccellenza e contemporaneamente del Dolore degli altri..non posso non pensare che le cose siano collegate, anche se non riesco a capire come..

Altre domande arriveranno.. Risposte? Mah..non ne ho mai date molte, qui come nella mia vita..perciò temo che nemmeno stavolta sarà diverso..ma speriamo che il viaggio, a voi come a me, piaccia lo stesso.

la sirenetta

In mezzo al mare l'acqua è azzurra come i petali dei più bei fiordalisi e trasparente come il cristallo più puro; ma è così profonda che un'anfora non potrebbe raggiungere il fondo. Laggiù abitano le genti del mare, e nel punto più profondo si trova il castello del re del mare. Il re del mare era vedovo da molti anni, ma la sua vecchia madre governava la casa, una donna intelligente, molto orgogliosa della sua nobiltà. Aveva grandi meriti, soprattutto perché voleva molto bene alle piccole principesse del mare, le sue nipotine. Erano sei graziose fanciulle, ma la più giovane era la più bella di tutte, dalla pelle chiara e delicata come un petalo di rosa, gli occhi azzurri come un lago profondo; ma come tutte le altre non aveva piedi, il corpo terminava con una coda di pesce. Per tutto il giorno potevano giocare nel castello, nei grandi saloni. Fuori dal castello vi era un grande giardino con alberi color rosso fuoco e blu scuro. La terra stessa era costituita da sabbia finissima, azzurra come lo zolfo ardente. E una strana luce azzurra avvolgeva tutto. Quando il mare era calmo si poteva vedere il sole: sembrava un fiore color porpora dal cui calice sgorgava tutta la luce. Ogni principessa aveva una piccola aiuola nel giardino, in cui poteva piantare i fiori che voleva; una di loro diede alla sua aiuola la forma di una balena; un'altra preferì che assomigliasse a una sirenetta; la più giovane la fece rotonda come il sole e vi mise solo fiori rossi come lui. Era una bambina strana, molto tranquilla e pensierosa; le altre sorelle decorarono le aiuole con le cose più bizzarre che avevano trovato tra le navi affondate, lei invece, oltre ai fiori rossi che assomigliavano al sole, volle avere solo una bella statua di marmo, raffigurante un giovane scolpito in una pietra bianca e trasparente, che era arrivata fin lì dopo qualche naufragio. Vicino alla statua piantò un salice piangente di color rossiccio, che crebbe splendidamente ripiegando i suoi freschi rami sul giovane fino a raggiungere il suolo di sabbia azzurra.
Non c'era per lei gioia più grande che sentir parlare del mondo degli uomini sopra di loro; la vecchia nonna dovette raccontare tutto quanto sapeva delle navi e delle città, degli uomini e degli animali. «Quando compirete quindici anni» disse la nonna «avrete il permesso di affacciarvi fuori dal mare, sedervi al chiaro di luna sulle rocce e osservare le grosse navi che navigano; vedrete anche i boschi e le città.» L'anno dopo la sorella più grande avrebbe compiuto quindici anni, ma le altre... già, avevano tutte un anno di differenza tra loro, e la più giovane doveva aspettare cinque anni prima di poter risalire il mare e vedere come viviamo noi uomini. Tra sorelle si promisero che si sarebbero raccontate le cose più significative che avrebbero visto durante il loro primo viaggio.
La prima volta che le sorelle uscirono dall'acqua, restarono incantate per le cose nuove e magnifiche che avevano visto, ma ora che erano cresciute e avevano il permesso di salire quando volevano, erano diventate indifferenti, sentivano nostalgia di casa, e dopo un mese dissero che presso di loro c'erano in assoluto le cose più belle e che era molto meglio stare a casa. Quando le sorelle, di sera, a braccetto, salivano sul mare, la sorellina più piccola restava tutta sola e le osservava; sembrava che volesse piangere, ma le sirene non hanno lacrime e per questo soffrono molto di più.


Finalmente compì quindici anni.«Adesso sei grande anche tu!» disse la nonna. «Vieni! Lascia che ti adorni, come le tue sorelle» e le mise una coroncina di gigli bianchi sui capelli, ma ogni petalo di fiore era formato da mezza perla; poi la vecchia fissò sulla coda della principessa otto grosse ostriche, per mostrare il suo alto casato.«Ma fa male!» disse la sirenetta.«Bisogna pur soffrire un po' per essere belli!» rispose la vecchia. Oh! Come avrebbe voluto togliersi di dosso tutti quegli ornamenti e quella pesante corona! I fiori rossi della sua aiuola la avrebbero adornata molto meglio, ma non osò cambiare le cose. «Addio!» esclamò, e salì leggera come una bolla d'aria attraverso l'acqua.Il sole era appena tramontato quando affacciò la testa dall'acqua, tutte le nuvole però ancora brillavano come rose e oro; nel cielo color lilla splendeva chiara e bellissima la stella della sera; l'aria era mite e fresca e il mare calmo. C'era una grande nave con tre alberi. La sirenetta nuotò fino all'oblò di una cabina e ogni volta che l'acqua la sollevava, vedeva attraverso i vetri trasparenti molti uomini ben vestiti; il più bello di tutti era però il giovane principe, con grandi occhi neri: non aveva certo più di sedici anni e compiva gli anni proprio quel giorno. I marinai ballavano sul ponte e quando il giovane principe uscì, si levarono in aria più di cento razzi che illuminarono a giorno. La sirenetta si spaventò e si rituffò nell'acqua, ma poco dopo riaffacciò la testa e le sembrò che tutte le stelle del cielo cadessero su di lei.
Era ormai tardi, ma la sirenetta non seppe distogliere lo sguardo dalla nave e dal bel principe. Le luci variopinte vennero spente, i razzi non vennero più lanciati in aria, non si sentirono più colpi di cannone, ma dal profondo del mare si sentì un rombo, la nave prese velocità, le vele si spiegarono una dopo l'altra, le onde si fecero più grosse, comparvero grosse nuvole e da lontano si scorsero dei lampi. Sarebbe venuta una terribile tempesta! La nave scricchiolava terribilmente, le assi robuste cedevano sotto quei forti colpi, l'acqua colpiva la carena, l'albero maestro si spezzò come fosse stato una canna; la nave si piegò su un fianco, e l'acqua subito la riempì. Allora la sirenetta capì che erano in pericolo, lei stessa doveva stare attenta alle assi e ai relitti della nave che galleggiavano sull'acqua. Per un attimo fu talmente buio che non riuscì a vedere nulla, quando poi lampeggiò divenne così chiaro che riconobbe tutti gli uomini della nave; ognuno se la cavava come poteva; lei cercò il principe e lo vide scomparire nel mare profondo, proprio quando la nave affondò. Al primo momento fu molto felice, perché lui ora sarebbe sceso da lei, ma poi ricordò che gli uomini non potevano vivere nell'acqua, e che anche lui sarebbe arrivato al castello di suo padre solo da morto. Nuotò tra le assi e i relitti della nave, si immerse nell'acqua e risalì tra le onde finché giunse dal giovane principe.
Al mattino il brutto tempo era passato; della nave non era rimasta traccia, il sole sorgeva rosso e risplendeva sull'acqua; fu come se le guance del principe riacquistassero colore, ma gli occhi rimasero chiusi. La sirena lo baciò sulla bella fronte alta e carezzò indietro i capelli bagnati, e desiderò con forza che continuasse a vivere. Poi vide davanti a sé la terra ferma, alte montagne azzurre sulla cui cima la bianca neve risplendeva; lungo la costa si stendevano bei boschi verdi e proprio lì davanti si trovava un convento. Aranci e limoni crescevano nel giardino e davanti all'ingresso si alzavano delle palme; il mare disegnava lì una piccola insenatura. Lei nuotò là col suo bel principe, lo posò sulla sabbia e si preoccupò che la testa fosse sollevata e rivolta verso il caldo sole. Suonarono in quel momento le campane di quel grande edificio bianco, e molte ragazze comparvero nel giardino. Allora la sirenetta si ritirò nuotando, dietro alcune alte pietre, e aspettò che qualcuno andasse dal povero principe. Non passò molto tempo e una fanciulla si avvicinò, andò a chiamare altra gente, e la sirena vide che il principe tornò in vita e sorrise a quanti lo circondavano, ma non sorrise a lei, perché non sapeva che era stata lei a salvarlo. Si sentì molto triste e quando lo ebbero portato dentro quel grande edificio, si reimmerse dispiaciuta nell'acqua e tornò al castello del padre.


Se era sempre stata calma e pensierosa, ora lo fu molto di più. Le sorelle le chiesero che cosa avesse visto la prima volta che era stata lassù, ma lei non raccontò nulla.Per molte volte al mattino e alla sera, risalì fino al punto in cui aveva lasciato il principe. Alla fine non resse più, raccontò tutto a una sorella, e così anche le altre ne furono subito al corrente, ma poi nessun altro fu informato, eccetto poche altre amiche che pure non lo dissero a nessuno se non alle loro amiche più intime. Una di loro sapeva chi fosse quel principe, sapeva da dove veniva e dov'era il suo regno «Vieni, sorellina!» dissero le altre principesse, e risalirono il mare fino al punto in cui si trovava il castello del principe. Ora lei sapeva dove abitava il principe e vi tornò per molte sere, nuotava molto vicino alla terra, come nessun altro aveva osato fare, risaliva addirittura lo stretto canale fino alla magnifica terrazza di marmo che gettava una grande ombra sull'acqua. Qui si metteva a guardare il giovane principe, che credeva di trovarsi tutto solo al chiaro di luna. Gli uomini le piacevano ogni giorno di più, e sempre più spesso desiderava salire e stare con loro: pensava che il loro mondo fosse molto più grande del suo. C'erano tante cose che le sarebbe piaciuto sapere, allora le chiese alla nonna che conosceva bene quel mondo di sopra. «Se gli uomini non affogano» chiese la sirenetta «possono vivere per sempre? Non muoiono come facciamo noi?» «Certo» rispose la vecchia. «Anche loro devono morire e la lunghezza della loro vita è più breve della nostra. Noi possiamo arrivare fino a trecento anni, quando però non viviamo più diventiamo schiuma dell'acqua, non abbiamo una tomba tra i nostri cari; non abbiamo un'anima immortale e non vivremo mai più. Gli uomini invece hanno un'anima che continua a vivere, vive anche dopo che il corpo è diventato terra; sale attraverso l'aria fino alle stelle lucenti!»
«Perché non abbiamo un'anima immortale?» chiese la sirenetta tutta triste «io darei cento degli anni che devo ancora vivere per essere un solo giorno come gli uomini e poi abitare nel mondo celeste!»
«Non devi neanche pensare queste cose!» esclamò la vecchia. «Noi siamo molto più felici e stiamo certo meglio degli uomini.»
«Allora io devo morire e diventare schiuma del mare e non sentire più la musica delle onde, o vedere i bei fiori e il sole rosso! Non posso fare proprio nulla per ottenere un'anima immortale?» «No» rispose la vecchia. «Solo se un uomo ti amasse più di suo padre e di sua madre, e tu fossi l'unico suo pensiero e il solo oggetto del suo amore, e se un prete mettesse la sua mano nella tua con un giuramento di fedeltà eterna; solo allora la sua anima entrerebbe nel tuo corpo e tu riceveresti parte della felicità degli uomini. Egli ti darebbe un'anima, conservando sempre la propria. Ma questo non potrà mai accadere. La cosa che qui è così bella, la coda di pesce, è considerata orribile sulla terra. Non capiscono niente; per loro bisogna avere due strani sostegni che chiamano gambe, per essere belle!»
La sirenetta sospirò guardando la sua coda di pesce. «Stiamo allegre!» disse la vecchia. «Saltiamo e balliamo per i trecento anni che possiamo vivere; non è certo poco tempo! Poi ci riposeremo più volentieri nella tomba. Stasera c'è il ballo a corte.» Quello era uno spettacolo meraviglioso che non si vede mai sulla terra! La sirenetta cantò meglio di tutte, e tutti le batterono le mani, per un istante si sentì felice, perché sapeva di avere la voce più bella sia sul mare che sulla terra! Ma subito tornò a pensare al mondo che c'era sopra di loro; non riusciva a dimenticare quel bel principe e il suo dolore per il fatto di non possedere, come lui, un'anima immortale. Uscì in silenzio dal castello del padre e andò a sedersi nel suo giardinetto. Allora pensò: “ Voglio fare qualunque cosa per conquistare lui e un'anima immortale! Andrò dalla strega del mare, ho sempre avuto tanta paura di lei, ma forse mi potrà consigliare e aiutare!”.
La sirenetta uscì dal suo giardino e si avviò verso il torrente ribollente, dietro il quale abitava la strega. Non aveva mai percorso quella strada; non vi crescevano né fiori né erba, solo un fondo di sabbia grigia si stendeva verso il torrente, dove l'acqua, che sembrava spinta dalle ruote del mulino, girava come un vortice e inghiottiva tutto quel che poteva afferrare. Lei dovette passare in mezzo a quei vortici tremendi per arrivare nel territorio della strega, e qui c'era da attraversare una vasta pianura bollente, che la strega chiamava la sua torbiera. Oltre la torbiera si trovava la sua casa, in mezzo a un bosco orribile. Tutti gli alberi e i cespugli erano polipi, per metà bestie e per metà piante: sembravano centinaia di teste di serpente che crescevano dal terreno, tutti i rami erano lunghe braccia vischiose, con le dita simili a vermi ripugnanti, che si muovevano in ogni loro parte, dalle radici fino alla punta più estrema. Si avvolgevano intorno a tutto quel che potevano afferrare e non lo lasciavano mai più. La sirenetta si fermò spaventatissima; il cuore le batteva forte per la paura, stava per tornare indietro, ma pensò al principe e all'anima degli uomini, così le tornò il coraggio. Legò per bene i lunghi capelli svolazzanti, affinché i polipi non riuscissero a afferrarli; mise le mani sul petto e partì passando come un pesce guizzante nell'acqua, tra gli orribili polipi, che allungavano i vischiosi tentacoli verso di lei. Vide ciò che ognuno di essi aveva afferrato, centinaia di tentacoli trattenevano le prede come tenaglie di ferro: uomini che erano morti in mare e caduti sul fondo si affacciavano come bianchi scheletri tra i tentacoli; remi di imbarcazioni e casse erano tenuti stretti, scheletri di animali e persino una sirenetta che avevano catturato e soffocato. Questa vista fu per lei la più spaventosa! Poi giunse in un'ampia radura di fango nel bosco, dove grossi serpenti di mare si rivoltavano mostrando i loro orribili denti gialli. Nel mezzo si trovava una casa fatta con le bianche ossa di uomini calati sul fondo; lì stava la strega del mare e lasciava che un rospo mangiasse dalla sua mano. Quegli orribili grossi serpenti di mare erano chiamati «pulcini» dalla strega che lasciava le strisciassero sui grossi seni cadenti.«So bene che cosa vuoi!» disse la strega del mare «sei proprio ammattita! Comunque il tuo desiderio verrà soddisfatto, perché ti porterà sventura, mia bella principessa! Vuoi liberarti della tua coda di pesce e ottenere in cambio due sostegni per camminare come gli uomini, così che il giovane principe si innamori di te e tu possa ottenere un'anima immortale!» La strega rideva così sguaiatamente che il rospo e i serpenti caddero a terra e lì continuarono a rotolarsi. «Arrivi appena in tempo!» riprese. «Domani, una volta sorto il sole non potrei più aiutarti e dovresti aspettare un anno intero. Ti preparerò una bevanda, ma con questa devi nuotare fino alla terra, salire sulla spiaggia e berla prima che sorga il sole. Allora la tua coda si dividerà e si trasformerà in ciò che gli uomini chiamano gambe. Soffrirai come se una spada affilata ti trapassasse. Tutti quelli che ti vedranno, diranno che sei la più bella creatura umana mai vista! Conserverai la tua aggraziata andatura, nessuna ballerina sarà migliore di te, ma a ogni passo che farai, sarà come se camminassi su un coltello appuntito, e il tuo sangue scorrerà. Se vuoi soffrire tutto questo, ti aiuterò! Ma ricordati» aggiunse la strega «una volta che ti sarai trasformata in donna, non potrai mai più ritornare a essere una sirena! Non potrai più discendere nel mare dalle tue sorelle e al castello di tuo padre; e se non conquisterai l'amore del principe, cosicché lui dimentichi per te suo padre e sua madre, dipenda da te per ogni suo pensiero e chieda al prete di congiungere le vostre mani rendendovi marito e moglie, non avrai mai un'anima immortale! e se lui sposerà un'altra, il primo mattino dopo il matrimonio il tuo cuore si spezzerà e tu diventerai schiuma dell'acqua!» «Lo voglio ugualmente!» disse la sirenetta, che era pallida come una morta.«Però mi devi ricompensare!» aggiunse la strega «e non è poco quello che pretendo. Tu possiedi la voce più bella tra tutti gli abitanti del mare, e credi con quella di poterlo sedurre; ma la voce la devi dare a me. Io voglio ciò che tu di meglio possiedi per la mia preziosa bevanda! Devo versarci del sangue, affinché il filtro sia tagliente come una spada a due lame!»«Se mi prendi la voce» chiese la sirenetta «che cosa mi resta?»«La tua splendida persona, la tua armoniosa andatura e i tuoi occhi espressivi, con questo riuscirai certo a conquistare il cuore di un uomo. Allora! hai perso il coraggio? Tira fuori la lingua così te la taglio; è il pagamento per quella potente bevanda!»«Va bene!» esclamò la sirenetta, e la strega mise sul fuoco la pentola per far bollire la bevanda magica. «La pulizia è un'ottima cosa!» disse mentre strofinava la pentola con alcune serpi legate insieme, poi si tagliò il petto e fece gocciolare il suo sangue nero, e il vapore assunse forme molto strane che facevano proprio paura.«Eccola qui!» disse la strega e tagliò la lingua alla sirenetta, che ora era muta e non poteva più né cantare né parlare.«Se i polipi volessero afferrarti, mentre passi di nuovo attraverso il mio bosco» spiegò la strega «getta una goccia di questa bevanda su di loro e le loro braccia e dita si romperanno in mille pezzi.» Ma la sirenetta non ebbe bisogno di farlo; i polipi si allontanarono spaventati da lei non appena videro quella bevanda lucente che teneva in mano come fosse una stella luminosa. Così passò in fretta per il bosco, per la palude e per il torrente che ribolliva. Vide il castello di suo padre, le luci erano spente nella grande sala da ballo; certamente tutti dormivano, e lei comunque non avrebbe osato cercarli: ora era muta e doveva andarsene per sempre. Le sembrò che il cuore si spezzasse per il dolore. Andò in silenzio nel giardino e prese un fiore da ogni giardinetto delle sorelle; gettò con le dita mille baci verso il castello e salì per il mare blu.


Il sole non era ancora sorto quando vide il castello del principe. La luna splendeva meravigliosa. La sirenetta bevve allora il filtro infuocato, e subito fu come se una spada a due lame le trafiggesse il corpo delicato; svenne e rimase distesa come morta. Quando il sole spuntò all'orizzonte, si svegliò e sentì un dolore lancinante, ma proprio davanti a lei stava il giovane principe, bellissimo, che la fissava con i magnifici occhi neri, così lei abbassò i suoi e vide che la sua coda di pesce era sparita e ora possedeva le più belle gambe bianche che mai nessuna fanciulla aveva avuto. Ma era tutta nuda e così si avvolse nei suoi capelli. Il principe le chiese chi fosse e come fosse arrivata fin lì, lei lo guardò dolcemente e tanto tristemente coi suoi occhi azzurri: non poteva parlare. Lui la prese per mano e la portò al palazzo. A ogni passo le sembrava, come la strega le aveva detto, di camminare su punte taglienti e su coltelli affilati, ma sopportò tutto volentieri, e tenendo il principe per mano salì le scale leggera come una bolla d'aria e sia lui che gli altri ammirarono la sua armoniosa andatura. Ricevette costosi abiti di seta e di mussola, era la più bella del castello, ma era muta, non poteva né cantare né parlare. Il principe le disse che sarebbe dovuta rimanere per sempre con lui e le diede il permesso di dormire fuori dalla sua stanza su un cuscino di velluto. Fece preparare per lei un costume da amazzone, affinché potesse accompagnarlo a cavallo. La sirenetta si arrampicò col principe sulle alte montagne, e nonostante i suoi piedi sanguinassero a tal punto che anche gli altri se ne accorsero, lei ne rideva e lo seguì fino a dove poterono vedere le nuvole spostarsi sotto il loro. Quando al castello di notte gli altri dormivano, lei andava alla scalinata di marmo e si rinfrescava i piedi doloranti immergendoli nell'acqua fresca del mare, e intanto pensava a coloro che stavano nelle profondità marine. Una notte giunsero le sue sorelle a braccetto, cantarono tristemente, nuotando sulle onde, lei le salutò con la mano e loro la riconobbero e raccontarono quanto li avesse resi tristi. Da quella volta tutte le notti le facevano visita, e una notte vide, lontano, la vecchia nonna, che da molti anni non era più salita in superficie, e il re del mare, con la corona in testa; tesero le braccia verso di lei, ma non osarono avvicinarsi alla terra come le sue sorelle.
Ogni giorno il principe le voleva più bene, la amava come si può amare una cara fanciulla, ma non pensava certo di renderla regina. “Non vuoi più bene a me che a tutti gli altri?” sembrava chiedessero gli occhi della sirenetta, quando il principe la prendeva tra le braccia e le baciava la bella fronte.«Sì, tu sei la più cara di tutte!» diceva il principe «perché hai un cuore che è migliore di tutti gli altri, poi mi sei molto devota, e assomigli tanto a una fanciulla che vidi una volta, ma che sicuramente non troverò mai più. Ero su una nave che affondò, le onde mi trascinarono a riva vicino a un tempio dove servivano molte fanciulle; la più giovane mi trovò sulla spiaggia e mi salvò la vita, la vidi solo due volte; è l'unica persona che potrei amare in questo mondo, e tu le assomigli, e hai quasi sostituito la sua immagine nel mio animo. Lei appartiene al tempio e per questo la mia buona sorte ti ha mandato da me; non ci separeremo mai.»
“Oh, lui non sa che sono stata io a salvargli la vita!” pensò la sirenetta, e intanto sospirava profondamente, poiché non poteva piangere. “Ma quella ragazza appartiene al tempio, ha detto il principe, e non verrà mai nel mondo, non si incontreranno mai più, e io sono vicino a lui, lo vedo ogni giorno, avrò cura di lui, lo amerò e gli sacrificherò la mia vita!” Un giorno si venne a sapere che il principe si doveva sposare con la bella principessa del reame confinante. Il principe sarebbe andato a visitare il regno vicino, così si diceva, ma in realtà era per vedere la figlia del re. Ma la sirenetta scuoteva la testa e rideva; conosceva il pensiero del principe molto meglio degli altri. «Sono costretto a partire» le aveva detto «devo incontrare quella bella principessa; i miei genitori lo vogliono, ma non mi costringeranno a portarla a casa come mia sposa. Non lo voglio! Non posso amarla, non assomiglia alla bella fanciulla del tempio, come le somigli tu. Se mai dovessi scegliere una sposa, allora prenderei te, mia trovatella muta con gli occhi parlanti!» E le baciò la bocca rossa, le carezzò i lunghi capelli e posò il capo sul suo cuore, che sognò una felicità umana e un'anima immortale. Il mattino dopo la nave entrò nel porto della bella città del re vicino. Ogni giorno ci fu una festa. Balli e ricevimenti si susseguirono, ma la principessa non c'era ancora, abitava molto lontano, in un tempio, dissero, per imparare tutte le virtù necessarie a una regina. Finalmente un giorno arrivò. «Sei tu!» esclamò il principe «tu che mi hai salvato quando giacevo come morto sulla costa!» e strinse tra le braccia la fidanzata, che era arrossita. «Oh, sono troppo felice!» disse alla sirenetta. «La cosa più bella, che non avevo mai osato sperare, è avvenuta! Rallegrati con me, tu che mi vuoi così bene tra tutti!» E la sirenetta gli baciò la mano, ma sentì che il suo cuore si spezzava.


La sirenetta, vestita di seta e d'oro, reggeva lo strascico, ma le sue orecchie non sentivano quella musica gioiosa, i suoi occhi non vedevano quella sacra cerimonia: pensava alla sua morte e a tutto quel che avrebbe perso in questo mondo. La sera stessa gli sposi salirono a bordo della nave, i cannoni spararono, e le bandiere sventolarono; in mezzo alla nave era stata montata una tenda reale fatta d'oro e di porpora, con cuscini sofficissimi, su cui la coppia di sposi avrebbe dovuto dormire in quella quieta e fredda notte.
Sapeva che quella era l'ultima sera in cui vedeva colui per il quale aveva lasciato la sua gente e la sua casa, per il quale aveva rinunciato alla sua bella voce, per il quale aveva sofferto ogni giorno tormenti senza fine. Guardò verso il profondo mare e verso il cielo stellato: una notte eterna senza pensieri né sogni la aspettava, poiché non aveva un'anima, né poteva ottenerla. Calò il silenzio sulla nave, solo il timoniere era sveglio al timone; la sirenetta pose le bianche braccia sul parapetto e guardò verso est, per vedere il rosso dell'alba. Allora vide le sue sorelle spuntare fuori dal mare, erano pallide come lei, i loro lunghi e bei capelli non si agitavano più nel vento, erano stati tagliati.«Li abbiamo dati alla strega, perché ti venisse a aiutare affinché tu non muoia questa notte. Allora ci ha dato un coltello; eccolo! vedi com'è affilato? Prima che sorga il sole devi infilzarlo nel cuore del principe; quando il suo caldo sangue bagnerà i tuoi piedi, questi riformeranno una coda di pesce e tu ridiventerai una sirena e potrai gettarti in acqua con noi e vivere i tuoi trecento anni prima di morire e diventare schiuma salata. Fai presto! O tu o lui dovete morire prima che sorga il sole! Uccidi il principe!»
La sirenetta sollevò il tappeto di porpora della tenda e vide la bella sposina dormire col capo sul petto del principe, si chinò verso di lui e gli baciò la bella fronte, guardò verso il cielo dove la luce dell'alba si faceva sempre più intensa, guardò il coltello affilato e poi fissò di nuovo gli occhi del principe, che in sogno pronunciò il nome della sua sposa; solo lei era nei suoi pensieri, e il coltello tremò nella mano della sirena. Allora lo gettò lontano tra le onde, che brillarono rosse dove era caduto. Ancora una volta guardò con lo sguardo spento verso il principe; poi si gettò in mare e sentì che il suo corpo si scioglieva in schiuma. Il sole sorse alto sul mare, i raggi battevano caldi sulla gelida schiuma e la sirenetta non sentì la morte, vedeva il bel sole e su di lei volavano centinaia di bellissime creature trasparenti; attraverso le loro immagini poteva vedere la bianca vela della nave e le rosse nuvole del cielo, la loro voce era una melodia così spirituale che nessun orecchio umano poteva sentirla; così come nessun occhio umano poteva vederle. Volavano nell'aria senza ali, grazie alla loro stessa leggerezza. La sirenetta vide che aveva un corpo come il loro, e che si sollevava sempre più dalla schiuma. «Dove sto andando?» chiese la sirenetta, e la sua voce risuonò come quella delle altre creature, così spirituale che nessuna musica terrena poteva riprodurla. «Dalle figlie dell'aria!» le risposero. «Le sirene non hanno un'anima immortale e non possono ottenerla se non conquistando l'amore di un uomo! La loro esistenza immortale dipende da una forza estranea. Anche le figlie dell'aria non hanno un'anima immortale, ma possono conquistarne una da sole, tramite le buone azioni. Se per trecento anni interi continuiamo a fare tutto il bene che possiamo, otteniamo un'anima immortale e possiamo partecipare all'eterna felicità degli uomini. Tu, povera sirenetta, lo hai desiderato con tutto il cuore; anche tu, come noi, hai sofferto e sopportato, e sei arrivata al mondo delle creature dell'aria: ora puoi compiere delle buone azioni e conquistarti un'anima immortale fra trecento anni!»
La sirenetta sollevò le braccia trasparenti verso il sole del Signore e per la prima volta sentì le lacrime agli occhi. Invisibile baciò la sposa sulla fronte, sorrise al principe e salì con le altre figlie dell'aria su una nuvola rosa che navigava nel cielo.

domenica 8 giugno 2014

Le tredici Lune, Luisa Francia

Alla festa erano invitate le tredici fate.

La prima entrò, portò la tempesta di vento e disse:

“ Ho visto la viltà e le oppongo lo sdegno.”

La seconda fata portò con sé pioggia e disse:

“ Ho visto la violenza e le oppongo il potere”.

La terza fata portò neve e disse:

“ Ho visto la confusione e le oppongo risate”.

La quarta fata portò gelo e disse:

“Ho visto la menzogna e le oppongo la forza di trasformazione”.

La quinta fata portò ghiaccio e disse:

“ Ho visto il tradimento e gli oppongo l’ispirazione”.

La sesta fata entrò, portò pietre e disse:

“ Ho visto l’odio e gli oppongo il sapere”.

La settima fata spalancò la porta, portò con sé i raggi della luna e disse:

“Ho visto la stupidità e le oppongo la responsabilità”.


Entrò l’ottava fata, portò la luce del sole e disse:

“ Ho visto la distruzione e le oppongo il piacere”.

Con una risata leggera la nona fata aprì la porta e parlò:

“ Ho visto la durezza e e le oppongo il fluire delle acque”.

La decima fata fece irruzione attraverso la porta e parlò:

“ Ho visto la paura e porto con me la danza”.

L’undicesima fata entrò e disse:

“ Ho visto l’invidia e le oppongo la tenerezza”.

La dodicesima fata entrò e parlò:

“ Ho visto la malattia e le oppongo la musica”.

Infine entrò la tredicesima fata e tutte si sedettero a un grande tavolo a forma di triangolo.

“ Ho visto la sottomissione, ovunque “ disse la tredicesima fata alle sue sorelle. “

E ora è tempo di contrapporle la libertà”.

mercoledì 4 giugno 2014

Solo nel Morire..

Il Re e la Regina appartengono ad un Mondo che fa le cose sempre allo stesso modo. Con i loro dodici piatti d’oro, sanno accogliere soltanto le fate che sono abituati a conoscere, e non fanno nulla per adattarsi all’arrivo di una nuova Entità. Non trovano niente di meglio da fare che evitare di chiamarla.
Quando Rosaspina riceve la condanna a morire per la puntura di un arcolaio, il padre prova ad eliminarli tutti, invece che insegnarle a gestire il pericolo, facendole imparare ad usare il fuso per esempio. Egli, come molti padri (per esempio il mio) vorrebbe che la figlia rimanesse sempre una bambina innocente dipendente da lui, e per proteggerla prova ad escludere dalla loro vita tutto ciò che ai suoi occhi potrebbe creare problemi. Naturalmente non ci riesce, nessuno ci riesce. Perché noi siamo programmati per essere imperfetti ed avere vite imperfette, e anche perché alcuni di noi hanno un talento particolare per incasinarsi. Ma non divaghiamo.
La Tredicesima fata è offesa per non essere stata invitata, ed ha ragione cazzo. Lei intuisce che il mancato invito significa un rifiuto da parte dei Genitori del Dono che Lei ha da offrire alla Bambina Sacra. Perché, diciamocelo, ormai cominciamo a capire che i sovrani lo sapevano quello che la Tredicesima Fata avrebbe portato con se’.. la sola cosa che essi non possono esperire, che non conoscono direttamente, e che quindi non comprendono appieno ne’ concepiscono.. perciò ne sono spaventati, e reagiscono a modo loro. Come dei vecchi genitori, con vecchi metodi. Provano a far finta che quella fata non esista, e poi con la scusa che non hanno gli strumenti per gestirla, provano a non farla entrare.
Ma la Fata sa che il proprio Dono è irrinunciabile. Questo Dono renderà la Bambina diversa dai genitori, diversa da tutto il mondo dal quale proviene. Non migliore o peggiore, ma diversa. E questa diversità potrebbe essere lo scintillio della Vita come noi la conosciamo. Perché gli Elfi se ne dovevano andare da Valinor. Perché Vassilissa se ne deve andare dalla propria casa, e Biancaneve, e Hansel e Gretel. Perché Lyra se ne deve andare dal Jordan College di Oxford. Perché Adamo ed Eva se ne dovevano andare dall’Eden. Perché Bastian deve allontanarsi dallo sgabuzzino della scuola e dalla propria quotidianità. Perché tutti noi, per trovare la Verità, dobbiamo andare via. Per diventare grandi. Tutti noi, per essere Liberi, dobbiamo lasciare quello che sembra, o magari effettivamente è, un mondo perfetto.


Ma come si fa ad andarsene da un luogo che perfetto lo è davvero, perché è la Terra degli Dei? Come potrebbe la bellissima, virtuosa, intelligente, dolce Rosaspina, scegliere di abbandonare il Regno dove è nata? Serve, come in tutte le storie, Qualcosa o Qualcuno che faccia accadere l’imprevisto, o che faccia conoscere alla Bambina Sacra ciò che si trova Fuori. I Grimm, o chi inventò la storia prima di loro, scelgono di personificare l’Imprevisto stesso. Di dargli il volto fatato di una creatura indomabile, incontenibile, rapidissima e apparentemente insensibile. La strega di questo mese non è la Donna Selvaggia, non è l’Iniziatrice, non è l’Usurpatrice, non è la Madre amorevole.. Ma che nome darle allora?
Smettiamola di girarci intorno, questo personaggio incredibile porta con se’, parafrasando J.K.Rowling, “i Doni della Morte”. Quella Morte che, come abbiamo più volte visto nel corso di questi studi sulle streghe, è sempre il miglior modo per mettere in risalto la Vita. Quella morte che, quando viene affrontata dalla Bambina Sacra, dall’Anima (con la dovuta iniziazione o i dovuti aiuti), è sempre una Morte/Sonno, e precede una Rinascita/Risveglio. Quella Morte che, come ci insegna il sapere druidico, “non è che il punto di mezzo di una lunga vita”. La Morte, accennavo nel post precedente in modo maledettamente fumoso e confuso, è il prezzo da pagare per la Libertà ed il libero arbitrio. Non può funzionare diversamente. Se rimaniamo nella Casa dei Genitori Divini, allora non conosceremo mai la Morte ma solo una Eterna Gioia. Ma non la Libertà, perché in Quel Luogo la libertà non ci serve.
Per apprendere cosa significa Scegliere, ed essere Liberi, anche di sbagliare, bisogna stare in un posto dove l’errore esiste, dove esistono delle possibilità che porteranno ad esiti differenti. E in questo posto si muore.
Non saprei ancora dire cosa sia meglio, per me. Talvolta invidio coloro che sono ad un punto tale del proprio Cammino per cui pensano con gioia al proprio congiungimento con la Madre, congiungimento non per forza fisico bensì esoterico, del pensiero e dei sentimenti. A volte invidio chi è felice all’idea di non dover più decidere niente, ma non perché sia schiavo, anzi, al contrario, perché è arrivato ad una perfetta unione col Divino..
Altre volte, forse più spesso, resto attaccata alla mia fragile, imperfetta, impetuosa, stupida umanità. E per quanto gioisca quelle volte in cui percepisco un Disegno più Sottile, per quanto mi commuova nel vedere la perfetta sacralità della Natura, mi trovo ancora convinta, molto spesso, che desidero ancora, che sbaglio ancora, che decido ancora, che sperimento ancora cosa significa, per me (non riesco nemmeno ad immaginarlo, questo discorso, in senso Assoluto), la parola Libertà.